“Il tagliavetri e il grisatoio. Gli utensili fondamentali del vetraio”: è il titolo dell’ultimo lavoro di Massimo Rocchi Bilancini, autore già di varie pubblicazioni inerenti la storia locale di Todi. Stavolta, però, il volume (edito da Futura Libri, pagine 368, euro 35,00) di locale non ha nulla, o forse sì perchè non è facile non collegare l’idea del libro alla lunga attività artigianale familiare, avviata dal nonno Giuseppe nel 1934. Di storia ce n’è ugualmente tanta, anche se “limitata” a due apparentemente semplici attrezzi: il tagliavetri e il grisatoio, appunto. A renderli protagonisti della “prima monografia in Europa dedicata a questo argomento” è la capacità di ricerca e di approfondimento, la passione, la serietà, il metodo che caratterizza ogni attività che vede impegnato Massimo Rocchi Bilancini, dalla riscoperta di antichi fornaci all’indagine sul rogo del Vignola, fino alla contro-storia su Madre Speranza.
Di seguito la sinossi del libro, sufficiente da sola a suscitare interesse verso oggetti che, viste con occhi attenti, nulla hanno di banale.
Ogni professione ha i suoi ferri del mestiere. Erano un tempo riprodotti negli stemmi di alcune corporazioni medievali delle Arti minori o replicati nelle insegne montate sopra gli ingressi delle botteghe artigiane. Del resto, non può esserci muratore senza squadra, filo a piombo, cazzuola e livella, né fabbro senza incudine, tenaglie e martello. Non c’è boscaiolo senza accetta né falegname senza la sua pialla. E ancora il sarto senza le sue forbici e in campagna un contadino senza la falce. La storia dell’umanità è in buona parte la storia degli arnesi che gli uomini hanno messo a punto e impugnato nelle loro mani.
Anche nel caso dei vetrai l’identificazione fra il mestiere esercitato e gli utensili impiegati è forte e viva, sebbene molti aspetti nell’esercizio di questo lavoro siano cambiati da almeno una cinquantina di anni, in seguito alla meccanizzazione di molte lavorazioni. Probabilmente, sarà per il fascino che ancora coglie l’occasionale cliente di una vetreria, che entratovi per la prima volta sa stupirsi di come con apparente facilità possa tagliarsi il vetro, utilizzando uno strumento tanto semplice quanto lo è un tagliavetri. Non c’è dunque vetraio senza il suo “diamante”, come non c’è mago senza la sua bacchetta.
Questo libro – prima monografia in Europa dedicata a questo argomento – ricostruisce la storia dell’utensile fondamentale del vetraio, il tagliavetri. Soprattutto si sofferma sul quel periodo lungo circa un sessantennio posto a cavallo fra Otto e Novecento durante il quale l’uso della punta diamantata è gradualmente soppiantato dal ricorso all’utensile munito di rotella. È sorprendente quanto la convivenza, anzi lo scontro, fra le due tecniche di taglio si sia prolungata e soprattutto quanto il tramonto dell’una e l’alba dell’altra abbiano visto i fabbricanti dell’utensile sperimentare una varietà straordinaria di soluzioni inventando e producendo i più svariati, ingegnosi e – qualche volta – curiosi modelli.
Insieme al tagliavetri, questo studio focalizza la sua attenzione sul secondo ferro del mestiere di chi sa ridurre nelle volute misure un vetro: il grisatoio. Oggi utensile arcano, scomparso quale arnese autonomo, in quanto fusosi con il tagliavetri. Reso obsoleto e inutile ad opera dello stesso tagliavetri, una volta che si è riusciti a perfezionare quest’ultimo. Si è usato il grisatoio fin quando si è usato il diamante o anche dopo, fino a quando le rotelle metalliche applicate al tagliavetri sono restate di modesta qualità, con il conseguente esito del taglio non sempre garantito. Da tempo invece la qualità delle rotelle è tale che solo da una mano inesperta può derivare approssimazione nei tagli.
Attraverso la ricostruzione delle vicende di questi due arnesi, in ultimo, si vuole omaggiare una professione. Quella dei tanti e umili vetrai di ieri – troppo spesso confusi dal largo pubblico con i loro più celebri cugini muranesi – che schermando da aria e freddo le aperture di chiese, palazzi e case, con magnifiche vetrate o semplici finestre, o solo permettendoci di guardarci in uno specchio, hanno reso più confortevole la nostra vita. E al tempo stesso con questo libro si vuole fornire ai vetrai di oggi uno strumento conoscitivo per renderli più consapevoli della storia del loro mestiere. E dunque renderli più orgogliosi di esercitarlo.