I problemi del biodigestore di Marsciano (che finiranno probabilmente per rappresentare il “dominus” delle elezioni comunali della prossima primavera) approdano anche alla Provincia di Perugia, dove il gruppo di Rifondazione comunista ha presentato un ordine del giorno con il quale invita la Giunta “ad intervenire, di concerto con tutti gli Enti interessati (Comune di Marsciano, Regione Umbria, Arpa, Asl, Società di Igiene Ambientale S.I.A.) con un’indagine seria ed accurata sulla situazione ambientale delle zone di Olmeto e S. Elena”.
Le frazioni marscianesi di Olmeto e S. Elena, riferiscono i consiglieri provinciali, “si trovano, dal punto di vista ecologico, in una situazione assai delicata, determinata dalla presenza di un impianto per il trattamento dei reflui zootecnici (biodigestore) che, saggiamente concepito nel 1983 per risolvere rilevanti problemi ambientali, ha finito col rappresentare un elemento di grave pregiudizio per la qualità della vita delle zone interessate”.
Il gruppo di Rifondazione si fa carico di ricostruire la storia dell’impianto. Il biodigestore, progettato e finanziato dal FIO (Fondo Investimento Occupazionale) per accogliere un carico in ingresso di 850 metri cubi al giorno di soli reflui zootecnici del territorio marscianese, “è diventato nel corso degli anni – scrive il Prc – il ricettacolo di liquami vari, sangue di mattatoi, urine umane esauste, lavaggi di caseifici provenienti da altri comuni, conservati in due lagune del volume di 200.000 metri cubi”.
Questa enorme quantità di materiali – prosegue il documento – ha determinato una rilevante compromissione della qualità della vita e della salute ambientale delle zone interessate, tanto da dar luogo già negli anni ’80–‘90 a ripetute segnalazioni ed iniziative del Comitato cittadino antinquinamento.
Rifondazione ricorda come le indagini abbiano portato in passato anche alla configurazione di una serie di reati, tra i quali “l’omissione del registro di carico e scarico dei rifiuti speciali, l’omissione della denuncia relativa ai rifiuti speciali prodotti e smaltiti (fanghi di depurazione e olio esausto), il versamento senza autorizzazione di sostanze oleose sul suolo, la fertirrigazione con acque delle lagune di stoccaggio fino al Torrente Genna, senza la necessaria autorizzazione e in maniera non conforme ai limiti di accettabilità indicati dalle tabelle di Legge”.
Il 30 giugno 1994 – proseguono ancora nella ricostruzione i consiglieri – dopo un’altra serie di iniziative di mobilitazione, nasceva, con Delibera della Giunta regionale, una Commissione paritetica formata da semplici cittadini, esponenti della Regione, del Comune di Marciano e degli allevatori, incaricata di affrontare il problema. Il 13 maggio 1995, tale Commissione, con voto unanime, sottoscriveva un Protocollo d’intesa, articolato in 13 punti, con la richiesta di un intervento relativo all’adeguamento dell’impianto di depurazione, intervento che avrebbe dovuto prevedere una serie di interventi.
“Ma – è scritto nell’ordine del giorno – nonostante l’erogazione, da parte del Ministero dell’Ambiente, di finanziamenti per più di 4 miliardi di vecchie lire per l’adeguamento dell’impianto, gli interventi migliorativi portati a compimento non hanno avuto riflessi positivi tangibili.
In contraddizione con la volontà chiaramente espressa dai vari soggetti firmatari del Protocollo d’intesa – si fa inoltre notare – sono stati prodotti alcuni atti ed omessi alcuni significativi passaggi del Protocollo, tra cui si ricorda il conferimento di reflui zootecnici da parte dei soci della CEAM (Cooperativa Ecologica Allevatori Marciano) residenti fuori comune, l’assenza di interventi di copertura delle vasche di stoccaggio degli allevamenti vicini ai centri urbani e la mancata attivazione della rete di monitoraggio sulla qualità dell’aria e dell’acqua.
Per tutto ciò il Prc ha presentato un o.d.g. al fine di intervenire e verificare il reale stato di attuazione degli interventi migliorativi progettati in seguito al Protocollo d’intesa; a predisporre misure efficaci per fare in modo che cessi il conferimento al biodigestore di Marsciano dei reflui zootecnici provenienti da fuori comune; a mettere in campo una proposta articolata per la risoluzione, a livello provinciale e regionale, del problema della valorizzazione dei reflui zootecnici, con la realizzazione di strutture adeguate ed ecocompatibili che evitino da un lato il ripetersi dei problemi rilevati e dall’altro la concentrazione di tutti i reflui nella zona del marscianese.