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Con la prima personale “Faces” organizzata nello spazio CEC, l’artista Alessandro Angeli mette in mostra la sua irriverente essenzialità nel ricercare equilibro in un perpetuo movimento
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L’arte sincera, vera e intuitiva che sfida il tempo, di Alessandro Angeli in arte Docchia, è stata presentata con una prima personale inedita nel centro storico di Perugia, allo Spazio CEC (situato in Via Bruschi 2b, traversa di Via Caporali), un luogo di forte contaminazione culturale e artistica.
Nel corso della serata di venerdì 12 luglio è stato possibile ammirare le opere di questo artista umbro, immergendosi in un mondo fantastico, fuori dallo spazio e dal tempo, dove segni minimali, immagini essenziali e sintetiche, consentono di entrare nelle mente del suo creatore, solleticando simpatia e ilarità.

Le opere di Docchia, che rappresentano figure dinamiche ricche di colori saturi capaci di dare il senso del movimento, espressione di una realtà interiorizzata, ci rammentano che ciò che conta è l’essenza, è l’anima delle cose.
La mostra personale “Faces” sta a indicare i volti e le facce che vengono raffigurate con una rinnovata composizione pittorica che non rappresenta fedelmente forme e figure reali, ma stilizzate, creando immagini fantastiche e quasi oniriche. Il suo stile apparentemente semplice caratterizzato da immediatezza e ispirato dal disegno istintivo, primordiale e incontaminato, attiva direttamente energia emotiva.

Dopo i saluti iniziali di Carlo Timio, direttore del magazine Riflesso e event manager e il designer Daniele Buschi, che hanno sottolineato la spontaneità, il senso di libertà senza filtri e l’originalità delle opere dell’artista Docchia, nel prendere la parola il giornalista Francesco Castellini ha espresso una sua personale critica d’arte: “Docchia lo si potrebbe definire un ricercatore di attimi indelebili, capace come pochi di saper cogliere e riportare nell’attualità del gesto e del momento, quegli elementi essenziali che riescono a fermare nella loro staticità e unidimensionalità un equilibrio e un movimento perpetuo. Le sue opere sono la sintesi di quel “prodotto” umano che per “esistere” ha bisogno di interfacciarsi con il suo interlocutore, senza per questo dover far ricorso alla tridimensionalità dello spazio e all’unicità del tempo, corruttibili e mutanti proprio perché appartenenti al modello di percezione cartesiana del mondo, nella quale si riteneva a torto che le immagini debbano essere necessariamente una riproduzione fedele della realtà.Una ‘scuola’, un modo di rappresentare la vita, che annovera fra i suoi allievi gente come Wassily Kandinsky, Paul Klee, Paul Gauguin, Paul Cézanne, Pablo Picasso; primi della classe a manifestare l’esigenza di esprimere l’energia emotiva superando definitivamente la dimensione prospettica in una modalità espressionista della pittura”.

E cosi con Docchia si ritorna a quell’arte rupestre del Paleolitico dove la genialità umana è storicizzata in quanto si anima, si modifica e muta in funzione di chi la guarda, facendo leva sulla capacità creativa dell’osservatore, che diventa così coprotagonista, capace di costruire insieme all’artista modelli mentali innovativi e stupefacenti.

La mostra si suddivide in due sezioni: una parte dedicata alle sue tele e l’altra riservata alle sue sculture realizzate sapientemente e con grande maestria e capacità artistica in legno.
A rendere più frizzante e allegra l’iniziativa ci ha pensato il duo composto dai musicisti Mattia Fiorucci alle percussioni e Rocco Donati al sassofono, che hanno fatto da sottofondo con una seduta di Jam Session molto scoppiettante, a momenti di convivialità tra arte e un aperitivo con vini delle cantinePucciarella e Madrevite del Consorzio tutela dei vini del Lago Trasimeno.

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