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Gli impianti inferiori a 1Mw, cioè fino a 999kw usufriscono di una procedura abilitativa certificata che di fatto estromette le amministrazioni locali dall'intervenire sulla localizzazione della maggior parte degli impianti che vengono dichiarati con potenza al limite di quella massima
biogas

Il capogruppo regionale dell’Italia dei Valori, Oliviero Dottorini, ha inviato alla presidente Catiuscia Marini la “richiesta di una riunione di maggioranza per discutere della delibera 494, che deregolamenta il settore delle biomasse, adottata dalla Giunta, su proposta dell’assessore Rometti, senza coinvolgere il Consiglio regionale”.
Il capogruppo IdV, nel chiedere il ritiro della delibera in questione, rimarca come “Montecchio, Panicale, Marsciano, Bonsciano, Costano, Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Spoleto, Gubbio, Valfabbrica e Casacastalda si stanno trasformando in focolai di protesta. Non è con i blitz o pensando diaggirare il confronto con le popolazioni locali che si risolve l’ostilità che sale da tutta la regione".

Secondo Dottorini occorre riattivare le procedure che consentono ai singoli comuni di individuare le aree non idonee alla realizzazione degli impianti.
In effetti attualmente a normativa prevede che l’attivazione di simili impianti è sottoposta ad autorizzazione unica di competenza della Provincia, salvo che per le potenze impegnate inferiori ad un Mw , nel qual caso la procedura da seguire è quella della P.A.S. (procedura abilitativa semplificata) .

In base a tale procedura il richiedente l’insediamento comunica e dichiara al Comune la propria intenzione di procedere alla realizzazione di un impianto di biogas, ne attesta il possesso dei requisiti soggettivi e può allegare, qualora disponga della documentazione di riferimento, i pareri e le autorizzazioni di rito rilasciate da altre pubbliche amministrazioni.

Funzione del Comune sarebbe esclusivamente quella della verifica di quanto dichiarato, del possesso delle previste autorizzazioni e/o pareri ed acquisirli d’ufficio qualora mancanti. Entro 30 giorni dal perfezionamento della comunicazione/dichiarazione il richiedente  ha titolo per iniziare i lavori.
Ovviamente moltissimi dichiarano impianti da  999 Kw, un kw in meno del massimo consentito per la procedura semplificata che però nei fatti poco cambia sull’impatto degli impianti stessi.

Per Dottorini, “al di là del merito delle singole proteste, è evidente che c’è stato un grave problema di comunicazione e partecipazione. I blitz silenziosi per tentare di allargare le maglie del regolamento non fanno che avvalorare le paure e le convinzioni ostili di chi, anche alla luce degli scandali del passato, vorrebbe far conto su certezze e dialogo e spesso
incontra solo chiusure.
Continuiamo a credere che le biomasse, se correttamente utilizzate – conclude il capogruppo IdV – possano costituire una straordinaria occasione per rispondere all’emergenza climatica e allo sviluppo locale.
Ma nel modo attuale, con un regolamento a maglie così larghe, è difficile continuare ad annoverarle tra le fonti rinnovabili".

Da parte sua Sel  pensa che " almeno per quanto riguarda l’Umbria, dobbiamo procedere su due livelli. La Regione, oltre ad annullare il recente delibera di Giunta Regionale dello scorso 7 maggio in materia di istallazione degli impianti di energie da fonti rinnovabili che prevede la riduzione della distanza di installazione delle centrali e che toglie le limitazioni sulle distanze di approvvigionamento della biomassa, dovrà redigere un aggiornamento del piano energetico regionale in cui devono essere ben definite le priorità d’azione"… " E’ opportuno dare mandato ai comuni di definire un piano agro-energetico in grado di analizzare lo sviluppo massimo accettabile di ogni singolo territorio e promuovere un’impiantistica dimensionata a lavorare prevalentemente in maniere integrata alle attività agricole e zootecniche esistenti per evitare concorrenza tra agricoltura food e no food."

"Per ogni progetto l’ente locale deve agire secondo un principio di trasparenza. La presentazione di un impianto deve essere resa pubblica, prevedere momenti di partecipazione per definire protocolli d’intesa tra proponenti, amministrazione e cittadini.
Deve essere garantito accesso alle informazioni tecniche, alle attività svolte in impianto e si devono promuovere attività didattiche"
 
 

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