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Già pensionati, il direttore di Apm e quello dell’azienda di mobilità ternana si sono visti rinnovare il contratto dalle rispettive aziende che erano "in punto di morte"; la Regione Umbria, socia nelle ex aziende, scopre ora che non sono necessari
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L’unificazione delle aziende di trasporto in Umbria hanno messo in evidenza come è che nella politica e soprattutto negli enti privi di un controllo democratico si arriva ad una “moltiplicazione dei pani” che aumenta i costi dei servizi e che potrebbe anche determinare una class action a carico dei vecchi amministratori se ciò non lo farà, come sembra dalle dichiarazioni dell’assessore, il socio di maggioranza: la Regione

L’assessore regionale ai Trasporti Silvano Rometti ha dovuto ammettere che “Per i dirigenti si è preso atto della situazione contrattuale nelle società di provenienza, quindi i contratti ‘faraonici’ sono stati ereditati e andranno in scadenza fra poco più di un anno, ma non saranno rinnovati.
Ricordo inoltre che la Regione è socia, ma la titolarità sui contratti spetta all’azienda. Il nuovo Piano industriale, che sarà presentato a breve, farà chiarezza su tutto, fermo restando che gli stipendi degli ex-direttori sono diritti acquisiti da persone che hanno dimostrato di saper lavorare bene”.
Resta il dubbio se i soci non abbiano il diritto-dovere di controllare ed intervenire tempestivamente visto che ora si ammette che quei contratti non sono necessari, atteso che non si rinnoveranno

Secondo il Consigliere Massimo Monni “ ci troviamo con dei contratti faraonici, tipo quello del direttore Apm che, pur essendo in pensione da dieci anni, si è visto rinnovare il contratto da 250mila euro l’anno appena prima della fusione delle società, o come quello del direttore dell’azienda di mobilità ternana, anche lui già pensionato, che guadagna oltre 150mila euro l’anno.
In tutto, a fronte di chi lavora in mezzo alla strada per 1200 euro al mese, ci sono nella nuova holding del trasporto pubblico locale 6 direttori sopra i 200mila euro l’anno”.
Inoltre lo stesso consigliere  segnala che  “resta il fatto che sono stati stipulati contratti biennali immediatamente prima della fusione delle varie aziende di trasporto e che questo sistema blocca il ricambio generazionale perché vengono pagati profumatamente degli ultrasettantenni in pensione.
E non mi sembra – ha concluso – che abbiano lavorato così bene, visto che prima della costituzione della holding del trasporto pubblico locale le singole aziende erano in grosse difficoltà economiche".

Al di là del caso specifico, l’importo dei contratti pone il problema della equità, che non è solo nel sistema pubblico, di retribuzioni fino a 20 volte superiori a quel limite di 950euro mensili che sembra essere stato definito lo stipendio minimo.
Quantunque i super pagati possano lavorare 24ore al giorno e 365 giorni all’anno, quantunque possano avere un quoziente d’intelligenza e d’esperienza ai massimi della scala, la differenza sembra costituita in gran parte da una “rendita” di posizione ingiustificata che in ogni caso grava indirettamente sui cittadini “normali”, sia come contribuenti che come consumatori.
 

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