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Circa 700 eventi, con o senza bollino, per un totale di oltre 6.000 giornate gastronomiche, con punte di 7 al giorno nel periodo da giugno ad agosto, questo è il panorama annuale delle sagre in Umbria.
C’è chi ritiene che il popolo delle sagre venga sottratto al mercato della ristorazione, ma a supporto di tale convinzione fino ad ora non sono state prodotte significative indagini per cui la “guerra sagre – ristoratori” potrebbe essere solo una competizione di principio senza riscontri concreti.

Tuttavia la polemica c’è. “Se il testo del disegno di legge sulle sagre è lo stesso discusso nell’ultima fase di partecipazione politica e tecnica, e almeno così sembrerebbe da quello che abbiamo letto – sottolinea il presidente provinciale Fipe di Perugia, Romano Cardinali – siamo totalmente insoddisfatti del provvedimento, che non recepisce le nostre richieste a tutela della vera tipicità, delle sagre di qualità  e delle imprese della ristorazione.
Parlare dunque di regolamentazione del settore, di atto nato dal confronto con le associazioni di categoria, è dal nostro punto di vista inaccettabile e fuorviante”.

La lettura che Fipe fa del disegno di legge è in netto disaccordo con quella della Regione: “Siamo d’accordo con l’introduzione del bollino di qualità per le sagre, noi stessi avevamo richiesto l’istituzione di un albo delle sagre di qualità.  Il problema è che esso si svuota di valore, perché non è stata recepita in modo sostanziale, ovvero con una disciplina nettamente diversificata, la distinzione tra sagre gastronomiche da un lato – cioè manifestazioni legate ad un prodotto tipico del territorio, da tutelare, rendere riconoscibili e per le quali è accettabile la durata fino a 10 giorni – e dall’altro le feste paesane e manifestazioni con finalità culturali, religiose, sportive, storiche, etc, che avrebbero dovuto avere una durata nettamente inferiore e una regolamentazione delle modalità di svolgimento diversa rispetto a quella delle sagre.  

Non solo: per meritare il bollino di sagra tipica dell’Umbria per la Regione sarebbe sufficiente che appena il 40% degli alimenti somministrati provenga da prodotti inseriti nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali o comunque classificati e riconosciuti come dop, igp, doc e docg, o da prodotti di filiera corta
Possiamo considerare il 40% una percentuale significativa?! Noi riteniamo che la soglia sia troppo bassa, e infatti avevamo chiesto che almeno l’80% dei piatti proposti fosse costituito dal prodotto oggetto della sagra. 
Inoltre non è stata accolta la nostra richiesta secondo la quale, in un anno, le sagre e feste organizzate in ciascuna frazione e località non dovevano superare complessivamente i 10 giorni…..  Per di più, si danno ben 3 anni di tempo alle feste che durano più di 10 giorni per adeguarsi a questo limite!”

Fipe – Confcommercio punta il dito anche contro il mancato inserimento nel disegno di legge del  divieto di asporto e prenotazione: “Se è vero – dice ancora Cardinali – che le sagre sono un valore perché creano socialità ed aggregazione, che senso ha l’asporto per mangiare a casa propria? Dove sta la differenza con quello che fa una pizzeria o un ristorante, esercizi che però sono sottoposti a tasse ed adempimenti di tutt’altro tipo e peso economico?”

Insomma, se il disegno di legge presentato dalla Regione è rimasto immutato rispetto alla fase di concertazione, per l’associazione che in questi anni ha rappresentato il crescente malumore di ristoratori e pubblici esercizi contro la concorrenza sleale insostenibile attuata da tanti eventi che nulla hanno a che fare con la valorizzazione delle tipicità dei prodotti, della cucina e del territorio locale, non si può assolutamente  parlare di razionalizzazione del settore, anzi.
“Aspettiamo questa nuova legge da 446 giorni (avrebbe dovuto arrivare entro il 2012); giorno dopo giorno, in tutto questo tempo, sugli imprenditori della ristorazione si è aggravato il peso di tasse e tariffe, degli adempimenti, dei controlli, della crisi, della stretta creditizia, della concorrenza sleale di tante forme di somministrazione parallela che non ha regole. Se il risultato di tanta attesa è questo – conclude Cardinali – è facile immaginare quale sarà lo stato d’animo e la reazione delle imprese del settore”.

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