Condividi su facebook
Condividi su twitter
Per Confindustria Umbria occorre resistere alla crisi: "non disperdere il capitale di capacità, di professionalità e di esperienza incardinate nella struttura produttiva industriale", ma di fronte ad un mondo che è cambiato occorre un salto di qualità epocale ed iniziare a "sognare" 
immaginazione

La cosa più drammatica della crisi attuale è che alle giovani generazioni non è consentito sognare.
Mentre, in precedenza, un giovane che iniziava gli studi o si apprestava ad entrare nel mondo del lavoro aveva la prospettiva di migliorare la condizione dei suoi famigliari ora, nella misura di almeno il 50% in Umbria, deve solo sperare che i suoi genitori ed anche, in qualche caso, i suoi nonni campino il più a lungo possibile, perché sono i loro stipendi o pensioni che consentono la sopravvivenza dei figli.

Tutto ciò crea angoscia e non bastano i tentativi di mitigare la crisi, perché proprio trattandosi di sola mitigazione la speranza non rinasce,
Non basta quindi cercare dei saggi, incartapecoriti nello studio di teorie del secolo passato e nel benessere individuale, che cerchino di correggere la situazione ma occorre dare dei sogni in cui credere.
Magari qualcosa che rischi di svanire alle prime luci dell’alba ma che possa illuminare le notti. Altrimenti in quella che in tempi non sospetti abbiamo chiamato “sindrome cinese” si svilupperà in tutti i suoi deleteri effetti.

Ma sembra che i potenti in Italia abbiano deciso che gli italiani e gli umbri non debbano sognare.
Le “grandi” civiltà passate hanno avuto il loro massimo splendore quando l’energia era a costo quasi zero
.
Sarà stata un’energia acquistata ignobilmente: gli schiavi, ma ha reso possibile l’affermazione dell’impero romano, l’erezione di piramidi e grande muraglie, la nascita di un’economia fiorente nel nord America ecc.

Ora invece in Italia non si trovano i pochi soldi necessari a vedere realizzati compiutamente, per esempio, “sogni” di energia pulita e conveniente: l’E – Cat  di Rossi e Focardi deve cercare finanziamenti negli Usa e Svezia, che li danno; il Kite Gen si è dovuto consegnare in mani saudite, mentre, in Italia ed in Umbria, una classe imprenditoriale seguita a definire tali progetti “bufale” e quella politica ad ignorarli.
Forse la certezza che le due invenzioni italiane funzionino veramente non c’è, ma anche quando si gioca all’Enalotto non c’è la certezza di vincere, eppure milioni di persone lo fanno spinte e sostenute da un “sogno” che li fa, comunque, andare avanti e resistere

Non basta quindi, come dice Confindustria Umbria nel rapporto dell’indagine congiunturale relativa al primo trimestre 2013, che “la parola d’ordine per i giorni a venire non può che essere una: non disperdere il capitale di capacità, di professionalità e di esperienza incardinate nella struttura produttiva industriale che mostra di riuscire a resistere a una prova di durata senza precedenti.
E cominciare a lavorare, da subito, perché quel capitale possa se mai accrescersi, migliorare e restituire a lavoratori e imprese i frutti dei sacrifici fin qui sopportati”.

La crisi è epocale, simile a quelle che nel passato hanno fatto scomparire imperi che si erano alla fine adagiati sull’esistente, pensando che fosse indistruttibile, per superarla occorre avere il coraggio di esplorare vie nuove e di sognare, sognare in grande senza timori, su questo “INDUSTRIAMOCI, PRIMA CHE SIA TARDI!”

condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter