Tra le tante disparità di trattamento presenti in Italia ed in Umbria ve n’è una in particolare che merita di essere evidenziata e che riguarda la situazione tra categorie di laureati che accedono a seguito di pubblico concorso nelle Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria.
In tali scuole di specializzazione possono infatti entrare per concorso pubblico i laureati specialisti in Medicina, Biologia, Biotecnologie Mediche, Farmacia, e Chimica, che pur lavorando fianco a fianco, per esempio nel medesimo laboratorio di microbiologia, seguendo le stesse procedure di apprendimento con un unico tutor, utilizzando le strumentazioni in comune, osservando gli stessi orari di impegno e uguali obblighi di frequenza (come espressamente previsto nei bandi di concorso), subiscono sostanziali differenze sul piano del trattamento giuridico ed economico.
Da una parte, infatti, ci sono i laureati in medicina che godono di un “contratto annuale di formazione specialistica” (stipulato tra medico specializzando e università) con regolare retribuzione e tutela previdenziale, e dall’altra ci sono i non-medici (biologi, biotecnologi, farmacisti, chimici) che inspiegabilmente e ingiustamente non godono di nulla di tutto ciò (anzi, meno di nulla, visto che devono pagare le tasse universitarie e sostenere i costi del vivere fuori casa).
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti, che ha stigmatizzato quanto accade, risulterebbe che alcuni ricorsi amministrativi abbiano in parte riequilibrato la situazione, ma il monopolio medico non è di fatto intaccato essendo le Facoltà Universitarie di Medicina e Chirurgia quelle che hanno più peso in ciascun ateneo, per cui riescono a monopolizzare le risorse disponibili..