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Già superato nel 2010 il limite del 7% nel rendimento del capitale investito, che il referendum ha cancellato; il guadagno annuo degli azionisti ha superato l'11% del valore delle azioni
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Umbra acque ammette la malagestione, il risultato referendario non è da "prendere sul serio" e le tariffe devono mantenere il 7% per coprire inefficienze e profitti del capitale!”.
Questo sarebbe ciò che emergerebbe, secondo il comitato umbro acqua pubblica,da un doumento elaborato dal Consiglio d’Amministrazione di Umbra Acque spa e inviato ai Sindaci dei Comuni dell’Umbria ( Marsciano, Todi e egli altri della media valle Tevere compresi) in previsione dell’Assemblea dei soci del 14.12.2011.
Per il Comitato : “Crollo degli investimenti; costi operativi più alti quasi del 30% rispetto al piano d’ambito; denunce, anche penali, per mancanza di regolarità dei depuratori, indebitamenti e "disavanzi complessivi" , tutto al di là delle previsioni del piano d’ambito.
In realtà la società accumula utili da distribuire- circa 1,8 milioni nel 2009 e più di 2 milioni nel 2010 ( dopo che sono state ripianate sin dal 2010 le perdite precedenti ed ora il capitale netto della società mostra circa 5 milioni in più del Capitale iniziale n.d.r).

Nonostante ciò se verrà ridotta la tariffa Umbra Acque, minaccia "decisioni drastiche" quali blocco totale degli investimenti e riduzioni di personale, aumentando così l’inefficienza della gestione del servizio, ma aumentando anche gli utili da distribuire ai soci, di cui il 40% ad ACEA.
Ma la cosa che preoccupa più Umbra Acque è l’esito dei referendum: " non è possibile seguire il modello di Napoli", si dice ai soci, e se ACEA dovesse uscire dalla società bisognerebbe restituire la quota e pagare un lauto compenso per il mancato guadagno.

Siamo sicuri – conclude il comitato – che non debba rispondere di inadempienza per il mancato rispetto del piano d’ambito e magari pagare qualche penale?”.

Lo strano è che le conclusioni di umbra Acque avrebbero trovato la condivisione del C.d.a, come può rilevarsi dal documento allegato, un C.d.A nel quale la presenza dei rappresentanti dei Comuni dovrebbe essere rilevante visto che sono loro, Comune di Perugia in testa col 33%, a detenere il 60% delle azioni ed a ripartirsi per tale quota l’utile di bilancio.
Sarebbe come dire che “rappresentanti del popolo” vanno contro le decisioni del popolo ( referendum).

Ma la cosa che forse ai più è sfuggita è che il capitale proprio di Umbra acque ed Acea sta rendendo ben più di quel 7% annuo di cui sopra ed ha raggiunto al 31.12.2010 la percentuale dell’11.37%, il 2011 si prospetta ben più generoso mentre già nel 2009 il rendimento era del 10,31%.
Oltre l’8% nel 2010 anche il rendimento del capitale investito, quello proprio eliminato dal referendum,
mentre la redditività delle vendite ha superato abbondantemente il 14%.
Quindi Umbra acque ha sballato già dal 2010.

D’altro canto è la stessa Umbra Acque a dire che in Umbria la situazione non presenta rischi strategici significativi, quindi: si può seguitare a guadagnare, ergo i Comuni Soci sono o conniventi o ciechi e lasciano gli utenti, come a Todi, con ampie zone servite (??!!) da tubi volanti (caldi d’estate e gelati d’inverno) dalle dimensioni sufficienti per alimentare le vasche dei pesciolini (soltanto).
 

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