Vi sarà capitato di sentire alla radio e in tv o di leggere sul giornale che la polizia della strada effettuerà controlli con l’autovelox da lunedì a domenica sul percorso tal dei tali. E’ cosa che mi fa indignare. Ma come, le statistiche dicono che l’alta velocità e il comportamento indisciplinato sono una delle cause, se non la prima, degli incidenti con la perdita di novemila vite ogni anno e la polizia è tenuta a rendere noti, giorno, luoghi ed ore dove farà i controlli. Scusate, ma a me sembra cretino.
Si predica sulla funzione rieducatrice della pena che trasforma il reo in una persona diversa, rinnovata nell’animo e nei propositi. Benissimo. Ma è diseducativo allora avvertire che in determinati giorni si intende procedere con autovelox e telelaser per punire quel reato comportamentale che è l’eccesso di velocità. Diseducativo perchè lascia spazio all’irresponsabilità.
Ho letto che il prefetto di Perugia ha impartito disposizioni perché l’uso degli strumenti di controllo della velocità sia rispettoso dei diritti degli automobilisti e non si tramuti, da controllo quale dev’essere, in vessazione. La preoccupazione del prefetto è impedire che le varie polizie municipali e la polizia provinciale facciano concorrenza alla polizia della strada, perché la caccia al velocista sembra diventata fonte di approvvigionamento per le casse dei Comuni.
Certo è che chi eccede con la velocità, infischiandosene di limiti e di segnali, è persona che non ha problemi di danaro. Il prezzo della benzina è adesso in media su 1,3 euro e se c’è un consumo che sembra non subire alterazioni è proprio quello del carburante. Un consumo anelastico dicono gli economisti, per far intendere che i consumatori sono indifferenti al prezzo. Pochi sembrano inclini alla parsimonia quando sono alla guida, eppure tutte le informazioni tecniche ci dicono che si può risparmiare benzina adottando comportamenti suggeriti dal buonsenso: rispettare i limiti di velocità, guidare senza brusche accelerazioni e frenate che spingono i consumi.
Vero è però che potremmo pagare di meno benzina e gasolio se non avessimo una rete distributiva così sconveniente. I prezzi dei carburanti non sono imposti dal Ministero per le attività produttive, ma solo suggeriti ai distributori. E questi sono liberi di tenere conto del suggerimento o farne a meno. Ma il mercato è ingessato e la libertà di concorrenza è apparente.
Ci sono nella penisola 23 mila stazioni di servizio, spesso vicine, che con elevati costi di gestione e modesti fatturati si fanno la concorrenza con piccole differenze di centesimi. Per farvi un’idea le nostre 23 mila stazioni sono il doppio di quelle aperte nei più grandi Paesi europei.
Di quello che paghiamo per ogni litro di carburante, tra accise ed Iva il fisco incassa circa il 70% e l’Iva viene calcolata includendo le imposte. Il restante 30% va diviso tra le compagnie petrolifere e i distributori. Quelle dicono di avere costi di produzione non comprimibili; quelli costi di esercizio altrettanto rigidi. Sembra non esserci una via di uscita. Eppure c’è ed è la riduzione della rete distributiva.
In Umbria ci sono 450 impianti (300 nella provincia di Perugia, 150 in quella di Terni) praticamente uno ogni 1.800 abitanti, inclusi quelli che non hanno l’automobile. Non è un’esagerazione? A Todi e dintorni i distributori sono una dozzina e due addirittura si trovano a ridosso delle mura, mentre gli altri sono raggiungibili in breve tempo.
Una comparazione utile che forse non piacerà: a fronte dei dodici distributori di carburante ci sono a Todi quattro farmacie. Se a quelli di Todi si aggiungono i distributori di Marsciano, Collazzone, Massa Martana e Deruta se ne contano ventotto. Non so quale è il fatturato medio di queste piccole stazioni di rifornimento, ma chiedo se sono tutte indispensabili.
Può apparire sgradevole suggerire ciò che viene fatto all’estero, ma quelle esperienze si sono rivelate vincenti allontanando dal cuore delle città tante antieconomiche pompe di benzina. Lasciatemi fare questa provocazione. A Parigi, a Berlino, a Stoccolma e in tutte le piccole cittadine di Francia, Germania e Svezia – dico perché conosco – non si trovano distributori come da noi, uno ad ogni angolo.
Nelle periferie, in zone ben servite da strade e raccordi, si aprono poche grandi stazioni di servizio ben integrate con varie attività commerciali. Arrivi, scendi, fai il pieno e poi passi alla cassa. In parecchi casi riempito il serbatoio rimonti in macchina perché il pagamento si fa come al casello dell’autostrada. Non ci sono benzinai, tutto è affidato al cliente. Un solo addetto controlla dai monitor e poi incassa. Apertura ininterrotta notte e giorno tutti i giorni dell’anno. E’ ovvio che con strutture così che servono centinaia di automobilisti al giorno, il prezzo del carburante risulta invitante. Perché non imitare?
Una sola stazione di servizio con numerosi erogatori sarebbe sufficiente per Todi e dintorni purchè sempre aperta. Gli automobilisti dovrebbero imparare a fare tutto da soli così da accrescere i vantaggi di risparmio. Scopriremmo anche un’altra non trascurabile verità che può far luce sul prezzo.
Non c’è differenza tra la benzina che compriamo in Umbria da un distributore con un’insegna e quella comprata da un altro, vicino, che innalza altri colori. La benzina è eguale e proviene dalla stessa raffineria sull’Adriatico, quella di Falconara o, in alternativa, da Calenzano o da Roma. Nell’attesa che i sogni si avverino i conducenti intanto moderino la velocità subito, già da oggi. Se sanno fare i conti a fine anno troveranno un bel risparmio.