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La spesa farmaceutica si vede tutta sulla parte pubblica, in Umbria, mentre altre Regioni spendono molto di più ma non risulta perché tali cifre sono comprese fra quelle in convenzione con le cliniche private
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Molte volte prima di iniziare a far polemiche bisognerebbe ricordare, prima un detto: “parla male, qualche cosa resterà” e poi la concezione di Trilussa sulla statistica: “Me spiego: da li conti che se fanno seconno le statistiche d’adesso risurta che te tocca un pollo all’ anno: e, se nun entra ne le spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perche’ c’e’ un antro che ne magna due. “

Due cose che ben si attanagliano alla questione della spesa farmaceutica ospedaliera.
In Umbria la sanità pubblica assolve la gran parte delle funzioni d’assistenza sanitaria e classifica le spese in modo analitico per quelle che si verificano all’interno delle sue strutture, ma per le prestazioni che acquista dall’esterno, case di cura private per esempio, la classificazione è unica: acquisto di servizi.
Ciò non cambia molto lo scenario perché la spesa per convenzioni con istituti di ricovero privati è molto bassa in Umbria, ma così non è in Italia dove, da Roma in giù la quota delle cliniche private è molto alta.
In queste regioni quindi la voce ”acquisto di servizi in convenzione” è molto elevata e comprende tutto ciò che le cliniche private fanno per curare i malati, comprese le medicine, spesa che non transita nella voce “spesa farmaceutica ospedaliera”  e così la media nazionale risulta molto bassa e quella umbra, ma non solo per questo, risulta molto elevata.
La prova questo che Trilussa ha ancora ragione.

Qualcuno se ne era già accorto quando s’era pensato di indicare un limite percentuale ed opportunamente s’è limitato a dichiarazioni di principio.
“Non esiste un limite oltre il quale sono previste sanzioni, ma solo un atto di indirizzo sulla appropriatezza della spesa farmaceutica, che peraltro risale a otto anni fa, in cui viene indicato un tetto di spesa del 3,5 per cento del totale a carico del Sistema sanitario.
Attualmente la media nazionale è del 4,22 per cento e non è prevista alcuna  sanzione per chi ha i conti in equilibrio”.
Così la presidente della Regione, Catiuscia Marini, ha risposto alla sollecitazione del capogruppo di Fratelli d’Italia, Franco Zaffini, in merito allo “sforamento dei tetti stabiliti dalla Conferenza Stato-Regioni sulla spesa farmaceutica”.

Intervenendo ai lavori della Terza Commissione, la presidente della Giunta regionale ha rilevato che si tratta di un dato “non fondato per quanto riguarda le Regioni, perché se è virtuoso diminuire l’uso dei farmaci, è certamente una buonissima pratica quella di aumentare l’uso degli oncologici e degli oncoematologici, che inevitabilmente comporta un aumento della spesa farmaceutica ospedaliera.

Inoltre – ha aggiunto – siamo al limite della decenza per quanto riguarda il nuovo farmaco che cura l’epatite di tipo C: nessuna Regione lo prescrive e dovremmo anche rimborsare chi lo va a comprare in Francia. Ecco perché è sbagliato il tetto del 3,5 per cento: non tiene conto dell’appropriatezza delle cure per l’oncologia e l’epatite.
Per quest’ultima si dovrebbero spendere in Umbria circa 6 milioni di euro in più, ma è una battaglia da fare”.

La presidente Marini ha spiegato anche che “in presenza dei Drg (Raggruppamenti omogeni di diagnosi), che in Umbria sono solo il 2 per cento, la spesa farmaceutica si vede tutta sulla parte pubblica, mentre altre Regioni spendono molto di più ma non risulta perché tali cifre sono comprese fra quelle in convenzione”.

“Altre misure – ha annunciato – riveleranno presto la loro efficacia: il progetto di sistema unico della farmacia, redatto dal direttore Panella, prevede la gestione centralizzata del magazzino, che sarà esternalizzata, con consistente riduzione dei costi e delle giacenze, mentre ora c’è ancora una parte dei magazzini che vengono gestiti dalle varie Aziende.
Centrale unica di committenza, con l’acquisizione dei farmaci decisa dal Servizio sanitario nazionale, e magazzino esternalizzato sono obiettivi realizzabili entro il 2015”.

Gare uniche regionali sembrano una soluzione praticabile, ma bisognerebbe tener conto dell’esperienza passata proprio in Umbria quando, al tempo degli Enti Ospedalieri, un tentativo del genere venne tentato e si scoprì che non poteva sfuggirsi ad un principio dell’economia per cui, di fronte ad un monopolio della domanda, si determina inevitabilmente un monopolio dell’offerta e quest’ultimo è ben più forte del primo.
Per la cronaca, la storia finì quando si scopri che il prezzo di farmaci analoghi a quelli aggiudicati dalla gara unica era, sul libero mercato, ben più basso 

Parzialmente soddisfatto il consigliere Zaffini, per il quale “lo sforamento umbro del tetto di spesa farmaceutica, attestato al 4,7 per cento, rimane un dato grave anche se comprende il privato”.

 

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