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Un giovane ricercatore napoletano rientrato dagli Usa sviluppa una scoperta americana e trova la possibilità di curare il tumore più temibile, fino ad ora, e raddoppiare la sopravvivenza
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Il cancro al pancreas, che colpisce solo in Italia 6.000 persone ogni anno, e’  letale e ci sono  poche soluzioni terapeutiche: uccide il 95 per cento dei malati entro cinque anni dalla diagnosi.
Ma ora un piccolo barlume di speranza si è acceso. Ed e’ una speranza italiana: il giovane ricercatore Davide Melisi, tornato all’Istituto nazionale tumori di Napoli dopo 4 anni a Houston, ha scoperto una possibile terapia che finora, in fase pre-clinica, ha dato risultati sorprendenti sui topi.
Per la prima volta lo studio, presentato al congresso europeo di oncologia Ecco-Esmo a Berlino, dimostra che inibendo l’azione di un enzima chiamato TAK-1 si rendono le cellule tumorali del pancreas sensibili alla chemioterapia, laddove fino a oggi il problema principale era proprio la quasi totale impermeabilita’ delle cellule pancreatiche alle terapie. Dopo anni di studio, il gruppo dell’Anderson Center di Houston guidato da Jim Abbruzzese ha scoperto che e’ proprio la TAK-1 a rendere cosi’ "ben difeso" il tumore al pancreas, una corazza naturale che Melisi con l’aiuto della casa farmaceutica Ely Lilly e’ per la prima volta riuscito a incrinare grazie a una molecola che la inibisce e la indebolisce.
I test sui topi parlano chiaro: dopo aver iniettato le cellule tumorali direttamente nel pancreas (e non sottocute come si fa di solito) alle cavie e’ stata somministrata una dose di farmaco chemioterapico piu’ bassa del normale, riuscendo tuttavia a ottenere una riduzione del 78 per cento del volume del tumore, con un raddoppio della sopravvivenza. "Con questo inibitore della TAK-1 – spiega Melisi – siamo riusciti a far calare di 70 volte la resistenza del tumore: in pratica somministrando una dose 70 volte piu’ bassa di chemioterapico si ottiene la stessa riduzione della massa tumorale. E nei topi la sopravvivenza e’ passata da 66 a 122 giorni.
Ora dovremo passare alla fase 1 sugli esseri umani, speriamo di farlo a Napoli". 
M
elisi, 32 anni, e’ un raro caso di "cervello di ritorno", che ha rinunciato a un’offerta di cattedra negli States per tornare a fare ricerca in Italia. "
All’istituto Pascale di Napoli c’e’ molto fermento – conferma – e nel 2010 contiamo di partire con la fase 1. Ci vorranno, comunque anni per rendere disponibile il farmaco”.
 

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