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L'indice di competitività della regione è addirittura cresciuto durante la crisi, portando l'Umbria, solo nell'ultimo anno, a passare dal 181° al 167° posto della graduatoria: un balzo di ben 14 posizioni
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Notoriamente l’Umbria risente in ritardo dei cambiamenti di tendenza dell’economia: le crisi arrivano più tardi ma anche la ripresa tarda rispetto ad altre regioni italiane.
Forse la ragione sta in un sistema imprenditoriale in cui l’82% degli occupati umbri lo sono in piccole e medie imprese, le quali fanno del mercato interno il loro quasi esclusivo “terreno di pascolo”.
La caratteristica dell’economia umbra sembra però in grado di ammortizzare le crisi meglio che nel resto d’Italia.

E se artigiani e piccole e medie imprese sostengono che l’economia umbra è in ripresa c’è da credergli, indipendentemente dal fatto che siamo ( tutta l’Europa) “usciti dall’euro”, nel senso che il valore della moneta europea è stato pilotato verso una sostanziosa svalutazione rispetto al dollaro, per rilanciare le esportazioni almeno fin quando non torneranno a salire i costi delle materie prime

Una ricerca che Cna Umbria, in collaborazione con il centro studi “Sintesi”, ha condotto sulle caratteristiche del sistema regionale e sulle sue reazioni alla recessione ha concluso che l’Umbria è una regione “resistente”

 “Soprattutto – dichiara Roberto Giannangeli, direttore di Cna Umbria -, la ricerca conferma che la spina dorsale di questa regione è rappresentata dalle piccole e medie imprese.
Fra queste imprese alcune filiere produttive si sono rivelate la vera risorsa della regione anche in termini di performance.
Dai dati emerge infatti che, soprattutto negli anni della crisi, le filiere del tessile nel Perugino e della meccanica di precisione a Foligno hanno registrato trend di crescita eccezionali.

Non solo: un ruolo importante per la tenuta del sistema lo hanno giocato anche migliaia di imprese “resistenti”, che si aggiungono a quelle comunemente definite eccellenti di cui si parla sempre.
Sono imprese che operano nei settori più disparati, edilizia compresa, che in questi anni sono riuscite a crescere (+ 24% del fatturato durante la crisi) contenendo i costi, differenziando i prodotti e diversificando i mercati di sbocco.
È per questo che il Pil dell’Umbria, pur perdendo il 13% in valori assoluti, sembra stia invertendo la rotta già in questi primi mesi del 2015”.

Anche sul fronte degli investimenti – prosegue Alberto Cestari, del centro studi Sintesi -, che pure tra il 2011 e il 2013 si sono ridotti di circa 20milioni di euro, la perdita è stata minore rispetto alla media nazionale. E se il credit crunch continua a far soffrire le imprese umbre, la flessione degli impieghi bancari (- 5,1%) appare più contenuta che in altre aree del Paese (- 8,7%).

Il tessuto sociale tiene, con l’Umbria che è superata solo dal Trentino nel grado di soddisfazione nelle relazioni familiari e un’assistenza agli anziani appena sotto a quella emiliana. Bene anche l’istruzione, dove la nostra regione risulta ai vertici per laureati e formazione.
Se si aggiungono un sistema sanitario con i conti in ordine e un’Amministrazione pubblica che, con i suoi 412 € procapite, appare poco indebitata rispetto agli 869 euro della media nazionale, ne emerge una regione che, nel suo complesso, ha resistito e resiste.
Tant’è che l’indice di competitività della regione è addirittura cresciuto durante la crisi, portando l’Umbria, solo nell’ultimo anno, a passare dal 181° al 167° posto della graduatoria, un balzo di ben 14 posizioni”.

“È da questi punti di forza che bisogna ripartire – insiste Giannangeli – a cominciare dalle filiere che sono cresciute più delle loro omologhe del centro nord, ma anche dalle imprese resistenti di cui parlavamo.
Abbiamo di fronte scelte ineludibili e opportunità sulle quali focalizzare la nostra attenzione se vogliamo rendere strutturale la ripresa, sapendo che comunque c’è ancora molto da fare e da soffrire.
Tra le scelte rientra la riforma della Pubblica amministrazione, che va razionalizzata, in modo da liberare risorse per  ridurre le tasse sull’impresa e sul lavoro.
Poi vanno adottate politiche industriali ad hoc per le diverse tipologie d’impresa.
I giovani, alle prese con gravi problemi occupazionali, vanno aiutati con politiche mirate a favorire l’autoimprenditorialità.
Vanno rafforzate le infrastrutture, soprattutto viarie, per favorire l’industria manifatturiera e turistica e rafforzare la regione in un’ottica macroregionale.

Tra le opportunità da cogliere ci sono invece la valorizzazione del turismo, sfruttando le possibilità offerte dal digitale; gli investimenti nell’economia green, sia che si parli di fonti rinnovabili che di difesa del suolo o di riqualificazione strutturale ed energetica del patrimonio edilizio; va rafforzato il ruolo delle città, che devono essere sempre più “smart”.
Noi – conclude il direttore di Cna Umbria – crediamo che se sapremo sfruttare le doti di resistenza dimostrate dal sistema umbro, se faremo le scelte disattese per troppo tempo, se sapremo cogliere le opportunità che sono di fronte a noi, sarà possibile agganciare la ripresa che finalmente appare in fondo al tunnel”.

Quanto al credit crunch che continua a far soffrire le imprese umbre, anche la politica preme sulle banche, come ha fatto il consigliere regionale marscianese, Chiacchieroni,  nel corso di un incontro con il direttore territoriale di Veneto Banca : “Il sistema bancario deve tornare ad investire con forza sui progetti delle imprese e sul futuro delle famiglie.
L’imponente iniezione di liquidità che la Bce si appresta a mettere a disposizione per il rilancio dell’economia può rappresentare una ripartenza per ogni classe sociale e soprattutto per chi vuole scommettere sulla propria intelligenza e quindi su progetti imprenditoriali innovativi, proiettati non solo sul mercato locale o interno, ma soprattutto sull’internazionalizzazione, verso il mercato estero”.

 

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