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Il dato, diffuso dalla Camera di Commercio di Milano, potrebbe essere un indizio di lavoro nero che viene a galla solo quando non se ne può fare a meno
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In tema di lavoro nero un indizio importante viene dai dati diffusi dalla Camera di Commercio di Milano, che tuttavia non sembra abbia in proposito espresso alcun dubbio.
Secondo questi dati, nelle micro imprese ben il 14,3% degli infortuni succede entro la prima settimana di lavoro. Tale dato sale al 20% nel settore delle costruzioni. Comunque il 38,4% degli infortuni avviene entro il primo anno di lavoro.
Ora è possibile che  alcuni dei “nuovi” lavoratori siano inesperti e quindi più esposti ai rischi, ma il numero di questi che subisce infortuni quasi immediatamente dopo aver iniziato a lavorare lascia fortissimi dubbi e potrebbe far pensare che molte siano le assunzioni denunciate sol perchè è avvenuto un infortunio.
Anche il fatto che sia così elevata la percentuale degli infortuni degli stranieri, che rappresentano il 19,9% del totale regionale, mentre i casi mortali raggiungono addirittura il 23,3%, non può che far andare la mente alla considerazione che forse questi sono i più esposti al lavoro nero
Peraltro altro dato su cui riflettere è che le aziende artigiane presentano piu’ rischi rispetto a quelle industriali.
Da una media di circa 30 infortuni indennizzati per mille addetti delle aziende industriali si passa a quasi 40 di quelle artigiane.
L’attivita’ piu’ rischiosa e’ la lavorazione del legno, con 58 indennizzi su 1000 addetti nel complesso delle aziende artigiane e addirittura 77 nelle piccole aziende che hanno meno di 16 addetti.
Segue l’industria dei mezzi di trasporto (costruzioni e riparazioni di auto, moto, barche) per cui sono indennizzati 58 infortuni per 1000 addetti.
Ad infortunarsi mortalmente sono i dipendenti per il 59,2% dei casi.
Anche nelle aziende fino a 9 dipendenti al primo posto ci sono i dipendenti con il 46,6% dei casi, cosi’ come per quelle da 10 a 49 dipendenti (nell’80,3% dei casi) e in quelle con piu’ di 50% dipendenti (nell’89,3% dei casi).

Dal dossier “In Regola, emersione e legalità per lavoro sicuro”, elaborato dal ministero del Lavoro emerge che ammonterebbe a circa 200 miliardi di euro, l’equivalente di otto manovre correttive come quella che si sta discutendo in Parlamento, il reddito non dichiarato al fisco per lavoro sommerso, che da solo vale il 17% del Pil e coinvolge oltre tre milioni di persone, di cui il 72% nei servizi.
Ma i danni non finirebbero qui. Dal confronto tra le aree considerate (Bari, Napoli, Venezia, Milano e Roma) emerge anche come il mondo del sommerso sia diventato il primo ‘tentacolo’ della criminalità organizzata, fenomeno non più circoscrivibile nelle aree meridionali né limitabile al pizzo, allo spaccio di droga e alla prostituzione.

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