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Nelle elezioni del Parlamento italiano la più bassa percentuale di elettori astenuti dal voto si è avuta per la Camera dei Deputati nelle elezioni del giugno 1953 con  il 6,16 per cento
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In base all’art. 48 della Costituzione  della Repubblica democratica italiana tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età entro il giorno delle votazioni e che possiedono la cittadinanza italiana sono elettori e cioè hanno la capacità giuridica di votare (c.d. elettorato attivo). Lo stesso articolo specifica che il voto è personale ed eguale, libero e segreto e che il suo esercizio è un dovere civico. Inoltre  la norma costituzionale limita il diritto di voto solo per incapacità civile, per effetto di una sentenza penale irrevocabile e nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.

Nelle elezioni del Parlamento italiano la più bassa percentuale di elettori astenuti dal voto si è avuta per la Camera dei Deputati nelle elezioni del giugno 1953 (II Legislatura/1953-1958) con  il 6,16 per cento e per il Senato della Repubblica in quelle del maggio 1958 (III Legislatura/ 1958-1963) con il 6,02 per cento. Per inciso la durata delle legislature è di 5 anni (art. 60 Cost.) per entrambe le Camere a decorrere dalla revisione costituzionale del 1963; prima del ’63 nel testo originario della Costituzione repubblicana era di 5 anni per la Camera e di 6 per il Senato.

La percentuale più alta di elettori astenuti dal voto si era invece avuta, sia per la Camera che per il Senato, nelle elezioni del marzo 2018 (XVIII Legislatura/2018-2022 cessata anticipatamente) rispettivamente con il 27,06 per cento e il 27 per cento di astenuti.

Il fenomeno dell’astensionismo si è mantenuto abbastanza costante su percentuali sotto le due cifre nei primi 30 anni della nuova Repubblica democratica, a partire dalle elezioni politiche del 18 aprile 1948 (I Legislatura/1948-1953) con il 7,85%  fino a quelle del 3 giugno 1979 (VIII Legislatura/1979-1983) con il 9,31% di astenuti.  Poi l’astensione dal voto ha iniziato a crescere costantemente nelle successive 10 tornate  elettorali (salvo piccoli rallentamenti nelle elezioni del  giugno 1987 e dell’aprile 2006) fino ad arrivare alla consistente quota del 27 per cento nelle elezioni politiche del marzo 2018, con un incremento complessivo di ben 21 punti percentuali in entrambe le Camere.

L’incremento del numero degli astenuti è stato più accentuato a partire dalle elezioni politiche dell’aprile 2008 (XVI Legislatura/2008-2013) arrivando a quota 19,53% e poi a quota 24,78%  nelle elezioni del febbraio 2013 per raggiungere quota 27,06%  alla Camera e 27 al Senato in quelle del marzo 2018.

Infine nelle elezioni politiche di ieri 25 settembre ’22 l’astensionismo é ulteriormente cresciuto di ben 9,03 e 9,1 punti percentuali raggiungendo la quota del 36,09 per cento alla Camera e del 36,1 per cento al Senato, pari ad oltre un terzo dell’intero corpo elettorale.

Anche nella regione dell’Umbria gli astenuti dal voto sono cresciuti dalle quote 21,77 per la Camera e 22,03  per il Senato raggiunte nelle elezioni del marzo 2018 alla quota 31,17, identica per Camera e Senato, del corrente anno con un incremento rispettivamente di 9,4 e 9,14 punti percentuali.

Questo fenomeno assolutamente negativo dell’astensionismo pericolosamente crescente, al punto da farne oggi il maggior partito nazionale, un qualche significato sicuramente lo ha e sarebbe bene che i partiti e movimenti politici riuscissero a capirne le ragioni di fondo e quanto meno a cambiare tutti i meccanismi e comportamenti che fanno aumentare la disaffezione dalla urne dei cittadini elettori, che poi sono i veri titolari della nuova sovranità individuata dalla Costituzione della Repubblica democratica del ’48 e tuttora molto valida almeno nella sua impalcatura di fondo.

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