Dall’articolo su TAM TAM dello scorso mese di novembre, dal titolo:”Case popolari: nuovo regolamento”, riferito al Comune di Todi”, ho appreso con sommo piacere che, finalmente, con Legge Regionale n° 15 del 2012, sono stati cambiati i criteri per l’assegnazione degli alloggi di edilizia sociale, riservando, quando gli alloggi da assegnare sono almeno otto, il 70% a cittadini italiani, il 20% a cittadini comunitari e il 10% a cittadini extracomunitari, dedotti quelli da assegnare a categorie protette e con la ulteriore condizione che gli assegnatari siano residenti da almeno 18 mesi nel comune e da 24 mesi nella regione.
Quest’ultima condizione è giustificata col principio del federalismo fiscale e dal fatto che l’edilizia sociale è finanziata dalla Regione.
Con ciò si è posto fine ad una situazione assurda e non giusta, nella quale gli Italiani, per i quali sappiamo bene quanto sentito e grave sia il problema della casa, erano penalizzati e posposti rispetto agli stranieri.
Ciò avveniva perchè le graduatorie erano uniche, sia per italiani che per stranieri, ma questi ultimi risultavano avvantaggiati dal fatto che, quando giungevano in Italia, spesso da clandestini, in un primo momento, in genere, si sistemavano in alloggi scadenti o di fortuna e questo faceva loro guadagnare del punteggio in graduatoria.
Inoltre, non possedendo essi la casa di abitazione in Italia, e che, magari, la possedevano nel loro paese, nel loro ISEE non figurava, e non figura, la relativa rendita catastale.
Di conseguenza, nelle assegnazioni si verificavano casi di questo genere:
-Assegnazione n. 29 alloggi a Mugnano e Ponte San Giovanni: n° 24 alloggi a cittadini stranieri, n° 1 alloggio a famiglia italiana, n° 4 riservati a categorie protette (Il Corriere dell’Umbria del 27/9/2007);
-Villa Pitignano: n° 20 alloggi assegnati, di cui solo n° 8 a famiglie italiane (Il C orriere dell’8/8/2013);
– Umbertide (cito a memoria): n° 20 alloggi assegnati, di cui n° 18 a stranieri;
ecc..
Questi sono dati di fatto e non si venga a dire che questo è “razzismo”, come qualche demagogo è subito pronto a fare: caso mai un “razzismo alla rovescia”!
In questa maniera, fra l’altro, si creava la ghettizzazioni, anziché l’integrazione degli immigrati, con i conseguenti rischi per la sicurezza.
La stessa situazione si riproduce anche nella fruizione di una lunga serie di servizi sociali per i quali si richiede l’ISEE: asili nido, mense e trasporti scolastici, servizi socio-sanitari, ecc.).
Questa sperequazione si è ulteriormente accentuata dal 1° gennaio 2013, in quanto, da tale data, nell’ISEE vengono considerati anche i depositi in c/c, eventuali investimenti (obbligazioni, titoli,ecc.)e la Rendita catastale della casa di abitazione rivalutata del 60% come per l’IMU; la qual cosa che non tocca gli Immigrati in quanto, come detto, salvo rari casi, essi, oltre a non avere la casa in Italia, i loro risparmi li rimettono prontamente nei loro Paesi attraverso la rete di sportelli di money transfer diffusi sul territorio, come, del resto, in altri modi, facevano i nostri Emigranti con le famose “rimesse”, che contribuivano non poco all’economia italiana.
E questi risparmi, anche se d’importo non rilevante, sono all’incirca pari a quelli dei nostri cittadini che lavorano in fabbrica o altrove, se lavorano.
Tali risparmi, infatti, secondo una indagine di Bankitalia pubblicata su “Il Sole – 24 Ore del 5/12/2013, e riferita all’anno 2010, vanno da Euro 5.756 di Sassari a Euro 1.908 di Firenze, per una media annua di Euro 3.412 pro-capite.
Perciò si puo’verificare che due cittadini che lavorano sullo stesso posto di lavoro e che percepiscono la stessa retribuzione, quello italiano che ha un modesto risparmio in banca, paga la retta per l’asilo nido o per la mensa, ecc., mentre quello straniero, che i suoi soldi li ha mandati in “Patria”, è esente. Questo genera un senso di frustrazione e risentimento da parte degli utenti italiani.
Quanto sopra, lungi da me ogni preconcetto razziale, essendo io, anzi, un appassionato della conoscenza delle varie culture, tanto che ho ospitato varie volte in casa i nostri amici gemellati.
Però quelli esposti sono fatti incontestabili che hanno contribuito, e contribuiscono, ad alimentare un certo preconcetto verso gli immigrati, per cui ritengo che la citata L.R. n°15 del 2012 andrebbe ulteriormente “ritoccata” nel senso di non considerare nell’ISEE i depositi bancari o gli “investimenti” fino ad un certo importo in quanto se uno, in 15/20 anni di lavoro, magari in parte sporadico, per un responsabile senso di previdenza, avesse accumulato un risparmio di 25/30.000 Euro, o avesse fatto “investimenti” di analoghi importi per la propria casa, non dovrebbe, per questo, essere penalizzato rispetto ad uno che magari quegli stessi soldi, o anche di più, li ha mandati all’estero.
In altre parole, sui “risparmi” o “investimenti” vi dovrebbe essere un certo “abbattimento”.