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Evidentemente Italia Nostra, ente statutariamente socio di Fondazione Carit, nonostante l’impegno sin qui profuso non è riuscita a farsi ascoltare abbastanza su alcuni, specifici temi.

Come noto, nel marzo dello scorso anno la Fondazione Carit ha avviato ‘un’indagine economica’ per poi donare 200 lavagne interattive multimediali alle scuole della provincia di Terni. Uno scopo in sé meritorio.
A seguito dell’offerta pervenuta dalle imprese invitate dall’ente medesimo, la Fondazione ha infine affidato la fornitura –per un valore non lontano dai € 300.000. Manca, come non di rado accade, una qualsiasi graduatoria pubblica al riguardo.
Tuttavia precisi documenti in nostro possesso dimostrano che la Fondazione non ha ritenuto di tenere in considerazione che l’attività dell’impresa assegnataria era formalmente partita soltanto il 26 febbraio 2013, cioè appena sette giorni prima della citata ‘indagine economica’.
E’ pure interessante osservare che, secondo le carte, la stessa ditta avvierà la propria sede amministrativa a Terni il 10 marzo 2013, cinque giorni dopo la predetta ‘indagine’, sebbene all’indirizzo che emerge dalle visure non vi sia minima traccia di tale impresa, mentre la sede legale aziendale è fissata a Roma e quella operativa a Rieti, quest’ultima parimenti avviata una sola settimana prima dell’‘indagine’, unica sede con un recapito telefonico conosciuto.

Ma se la sede legale di tale impresa è a Roma, la Fondazione avrebbe dunque spedito lettere di invito a offrire anche alle altre aziende della Capitale? Oppure ha chiamato al telefono un ufficio del reatino? Qualora fosse –sarebbe singolare, visto che, secondo la stessa Carta ACRI, la ‘territorialità’ è primo principio orientativo dell’attività istituzionale, fatta salva l’economicità della gestione- la Fondazione avrebbe però a quel punto dovuto convocare anche altre centinaia di aziende per questa fornitura. Invece consta alla scrivente associazione che ciò non sia affatto accaduto.
Su quali parametri, allora, vengono convocate le imprese? Al di là del caso di specie, ha valore per questa Fondazione bancaria la pregressa e consolidata presenza sul mercato dei soggetti invitati?

In secondo luogo sarebbe poi curioso capire come mai la Fondazione Carit –che, ricordiamo, deve gestire con alta efficienza e col dovuto rispetto risorse che vengono dal lavoro dei nostri avi- abbia recentemente interpellato solamente tre imprese edili a formulare il miglior prezzo per alcune ristrutturazioni su palazzo Montani Leoni, per importi pari comunque a oltre € 100.000.
Se infatti è giusto, anche conformemente alle citate linee guida ACRI, favorire l’economia locale invitando anzitutto aziende del posto, in questo caso sembra decisamente sbagliato convocarne appena tre, visto che nella sola Terni di imprese edili capaci e titolate se ne registrano un centinaio. ‘Tre’, qui, non rappresenta dunque il numero perfetto, ma potrebbe piuttosto restituire a famiglie e aziende locali l’impressione di conventiones ad excludendum doverosamente evitabili.
Ecco perché è necessario che presidente e vicepresidente del Consiglio di Amministrazione della Carit chiariscano pubblicamente e motivatamente su entrambi questi fronti.
Se mai giungesse risposta, Italia Nostra ne valuterà l’adeguatezza anche ai fini del coinvolgimento dei parlamentari dell’Umbria e del Ministero dell’Economia, competente a vigilare sulle Fondazioni

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