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“Colui che genera o ha generato, quindi il padre (…). Più comunemente nell’uso, il plurale viene usato per indicare insieme il padre e la madre”.
Questo il significato che della parola “genitore” dà l’enciclopedia Treccani. Alla luce di questo, ma non solo, appare quanto meno singolare l’iniziativa intrapresa dalla direzione didattica di Todi che – ancora una volta – in alcuni moduli destinati alle famiglie degli alunni, inserisce la dicitura “genitore 1” e “genitore 2”.
Non vogliamo rinnovare una sterile, inutile polemica: i figli, tutti, hanno una madre e un padre. Ma viviamo in un momento storico in cui diventa spesso necessario sostenere e difendere l’ovvio.
Vorremmo piuttosto riflettere sul fatto che rincorse esasperate come questa, che puntano a “neutralizzare” le differenze per abbattere le discriminazione, sono al contrario iniziative rischiosamente discriminanti.
Non tutti i bambini hanno due genitori. Ce ne sono alcuni che, purtroppo, non ne hanno nessuno. Ce ne sono altri che, invece, ne hanno più di due. Ognuno deve essere messo nella condizione di poter accogliere la sua storia, elaborarla, affrontarla, ricostruirla. Nessuno, al contrario, deve essere utilizzato come un campo di battaglia dove vengono stesi inutili stendardi ideologici che poco – o nulla – hanno a che fare con la crescita, la formazione, la scuola.

Da parte nostra, allora, un suggerimento: se proprio risulta così tanto indigesto utilizzare nomi così sconci, anacronistici e ingiusti come “madre” e “padre”, si faccia un passo indietro, rispolverando la formula che fino a qualche anno fa campeggiava sugli arcaici libretti delle giustificazioni: “Firma di un genitore o di chi ne fa le veci”.

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