Quando in quell’afoso 12 maggio 1997 una violenta scossa sismica investì il centro storico di Massa Martana e vaste zone del suo territorio, (precorrendo ciò che sarebbe successo poi il 26 settembre dello stesso anno nel resto dell’Umbria e delle Marche), sorprendendo alle 15,50 circa nel riposino pomeridiano i massetani che terrorizzati, ma fortunatamente illesi, si precipitarono in Piazza Matteotti, l’unico spazio aperto del centro storico e via di fuga verso la salvezza, nessuno di loro poteva immaginare cosa li aspettasse per alcuni lunghi anni a venire. Ma lo intuirono nelle ore immediatamente successive al sisma allorchè giunsero i primi uomini dei soccorsi che, ormai quasi all’imbrunire, dichiararono la totale inagibilità di tutte le abitazioni, esercizi commerciali ed ogni altra attività all’interno delle mura castellane; facendo esplicito invito ai cittadini ivi dimoranti a provvedersi da subito di ricovero presso amici, parenti e conoscenti in luoghi sicuri e in attesa dell’arrivo delle strutture della Protezione Civile.
Da quel momento per loro iniziò il “calvario”che durò per gli anni della ricostruzione, fino a quando le abitazioni furono via via tutte ristrutturate e rese nuovamente agibili. E alla fine quei pesantissimi disagi vennero ricompensati con una ristrutturazione edilizia dimostratasi valida perchè eseguita con i precisi criteri antisismici allora vigenti e consentendo al “modello Umbria” messo in campo dalla stessa Regione di uscirne a testa alta, se è vero come è vero che nessun danno si è fin qui registrato da eventi sismici successivi, ivi compreso quello catastrofico del recentissimo 24 agosto le cui scosse, attutite dalla distanza epicentrale ma tutt’altro che leggere, hanno interessato ancora una volta Massa Martana, lasciandola indenne.
Validità non soltanto dal punto di vista delle tecnologie d’intervento restaurativo – ricostruttivo allora imposte, ma anche dalla tipologia del procedimento che ha consentito in un ragionevole lasso di tempo, commisurato all’entità e complessità dei danni, di rifare un bellissimo borgo, sismologicamente più sicuro e non minimamente intaccato nelle sue peculiarità architettoniche originarie.
Aver poi affidato direttamente ai privati proprietari degli immobili, obbligati a costituirsi in consorzi, la gestione della ristrutturazione e del miglioramento sismico dei propri patrimoni edilizi, ha favorito celerità di tempi e massima trasparenza sul corretto utilizzo dei consistenti finanziamenti pubblici a tal fine erogati.
Ciò che purtroppo però non si è riusciti e non si riuscirà probabilmente mai più a ricomporre è quel numeroso e operoso corpo sociale autoctono costituente il cuore pulsante del centro storico al momento del terremoto, perchè la frantumazione di esso immediatamente conseguente all’evento calamitoso ha provocato una dispersione numerica pressochè irreversibile e che a distanza di quasi due decenni appare ormai definitivamente compiuta, nonostante tutti i reiterati tentativi e sforzi fatti dalle Amministrazioni Comunali di turno. Di quanti che allora furono costretti ad andarsene pochi, troppo pochi, hanno ripopolato l’interno del centro storico, per non parlare delle attività commerciali sparite.
Alle popolazioni colpite il 24 agosto tutto il cordoglio, la vicinanza e l’umana solidarietà per l’immane tragedia che su di esse si è abbattuta.