La Giunta Regionale, infatti, preso atto che in riferimento ai tempi di attesa per le prestazioni relative ai primi tre livelli essi rientrano già da ora negli obiettivi assegnati dal Governo per il 2013, per quanto riguarda invece le liste d’attesa relative alle prestazioni programmate ha deciso di conferire uno specifico incarico alla Direzione Regionale della Sanità, per coordinare un progetto di abbattimento dei tempi di attesa per portarli entro i 180 giorni, così come previsti dalle linee guida ministeriali.
Le prestazioni programmate di cui si parla,infatti, attengono a prestazioni specialistiche ed accertamenti strumentali.
A rendere difficile l’operazione ci sono vari fattori, in primis il fatto che l’Umbria ha una popolazione anziana che ha più bisogno di altre delle prestazioni sanitarie. Quindi la richiesta è sempre in aumento, una richiesta che viene anche dai medici generici, anche se spesso sollecitata direttamente o indirettamente dai pazienti stessi.
Un aumento di domanda determinata dal fatto che la diagnosi è sempre più basata su accertamenti strumentali per i quali esiste ormai un circolo: nuovi e più sofisticati strumenti danno risposte più sicure, risposte più sicure determinano più richieste.
La prassi medica di un tempo, quando gli accertamenti erano richiesti per confermare una ipotesi di diagnosi già formulata all’atto della visita dei pazienti, per cui se l’ipotesi era negativa, (non c’è nulla di grave o di poco comprensibile) si iniziava la cura o si rassicurava il paziente è ormai in moltissimi casi un ricordo, anche sotto la spinta di una “medicina difensivista”.
Nessun medico ora se la sente più di rischiare di fronte alle vertenze giudiziarie che partono dal presupposto che si debbano mettere in campo tutte le risorse disponibili in ambito diagnostico.
Se c’è una soluzione teorica questa sarebbe di far funzionare 24h su 24 ore le apparecchiature diagnostiche.
Il super lavoro delle macchine non costituirebbe un problema di eccessiva usura, perché ormai le stesse macchine diventano obsolete dopo pochi anni e devono essere rinnovate anche se in buone condizioni, proprio perché si è alla continua ricerca del meglio.
Ma ciò implica anche dover raddoppiare o triplicare il numero degli addetti ai laboratori e gabinetti e questo non sembra essere il momento economicamente giusto.
La presidente Marini ha voluto preliminarmente ribadire la qualità del sistema sanitario regionale, sia dal punto di vista dei servizi che della sostenibilità economica: “l’obiettivo che intendiamo raggiungere – ha detto – è quello di realizzare una riforma che ci consenta di mantenere e magari elevare la qualità dei nostri servizi e degli stessi livelli di assistenza sanitaria, senza per questo dover gravare su altre risorse del bilancio regionale o sulle tasche dei cittadini. Nella nostra regione, infatti, la sanità si finanzia esclusivamente con le risorse che provengono dal Fondo sanitario nazionale”.
“Nei prossimi anni però – ha proseguito la presidente – e soprattutto nel triennio 2013-2015, la Regione Umbria, come tutte le altre regioni, dovrà fare i conti con una drastica riduzione dei trasferimenti statali. Noi vogliamo assolutamente evitare la traslazione diretta dei tagli alle risorse sui servizi. Da qui la necessità di una riforma che sia in grado farci recuperare risorse per mantenere alta la qualità complessiva della sanità regionale”.
“Personalmente – ha aggiunto – sono dell’idea che si finanzia la sanità attraverso la fiscalità generale perché più equa, rispetto alla filosofia dei ticket, perché in questo modo sono gli stessi cittadini ammalati a pagarla. Inoltre, non intendiamo per nulla rinunciare ad un modello sanitario che sia pubblico ed universalistico”.
Ad illustrate poi le linee guida della riforma è stato il direttore regionale alla sanità, Emilio Duca.
Questi, in sintesi, i punti principali:
Governo della spesa. Per ciò che riguarda questo aspetto, le scelte effettuate dalla Giunta Regionale dal 2010 ad oggi ci permettono di tenere in equilibrio i conti della sanità.
Ulteriori economie saranno inoltre realizzate dalla razionalizzazione degli approvvigionamento di beni e servizi, attraverso la Centrale unica di committenza, dal riassetto della logistica dei magazzini farmaceutici ed economali, e gestione su base regionale del sistema assicurativo.
In questa direzione anche la riforma dell’assetto istituzionale che vedrà la diminuzione da quattro a due delle Aziende sanitarie locali ed un ruolo di maggiore rilievo ai Comuni nell’ambito della programmazione sanitaria.
Riordino servizi medicina del territorio: riorganizzare attraverso l’accorpamento dei punti di erogazione delle prestazioni non decentrabili (vaccinazioni, attività consultoriali familiari, attività di medicina legale, etc). Centralizzazione delle attività di diagnostica e di laboratorio e di patologia clinica per gli screening citologici e colonrettale.
Attivazione di un unico pool di senologi lettori per lo screening mammografico. Ulteriore prosecuzione dell’esperienza delle case della salute, quale modello di polo territoriale di ricomposizione dell’offerta dell’assistenza primaria, con la collaborazione dei medici di famiglia. Riorganizzazione dei servizi di continuità assistenziale (ex guardia medica).
Sviluppo dell’offerta delle cure intermedie, con particolare riferimento all’ampliamento dei posti letto di residenze sanitarie assistenziali, attraverso la progressiva riconversione di posti letto ospedalieri di medicina.
Riorganizzazione della rete emergenza-urgenza, con la definitiva attivazione della centrale unica del 118 già nella seconda metà del 2012, e la ridefinizione degli assetti organizzativi dei dipartimenti di emergenza-accettazione.
La revisione della dislocazione territoriale delle postazioni del 118 e del sistema di trasporto sanitario primario e secondario, anche relativamente agli aspetti del personale.
Rete ospedaliera. Riorganizzazione delle chirurgie di alta specialità (neurochirurgia, cardiochirurgia e chirurgia toracica), attraverso una evoluzione del sistema che porti a differenziare l’offerta delle prestazioni nelle due aziende ospedaliere e la tendenza alla individuazione di una unica struttura interaziendale, mediante anche l’individuazione di una rete integrata di dipartimenti interaziendali tra Perugia e Terni.
Riorganizzazione delle strutture di chirurgia generale (ammontanti attualmente a 18) e delle chirurgie specialistiche, limitando il percorso dell’urgenza emergenza ai soli presidi con DEA, e favorendo lo sviluppo di integrazioni ospedaliere con pool itineranti di professionisti per aumentare in tal modo l’offerta delle prestazioni a maggior impatto soprattutto sulla mobilità passiva extraregionale (chirurgia pediatrica, oculistica, otorino).
Potenziamento, inoltre, dell’offerta nella disciplina di ortopedia per il territorio perugino, sempre al fine di contenerne la mobilità passiva e le liste d’attesa.
Punti nascita. Per l’area materno infantile è previsto una riduzione dei punti nascita in considerazione degli standard previsti delle linee guida nazionali e tenendo conto della logistica ospedaliera e dell’orografia del territorio umbro.
Convenzione Università. È in fase ormai avanzata la definizione dei contenuti del protocollo d’intesa con l’Università che definirà, oltre ai compiti ed alle funzioni delle due aziende ospedaliere, essenzialmente l’organizzazione su base di dipartimenti interaziendali, con una riduzione di circa il 50% degli attuali dipartimenti.