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L'elenco delle morti sul lavoro avvenute in Umbria è lungo, ma in alcuni casi le vittime non lasciano neppure la traccia del loro nome, causa un processo di rimozione collettiva per non pensare che potrebbe succedere anche a noi

Ecco qui un macabro rosario, rabbiosamente laico, da sgranare per “festeggiare” il primo maggio in Umbria.
Il 14 aprile 2008 Umberto Aloe, 59 anni, originario di Napoli, sta lavorando alla realizzazione di alcune opere per la sicurezza in uno dei reparti dello stabilimento ThyssenKrupp-Ast di Terni, quando viene colpito dal braccio meccanico di un escavatore, che lo uccide.
Il 7 agosto 2007 Mauro Zannori, 51 anni, muore schiacciato da una lastra d’acciaio nelle officine della Thyssen Krupp Acciai Speciali Terni.
L’11 febbraio 2008 l’ imprenditore camerunense Kouam Yean Marie, 41 anni, ingegnere, dal 2006 in Italia, muore bruciato ad Orte, nella sua azienda di esportazione di pneumatici. Il corpo carbonizzato e’ stato trovato in uno stanzino in fondo al capannone industriale.
Il 6 febbraio 2008, poco prima delle 11, esplode la fabbrica e deposito di fuochi d’artificio della “Ditta Renato Cignelli”, a Castiglione in Teverina (Viterbo) in località S. Egidio di Madonna delle Macchie, al confine tra Umbria e Lazio nel territorio del Comune di Orvieto. L’esplosione provoca la morte di quattro persone tutte della stessa famiglia: Renato Cignelli di 44 anni e la moglie Rosanna Abbatematteo, di 31; Fiorenzo Cignelli di 58 anni e la moglie Elisabetta Tirinnanzi, di 53 anni.

Il 19 marzo 2007 un muratore di 25 anni muore
dopo essere precipitato dall’impalcatura di un cantiere in via Toscana a Terni.
Il 21 marzo 2007 un operaio di 57 anni, dipendente del comune di Narni, muore nella frazione di Stifone cadendo da una scala sulla quale era salito per cambiare una lampadina dell’ illuminazione pubblica.
Il 25 novembre 2006 Giuseppe Coletti, 48 anni, muore conseguentemente all’esplosione avvenuta negli stabilimenti della Umbra Olii a Campello sul Clitunno. Con lui muoiono, investiti dalla stessa esplosione, Maurizio Manili, 42 anni, Tullio Mottini, 46 anni, Vladimir Toder, 32 anni.
Il 21 settembre del 2007 un operaio di 25 anni della Profylsystem di Piccione
muore schiacciato dal carico del muletto che sta manovrando. Il muletto trasportava materiale ferroso per oltre una tonnellata di peso complessivo.
Il 21 maggio 2007 un operaio di 50 anni muore a Perugia, nella zona di San Sisto, travolto dal terreno di uno scavo nel quale era caduto accidentalmente. L’uomo rimane quasi completamente sepolto dal terreno.

Il 13 settembre del 2007 in un cantiere di Terni un operaio di 59 anni, F. C., originario di Amelia, viene travolto e ucciso dall’autocarro dal quale sta scaricando una lastra d’acciaio. L’uomo lavorava alle dipendenze di una ditta di costruzioni di Terni in un cantiere in via Palmucci, nella zona di Borgo Rivo. Mentre stava scaricando da un camion munito di gru la lastra, il mezzo si è improvvisamente messo in movimento. L’uomo è sceso dal cassone cercando di aprire lo sportello dell’autocarro per fermarlo ma non ci è riuscito ed è stato travolto dal mezzo poi finito contro l’inferriata di una abitazione. I compagni di lavoro hanno cercato di soccorrere l’operaio ma non c’è stato niente da fare. E’ morto sul colpo.
Il 7 aprile 2007 intorno alle 6 e 30, presso la stazione ferroviaria di Terni, Franco Mariani, di 55 anni, un manovratore della società Trenitalia Cargo che stava lavorando allo spostamento di alcuni carri merci, è morto schiacciato tra due treni in manovra.
Il 20 marzo 2007 Angelo Nese, pittore edile di 25 anni, dipendente della ditta dello zio, perde la vita in un cantiere di Terni, precipitando da un’altezza di 20 metri, mentre è impegnato a tinteggiare la facciata di un palazzo.

Questo elenco, relativo alle più recenti morti sul lavoro avvenute in Umbria, è fortemente lacunoso, incompleto, frammentario. Perché lacunosa, incompleta, frammentaria è l’informazione relativa alle morti sul lavoro.
Non tutti gli incidenti riescono a sfondare la cortina del silenzio. Pochissimi incidenti riescono a lasciare una traccia duratura,
e a resistere ai processi di rimozione collettiva. Molte vittime, come si può vedere anche in questo elenco, per l’opinione pubblica restano senza nome.
Eppure si muore, con un ritmo di tre, quattro vittime al giorno. Senza contare le centinaia di infortuni. E senza contare i moltissimi incidenti che colgono i lavoratori durante gli spostamenti verso e dai luoghi di lavoro.
Si muore perché mancano le misure di sicurezza, si muore per incuria, si muore per distrazione, si muore, soprattutto, per correre dietro a ritmi sempre meno sostenibili, sempre meno umani.

Ogni volta che leggo di qualcuno che è caduto da un’impalcatura”, diceva M. qualche sera fa, mentre pensava che la mattina dopo, alle sette, sarebbe salito su un ponteggio per montare grondaie, “io lo so che è solo per un fatto statistico che quello che è caduto non sono io. Ma potrei essere io. Perché io lo so, può succedere a tutti di cadere. Perché a tutti capita di fermarsi a lavorare una, due ore in più, e a tutti capita di dover correre, sbrigarsi, fare presto.”
Che questo primo maggio dunque sia per M., e per tutti i suoi compagni. Perché la loro sicurezza, e la loro vita, non sia più in balìa di un fatto statistico.

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