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Il "riformismo" degli yuppie nostrani ha prodotto cambiamenti che non hanno migliorato niente, anzi
studenti

L’avevamo scritto qualche tempo fa su questo sito, ora lo scopre anche la stampa nazionale che”Il “3+2” è un flop.
Colpa degli errori di applicazione e delle distorsioni che lo hanno accompagnato. Non c’è solo il proliferare clientelare dei corsi di laurea e la frammentazione delle materie. Dopo un calo iniziale, la piaga dei fuori corso aumenta. La riforma, che doveva servire a ridurre il numero dei ritardatari, non ha ottenuto i risultati sperati.
Infatti il numero degli studenti-lumaca cresce. Così a otto anni dall’avvio i numeri dicono che occorre una profonda revisione del doppio livello di laurea”.
Lo scrive “il messaggero” on line che prosegue «Il ”3+2” non solo non ha risolto i problemi, ma ne ha creati altri. Ha prodotto un netto abbassamento della qualità della didattica danneggiando gli studenti – sostiene Nunzio Miraglia, dell’Andu, l’Associazione nazionale docenti universitari – La riforma è stata imposta, è stata una operazione di ammodernamento dall’alto, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Uno dei mali peggiori è stato il proliferare di stampo clientelare dei corsi di laurea. E’ stato un errore anche avere imposto un meccanismo rigido nella articolazione degli anni. Più volte abbiamo richiesto un monitoraggio della riforma, senza pregiudizi, senza dire che tutto è sbagliato».
L’altro problema è quello degli sbocchi professionali: le lauree triennali hanno come obiettivo la formazione di professionalità definite, però il mercato ha molte resistenze nei confronti dei triennalisti. Risultato, scrive il quotidiano,: la maggior parte degli studenti sente di avere una «laurea di serie B» e va avanti con il biennio specialistico, allungando i tempi di permanenza all’università, il contrario di quello che si auspicava.

L’esperienza di molti atenei del Nord sarebbe invece positiva. Il rettore del Politecnico di Milano, Giulio Ballio, fa un bilancio favorevole del ”3+2”: «Siamo riusciti ad abbassare l’età di ingresso nel mondo del lavoro, ci è costato lacrime e sangue ma ci siamo riusciti, cambiando i contenuti di tutti i corsi di laurea». Convinto che si debba fare una riforma del ”3+2” il rettore di Tor Vergata, Renato Lauro. «Molte scelte andrebbero riviste, l’esperienza non è stata positiva – osserva Lauro.
Quando Luigi Berlinguer, conclude “il Messaggero”nell’articolo a firma Anna Maria Sersale, si adoperò per varare la riforma, partì dalla constatazione che l’età dei neolaureati italiani era in media molto alta, oltre i 27 anni, che le università avevano un numero enorme di studenti fuori corso e che il numero degli abbandoni era elevato, sette su dieci. Nacque la formula del ”3+2” che richiedeva che gli universitari si rimboccassero le maniche e organizzassero i loro insegnamenti in modo efficiente. Pochi lo hanno fatto, il sistema feudale dell’università italiana ha prodotto reazioni patologiche, dalla moltiplicazione dei corsi a quella degli esami, incurante degli obiettivi da raggiungere.

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