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La  rassegna che si inaugura oggi al palazzo del Vignola di Todi rimarrà aperta fino al 4 novembre, giorno di chiusura della mostra Caravanserraglio
Skanderbeg (1405 – 1468) Albania
La rassegna di pittura albanese negli ultimi cento anni d’indipendenza che si inaugura oggi sabato 27 ottobre alle ore 17.00  al Palazzo del Vignola all’interno della manifestazione Caravanserraglio è in occasione della celebrazione del primo centenario dello Stato indipendente albanese, dopo quasi mezzo millennio di occupazione turca.

Saranno esposte opere di grande rilievo artistico e storico.
Gli artisti sono stati divisi in tre sezioni inquadrati in un percorso storico: il realismo socialista, l’arte sacra e le nuove correnti dopo la caduta delle barriere ideologiche.
La motivazione della celebrazione a Todi ed in Italia è da ricercare nei fatti storici.
 Popolazioni illiriche giungono sul territorio albanese odierno (e non soltanto) all’inizio dell’età del bronzo. Da tali popolazioni alcuni fanno risalire anche gli etruschi che si stabiliscono al di là dell’Adriatico: vi sono persino degli studiosi che cercano di avvalorare l’ipotesi di un comune ceppo linguistico.

Durante la dominazione romana, durata cinque secoli, i territori albanesi conoscono il fiorire di attività di ogni genere: Durazzo diviene uno dei centri culturali più significativi dell’impero ospitando personaggi illustri come Cicerone.
 Importanti movimenti di popolazioni si registrano tra le due sponde dell’Adriatico.
Dopo la caduta dell’impero romano d’occidente la parte sud finisce sotto Bisanzio; la parte nord, prevalentemente l’attuale Albania e le altre regioni balcaniche, conoscono periodi d’incursioni dei Visigoti e successivamente, a fasi alterne, pesanti inserimenti degli slavi che termineranno nella metà del tredicesimo secolo con gli Angiò.

Subito dopo inizia la progressiva espansione turca che terminerà con la totale annessione dell’Albania nella seconda metà del Quattrocento.
Nel frattempo, dall‘inizio del primo millennio, Venezia avvia una penetrazione costante che le varrà il mantenimento d’importanti fondaci anche in epoca ottomana.
Durante il periodo veneziano vi è un fiorire d’iniziative e città come Scutari si pongono tra i centri europei più importanti come dimostrano gli Statuti di Scutari ritrovati recentemente grazie all’impegno di alcuni studiosi tra cui la veneziana Lucia Nadin.

Il Trecento ed il Quattrocento divengono secoli chiave per l’Albania. Emerge con forza la figura mitica dell’eroe Skanderbeg, Giorgio Castriota, che prima protegge il Regno di Napoli dai francesi, guadagnandosi una grande riconoscenza di cui si misurerà l’enorme importanza di lì a qualche anno; poi diventa il difensore della fede  e dei valori dell‘Occidente ottenendo questa volta un apprezzamento incondizionato del Papa ed anche dei molti paesi minacciati dall’avanzata turca.
Venezia, Napoli, lo Stato Pontificio e l’Austria in particolare daranno asilo a diverse migliaia di albanesi costretti ad abbandonare le loro case e le loro terre man mano che l’impero ottomano conquista quei territori.
Almeno altre due importanti migrazioni dall’Albania all’Italia si registreranno durante i 450 anni di dominazione turca.

Nel luglio 1908 la rivoluzione dei giovani turchi favorì la nascita di ribelli prima al nord e successivamente al sud. La rivolta dei patrioti consentì il rafforzamento della coscienza e dell’identità albanese che si tradusse nella dichiarazione d’indipendenza il 28 novembre 1912, particolarmente favorita dall’Italia. Soltanto nel 1922 però, con il Trattato di Losanna, si giunge ad una sistemazione definitiva.

Dopo alterne vicende avviene l’occupazione fascista dell’Albania il 7 aprile 1939. Dopo l’otto settembre del 1943 l’Albania viene occupata dai nazisti e con i partigiani nasce il primo Comitato Centrale comunista da cui germoglierà Il Partito del Lavoro con la crudele e pesante dittatura di Enver Hoxha.
La caduta del muro di Berlino, l’invasione delle ambasciate a seguito del trasferimento in Italia dei cinque fratelli Popa, le sommosse studentesche sostenute dagli insegnanti e dagli intellettuali, inducono Ramiz Alia, nuovo dittatore, a convocare le elezioni nel 1991, ripetute nel 1992, che segneranno l’inizio di un nuovo gravoso cammino verso la democrazia, il reinserimento nella famiglia europea e nella comunità internazionale.

Il quadro storico è fondamentale per trattare la pittura albanese: l’arte in Albania nasce infatti con l’indipendenza. Nella metà del XIX secolo la presenza delle arti figurative era quasi assente.
Verso la fine del 1800 ricompaiono nelle due città culturalmente più influenti, Scutari e Coriza (Korcia), accenni di pittura figurativa primitiva con scene di guerra dipinte sulle facciate delle case e soprattutto guerrieri incisi sulle armi e sulle scatole per la polvere da sparo.
Nella storia dell’arte albanese l’anno 1883 segna forse l’inizio della ripresa della pittura.
Nel gennaio del 1883 a Scutari Kol Idromeno (1860-1939), pittore, scultore, fotografo, scenografo, architetto e musicista, dipinse il celebre ritratto di Motra Tone.
Nello stesso anno, il pittore Jorgji Panariti di Coriza, realizza sul Monte Athos un ritratto di Skanderbeg.
Nasce immediatamente dopo una corrente di pittura nella quale si distingue Spiro Xega
, con le sue raffinate tele Çeta e Shahin Matrakut.

All’inizio degli anni ’30 del XX secolo, Tirana diviene il centro artistico del Paese con la nascita dell’associazione Amici dell’arte. 
Il 24 maggio del 1931 si tiene la prima Esposizione Nazionale.
Nel 1932, sempre a Tirana, viene inaugurata la Scuola del Disegno, prima scuola d’arte in Albania (sede degli eventi artistici piu importanti).
Fondamentale è il ruolo dell’Italia in questo periodo che forma e ispira in grandissima parte gli artisti albanesi che si abbeverano però anche alle principali scuole europee. Così e ad esempio di Vangjush Mio (1891-1957) che può essere considerato il padre della coscienza artistica e della pittura albanese contemporanea.

Con l’avvento del regime comunista di Enver Hoxha i pittori si formeranno prevalentemente alla scuola cecoslovacca e sovietica: dai colori luminosi della scuola italiana si passera a quelli piu scuri del nuovo indirizzo pittorico; dalla liberta di espressione si passera a soggetti e schemi dogmatici prestabiliti. Nasce il realismo socialista di cui numerosi esempi in questa esposizione.
Mentre durante la dittatura il regime penalizza i pittori di formazione borghese e forgia artisti-schiavi premiando mediocrità e conformismo, non mancano talenti che, in attesa di tempi migliori, tentano di nascosto e come possono di tenersi collegati alle grandi correnti del resto del mondo. Non pochi artisti rimangono fuori dell’Albania alla fine della guerra, mentre altri riescono in modo avventuroso ad espatriare.
Citiamo soltanto alcuni tra quelli distintisi in Occidente e in parte presenti nella mostra: Vera Blloshmi, Omer Kaleshi, Gjelosh Gjoka, Lika Janko, Lin Deljia, Ibraim Kodra, Kel Kodheli.
La mostra Onufri 1991 libera finalmente l’arte albanese da tutte le restrizioni del Realismo Socialista e, per la prima volta dopo oltre più di 45 anni, gli artisti si sentono liberi di esprimersi senza nessun vincolo e senza canoni imposti.
Per rappresentare questi cento anni sono stati scelti tra i numerosi, validi e disponibili artisti, alcuni che meglio interpretano il percorso storico delineato qui sinteticamente.
La rassegna rimarrà aperta fino al 4 novembre, giorno di chiusura della mostra Caravanserraglio.

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