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Chi aspira a costruire e gestire l'impianto necessario per le sole esigenze umbre ha cominciato a lamentarsi pubblicamente: troppo piccolo, troppo costoso, non ci si guadagna, una litania già sentita per non far pensare alle alternative per lo smaltimento dei rifiuti che salvaguardino le tasche e la salute dei cittadini
inceneritore

A Novembre scrivemmo “Si troverà chi vorrà gestire un impianto coi soli rifiuti umbri oppure….? “ e fummo facile profeti.
Molti lo prevedevano e dopo le affermazioni del presidente della Gesenu ne sono ancor più convinti: è cominciato il “lamento” per costruire in Umbria un impianto di incenerimento dei rifiuti con potenzialità maggiori di quelle che sarebbero necessarie
onde poter, con la così detta termovalorizzazione, guadagnare sulla monnezza importata da altre regioni.

Il presidente infatti ha dichiarato: : «Nella questione termovalorizzatore non abbiamo fatto nulla per intervenire: al momento è un costo e non ci si guadagna». A meno che, «non ci siano tariffe elevate».
Questo perché ci sarebbe la necessità di un investimento iniziale per la realizzazione pari a circa cento milioni di euro e ad alti costi di gestione.
Proseguendo nel tentativo di condizionare le scelte il presidente ha affermato: «Quello che mi preme dire è che bisogna metterci le mani perché i catini dell’Umbria sono pieni».
Non è da escludere che il tentativo sia quello di costruire un impianto della potenzialità di Acerra con un costo che si avvicina a 300 milioni di euro.

Infatti i conti non tornano.
Si dice che l’impianto in Umbria dovrebbe trattare circa 200 mila tonnellate di rifiut
i e secondo l’autorevole "Sole 24ore" il costo per un inceneritore da 230mila tonnellate sarebbe non 100 ma 220-230 milioni di euro.
La valutazione il giornale di Confindustria l’ha fatta quando in quel di Salerno si pensava di realizzare due linee di incenerimento capaci ciascuna di trasformare in corrente 150mila tonnellate di rifiuti l’anno sia per il fatto che una era insufficiente e che sono necessari frequenti periodi di stop per la manutenzione.
Situazione analoga a quella che si verificherebbe in Umbria.

Ma a Salerno le imprese interessate alla costruzione fecero presente che due linee non davano garanzie di continuità all’incenerimento, ce ne volevano tre.
Il Sindaco concordò sul tre ma stabilì che comunque non si potevano bruciare più delle necessarie 230mila tonnellate di rifiuti e le imprese si “squagliarono”.

Sembra chiaro, quindi, che puntare sugli inceneritori in Umbria significa chiedere ancor più sacrifici ai cittadini: o più soldi o più aria poco pulita.
Eppure col costo di 230 milioni sembra che sia possibile far d’altro che non brucia nulla e che riduce enormemente anche i trasporti su strada dei rifiuti, potendosi realizzare impianti anche di dimensioni ridotte e perciò diffusi sul territorio, contribuendo anche per tale verso a ridurre l’inquinamento di polveri sottili e non solo.

Pochi ricordano che un tecnico di primo livello del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha sparato a zero sul “più bel inceneritore d’Italia”: quello di Brescia, poi replicato ad Acerra. Ennio Italico Noviello, primo ricercatore del Cnr di Roma affermò già nel 2008 che "quell’impianto sta inquinando l’intera Lombardia.
A Brescia non c’é un solo allevamento di bovini che sia senza diossina".


Per le alternative si parla che per un impianto di tipo ArrowBio da 75.000 t/anno, il costo di costruzione è di circa 15 milioni di Euro.
Per l’Umbria ne basterebbero tre col costo totale di 45 milioni.
Ogni tonnellata di rifiuti in ingresso costa circa 40 Euro, ma produce una ricchezza (materiali riciclati + Biogas + fertilizzanti) pari a 25 Euro, cioè in pratica con questo sistema smaltire una tonnellata di rifiuti costa “solo” 15 Euro.

Per il sistema del CNR italiano, un impianto Thor da 4 tonnellate/ora occupa un massimo di 300 metri quadrati e ha un costo medio di 2 milioni di Euro.
E 4 tonnellate ogni ora fanno 96 tonnellate al giorno che in un anno fanno circa 35.000 tonnellate. Quindi per 200 mila tonnellate di rifiuti umbri occorrerebbero 6 impianti di questo tipo col costo di 12 milioni.
Quanto ai costi di gestione, un impianto di meccano-raffinazione di taglia medio-piccola da 20 mila tonnellate di rifiuti l’anno presenta costi di circa 40 euro per tonnellata di materiale con la possibilità di usare il sottoprodotto nelle cementerie al posto del molto più inquinante olio combustibile misto o dei rifiuti come vorrebbero altri.

Che la mira sia quella di importare rifiuti dal sud, peraltro non è una novità visto che secondo il collaboratore di giustizia Vinceno Sinacori, che ha reso dichiarazioni nell’ambito dell’indagine sull’omicidio di Mauro Rostagno, il giornalista morto ammazzato da mani mafiose il 26 settembre del 1988, i rifiuti ospedalieri del trapanese finivano di nascosto proprio in Umbria, dove venivano "smaltiti" da amici delle cosche.

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