Il centro storico della città di Todi recupera un altro dei suoi palazzi storici. Dopo il restauro di Palazzo Mortini e Palazzo Ciuffelli, in questi giorni è stata smontata l’impalcatura di Palazzo Stefanucci, un immobile di grade pregio e dimensioni che da Via San Lorenzo, alle spalle di piazza del Popolo, si affaccia sulla piazzetta del Montarone da dove si gode una veduta unica fino ai Monti Martani.
Il Palazzo è stato oggetto di un accurato intervento di miglioramento sismico a seguito del terremoto del 2016, con lavori di consolidamento che hanno interessato tutti i solai e le volte dei sei livelli, gli oltre 1.200 metri quadrati di superficie e l’intera copertura. Durati circa 3 anni, gli interventi di recupero e restauro hanno comportato un investimento che ha superato i 2 milioni di euro.
Rimossi i palchi, da qualche giorno il Palazzo risplende di una nuova luce che contribuisce senza dubbio alla riqualificazione estetica del centro storico e all’importanza dell’imponente struttura, che risulta essere il frutto di una serie di importanti evoluzioni e stratificazioni architettoniche che implicano importanti riflessioni sull’assetto urbanistico della città di Todi.
L’edificio presenta una serie di fasi estremamente interessanti: addossato alla cinta muraria romana e successivamente in epoca medievale si propone, con molta probabilità, come torre all’interno della città per poi convertirsi in dimora signorile in epoca tardo rinascimentale. Queste considerazioni possono essere fatte alla luce di una lettura superficiale della muratura esterna.
Fin dal medioevo il luogo in questione, come riportano gli storici del tempo, era occupato dalle case della famiglia Stefanucci, antica casata cittadina di parte guelfa. Dall’esame degli atti notarili la proprietà del palazzo risulta ancora in mano agli Stefanucci nella prima metà del XVIII secolo quando per poi passare ad una altra aristocratica famiglia cittadina quella dei conti Laurenti.
Nel catasto gregoriano del 1827 il palazzo risulta di proprietà del sacerdote Benedetto Laurenti, figura di spicco del collezionismo archeologico e di oggetti d’arte del primo 800 cittadino; inoltre come si evince dalla pianta del catasto il palazzo era impreziosito da un importante giardino ornamentale. Nel 1853 il palazzo era passato in proprietà al notaio vescovile Andrea Morettini.
I lavori, eseguiti dall’impresa tuderte Rosati Costruzioni, hanno visto come progettista e direttore dei lavori strutturali l’ingegnere David Mele, mentre la direzione architettonica è stata curata dall’architetto Valentina Moriconi.