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Tra amministrazioni pubbliche sotto inchiesta per corruzione, infiltrazioni massoniche, smaltimenti abusivi di rifiuti da parte di organizzazioni criminali l'Umbria sembra essere diventata una piccola "Gomorra"

E’ evidente che ci troviamo di fronte ad un allarme legalità in Umbria. Soltanto che stavolta non si tratta di spacciatori al dettaglio, di immigrati clandestini, di ladri d’appartamento. Si tratta di una rete di illegalità diffusa che coinvolge i punti nevralgici della direzione economica e politica della regione.
Sfogliare un giornale umbro diventa sempre più simile ad addentrarsi tra le pagine di Gomorra, il libro in cui Roberto Saviano dimostra come la criminalità organizzata stringa in mano i gangli dell’economia (e quindi della politica) non solo campana, ma nazionale e internazionale.

Il paragone con Gomorra non è peregrino come potrebbe sembrare
, se è vero che tra le tante inchieste di cui si parla in questi giorni c’è anche quella sullo smaltimento abusivo di rifiuti, gestito da organizzazioni criminali, nella discarica orvietana “Le Crete”: proprio come nelle disastrate discariche campane.
Se è vero che a Deruta è stato scoperto un laboratorio tessile in cui lavoratori cinesi erano tenuti in stato di semischiavitù, proprio uguale a quello che compare nel libro di Saviano.
E se è vero che gli stessi furbetti dell’appaltino si autodefinivano grottescamente una riedizione nostrana della “mafia”, tra virgolette.

Anche se a saggiare la vastità e l’ampiezza del sistema di corruzione dell’amministrazione pubblica, cui si aggiungono le infiltrazione massoniche direttamente legate ai clan agrigentini e trapanesi, viene voglia di togliere le virgolette, di parlare di un “sistema” criminale proprio come fanno i ragazzi di Scampia parlando della camorra. Proprio come hanno fatto i magistrati dell’inchiesta sugli appalti pubblici truccati, contestando ad alcuni degli indagati il reato di associazione a delinquere.
Viene voglia di dire, qui in Umbria, dentro il cuore verde e “progressista” d’Italia, che Gomorra è ovunque. Anche qui da noi.

La storia, diceva Marx, si ripete sempre due volte: la prima in forma di tragedia, la seconda in forma di farsa. La nostra appaltopoli probabilmente è una tangentopoli in forma di farsa, ma non per questo è meno sconfortante.
E anche di fronte ad una possibile Rinascita della P2 l’indecisione tra il pianto e il riso è forte: e se alla fine ci si decide per il riso, sarà sicuramente un riso amaro che non deve portare ad abbassare la guardia.
Anche se uno sguardo d’insieme può essere utile per fare chiarezza e per delineare un quadro complessivo, sintetico, di come la gestione della cosa pubblica si sia trasformata in una questione privata, riservata a pochi burocrati che la amministrano con approssimativa arroganza, occorre pur distinguere tra le varie vicende.

La questione degli appalti truccati sembra essere da sempre, per certi versi, prassi arcinota, passata nel senso comune, nonostante Tangentopoli, quasi come un meccanismo ineluttabile.
Questo fatalismo in realtà non fa che rivelare a quale punto sia arrivata la sfiducia dei cittadini verso quel livello politico che ha da tempo abdicato alle sue responsabilità morali e che si lascia dominare, o quanto meno affabulare, dalla pervasività di un economia che da un lato postula il libero mercato come incontestabile valore assoluto, e dall’altro tradisce sistematicamente questo postulato falsando la libera concorrenza con accordi più o meno (spesso meno) leciti.

La politica, che nella migliore delle ipotesi è impotente, si fa spesso complice, quando non ispiratrice, delle storture e della svendita del pubblico.
Le infiltrazioni massoniche sono invece attività eversive a tutti gli effetti, che hanno allungato la propria ombra sui momenti più oscuri della storia dell’Italia repubblicana, e che coltivano il sogno eterno di una direzione autoritaria del Paese, libera dai condizionamenti della rappresentanza politica e delle istituzioni democratiche.
Per quanto sembri folle, è un progetto da non sottovalutare. Perché se anche la massoneria non ha mai portato a termine i veri o presunti colpi di stato progettati, è comunque riuscita per lunghi anni ad inserire i propri uomini in ruoli decisivi per gli equilibri economici e politici, arrivando a costituire un vero e proprio potere-ombra, ahinoi ben più consistente di quello veltroniano.

Quello di governare senza il disturbo dei controlli democratici previsti dalla Costituzione è un sogno che i nostri governanti tornano a coltivare ancora oggi, cercando per via legislativa di sottrarsi a quel potere giudiziario che in ogni democrazia compiuta rappresenta l’antidoto alle prevaricazioni del potere esecutivo. Ed è paradossale che questo avvenga in un momento in cui da ogni parte si grida all’allarme sicurezza e si invoca fermezza e certezza della pena.
I paladini della tolleranza zero si scoprono incredibilmente tolleranti e garantisti quando si tratta di cancellare processi di imputati eccellenti e di sottrarre alla magistratura i propri strumenti di lavoro (senza intercettazioni, per inciso, non avremmo mai saputo nulla della questione degli appalti truccati).

Tra amministrazioni pubbliche sotto inchiesta per corruzione, infiltrazioni massoniche e organizzazioni mafiose che avvelenano le nostre colline, l’Umbria è in piena emergenza (usiamo questa che è la parola chiave del momento) legalità.
La nostra regione ha intravisto in questi giorni un’illegalità di vertice, profonda, sistematica, che danneggia la collettività alla radice, proprio laddove l’interesse comune dovrebbe essere pianificato e garantito.
Chissà in quanti saliranno sulle barricate stavolta per invocare la tolleranza zero.

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