Condividi su facebook
Condividi su twitter
L'attrice, quasi novantenne, ha portato sulla scena tutto il potenziale di solitudine e di malinconia che c’è nella vecchiaia
dsc_4


Quando in sala si accendono le luci gli applausi sono tutti per Franca Valeri: per la donna quasi novantenne, e per l’attrice che sfida l’inclemenza del tempo e della malattia. Lunghi minuti di applausi, che costringono il sipario a riaprirsi su un pubblico non numeroso ma divertito e commosso.
Si conclude così al Teatro Comunale la prima di Oddio mamma! Un improbabile carteggio, spettacolo che gli stessi interpreti, Franca Valeri e Urbano Barberini, hanno tradotto e adattato dal testo originale di Sam Borrick e Julie Stein, per la regia di Daniele Falleri.

Il testo racconta con ironia tagliente il rapporto conflittuale tra la madre Doris (Franca Valeri) e il figlio Saverio (Urbano Barberini): conflitto che si sviluppa e cresce all’interno del serrato, morboso scambio di lettere che avviene tra i due. In uno spazio lunare, dalla sua bianca scrivania rococò Doris tesse la sua tela di crudeli astuzie e ricatti affettivi (su tutti la minaccia costante della malattia e della morte), con l’intenzione precisa di stringere sempre di più a sé l’ormai quarantacinquenne figlio Saverio. Saverio, dal canto suo, vive circondato dalle sue valigie: contrappone alla sicura staticità della madre un dinamismo che gira a vuoto. Ogni spostamento si rivela inutile: l’ombra lunga della madre raggiunge il figlio ovunque, nonostante i suoi disperati tentativi di far perdere le tracce.

L’organizzazione dello spazio teatrale rivela che la vera partenza del figlio non c’è mai stata. Il figlio è vicino, attratto come da una forza gravitazionale dal centro della scena, occupato saldamente da Doris.
Il genere epistolare, che presupporrebbe uno scambio di battute in assenza dell’interlocutore, si trasforma spesso in un dialogo dal vivo, ravvicinato e incalzante. Le lettere consentono a Doris di incastrare sempre il figlio attraverso una calcolatissima strategia retorica: il dosaggio attento delle parole rende la madre una scrittrice migliore del figlio, che vorrebbe essere un poeta ma che sconta la castrazione di tutti i suoi propositi di autoaffermazione. Anche il matrimonio di Saverio naufraga a causa delle pesanti interferenze di Doris.

A Saverio non vale a sfuggire alla madre nemmeno tentare la perdita della propria identità: per rintracciarlo ovunque Doris sviluppa poteri soprannaturali. E i rapporti di forza non mutano nemmeno quando i ruoli si invertono: il figlio torna a casa, lo spazio delle valigie invade lo spazio della scrivania rococò, ma la madre anche da lontano lo tiene in scacco, e l’assenza di Doris costringe il figlio a rivelare che le sue resistenze alla presenza invadente della madre non sono poi così ostinate.
C’è tempo ancora perché le parti si invertano di nuovo, perché Saverio si metta sulle tracce di Garibaldi, e poi in preda a un sopraggiunto fervore mistico raggiunga Lourdes, convinto di una conversione della madre alla tenerezza che invece non c’è mai stata.

Prima dell’incontro finale, che scioglie la tensione in un abbraccio commovente, Franca Valeri resta in scena da sola per qualche minuto, circondata dal silenzio, scossa dal tremore che le minaccia anche la voce e che non è una finzione scenica. Con pochissimi gesti, con la sola intensità dell’espressione, Franca Valeri porta sulla scena tutto il potenziale di solitudine e di malinconia che c’è nella vecchiaia, e insieme l’esempio vivente di come la solitudine si possa rompere, la vecchiaia sfidare. Il personaggio interpretato e la storia dell’attrice si confondono come non dovrebbe mai avvenire, ma la sovrapposizione è implicita nel ruolo e giustificata dalla statura della donna.
L’ironia raffinata del testo si presta perfettamente a concedere al pubblico alcune battute fulminanti della Franca Valeri migliore: lei del resto non sbaglia un colpo, resta salda nel personaggio, non perde mai il ritmo e la lucidità. Urbano Barberini invece è molto più impreciso, sbaglia e si perde, e finisce spesso col soccombere al cospetto della sua compagna di scena come accade a Saverio di soccombere di fronte a sua madre.

Oltre a Oddio mamma!, la quarta giornata del festival ha proposto alle ore 18, al Chiostro delle Lucrezie, il concerto del Pasquale Maglione Trio, ensemble jazzistico dietro al quale si celano i componenti della Rimbamband, che si spogliano della veste comica e si presentano anche come musicisti “puri”.   
Alle 19 e 30 per il “Teatro dei Miracoli”, il consueto spazio dedicato alla drammaturgia contemporanea, al Vignola è andato in scena A cena con amici, lettura scenica dal testo di Donald Margulies, per la regia di Paolo Zuccari e l’interpretazione di Antonella Attili, Paolo Giovannucci, Teresa Saponangelo e Paolo Zuccari.
Alle 23 e 30 come sempre al Teatro del Nido dell’Aquila il cabaret di “S’è fatta notte 09”, con la presenza dei Blues Willis e il ritorno della Rimbamband.

Per la quinta giornata del festival, giovedì 10 settembre, il programma prevede presso il Chiostro delle Lucrezie, alle 18, il concerto di Marco Zurzolo e la sua band, che propongono le sonorità della nuova musica napoletana. Alle 19 e 30, per il “Teatro dei Miracoli” andrà in scena Tiergantenstrasse 4. Un giardino per Ofelia, spettacolo presentato dall’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma. Il testo di Pietro Floridia, adattato e diretto da Daniele Muratore, interpretato da Barbara Giordano e da Serena Ottardo, racconta la storia di un incontro che matura in una condizione estrema, sullo sfondo del programma di sterminio dei disabili pensato dai nazisti.
In prima serata, alle ore 21 e 30 al Teatro Comunale, andrà in scena la replica di Oddio mamma!, con Franca Valeri e Urbano Barberini. Alle 23 e 30 al Nido dell’Aquila ancora il cabaret di “S’è fatta notte 09”.  

condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter