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Un'intera città a lutto, ancora incredula e sgomenta, unita nel dolore e piegata su se stessa
prosperi

La Chiesa del Crocefisso, a Todi, come prevedibile, è stata incapace di contenere il mare di persone che hanno voluto dare, domenica pomeriggio, l’ultimo saluto a Roberto Prosperi, l’imprenditore 50enne che si è tolto la vita venerdì all’interno della sua attività commerciale.

In una Todi incredula e sgomenta, listata a lutto da due giorni, con le vetrine dei negozi tutte contrassegnate da cartelli con scritto “Grazie Roberto”, quale atto d’omaggio all’amico “Presidente” (al pari del gruppo Facebook “sei di Todi se…”), i funerali si sono svolti in un clima di grande compostezza, dando davvero il senso di una città piegata, unita nel dolore e riflessa su se stessa.

Dentro e fuori la chiesa, per tutta la durata della cerimonia funebre, officiata da don Marcello Cruciani, si è avuta l’impressione che Todi si fosse davvero tutta fermata, con soltanto un piccolo aereo a sorvolare la zona prima dell’uscita del feretro, rompendo con il suo ronzio il silenzio quasi irreale caduto per oltre un’ora come una coltre sulla città.

Un silenzio interrotto in due occasioni dagli applausi della gente, una prima volta dopo la lettura da parte di una delle nipoti di un toccante messaggio di saluto della famiglia a Roberto e l’altra, al momento dell’uscita della bara, portata a spalla da alcuni dei suoi amici di sempre.

L’impressione, avuta già alla prima diffusione della notizia, è che questa morte sia destinata a lasciare un segno profondo nella comunità cittadina, sia per la grande affabilità di Roberto, sempre disponibile e sorridente con tutti, sia per il ruolo di leader che gli era stato riconosciuto, in virtù di una sicurezza e determinazione dietro le quali si nascondevano invece,  adesso lo sappiamo, una garbata timidezza e, evidentemente, un insanabile travaglio interiore.

Non sappiamo ora, e probabilmente non lo sapremo mai, cosa ha determinato, cosa ha influito, cosa ha spinto Roberto, tra i tanti possibili motivi e quale tra questi più di altri, a compiere un gesto così tragico e così inspiegabile per familiari, amici e conoscenti.

Ciò che sorprende e che lascia sbigottiti è che sia potuto accadere a lui. Non ad un uomo ai margini, disperso ed isolato dal gruppo, facile da aggredire dai lupi e dalle altre belve feroci che pure infestano la società, ma ad uno che era profondamente inserito nelle reti sociali, che vi credeva e sulla cui utilità aveva saputo fare proselitismo.

Certo, come è stato ricordato anche in chiesa, viviamo un momento di straordinaria sofferenza economico-sociale, che tocca in modo ogni giorno più esasperante la città, la regione e il paese tutto.
E allora, quale omaggio al suo modo di fare indomito e coraggioso,  piace pensare, anche per sedare ed esorcizzare il senso di sconfitta che ci assale, che forse Roberto non è stato assalito perché restato o lasciato isolato, ma perché da bravo “capobranco” abbia pensato – sbagliando, sia chiaro, sbagliando – di compiere un gesto eroico, un sacrificio estremo che potesse assumere un valore simbolico.

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