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Rinviata, su richiesta dell'assessore, la discussione di due interrogazioni sui biodigestori di Marsciano e Bettona
biodigestore-generico
La questione dei biodigestori di Marsciano e Bettona sembra aver creato qualche motivo di riflessione nella Giunta Regionale dell’Umbria mentre da parte confagricoltura si grida alto a favore del biogas.
In due interrogazioni distinte, i consiglieri regionali Damiano Stufara (Prc-Fds) e Oliviero Dottorini e Paolo Brutti (Idv) avevano chiesto alla Giunta regionale la “Definitiva dismissione degli impianti di biodigestione, destinati al trattamento dei reflui zootecnici, presenti nei comuni di Bettona e di Marsciano e bonifica dei relativi siti” (Stufara) e la “Necessità di sospensione o revoca del protocollo di intesa stipulato per la riattivazione dell’impianto di digestione dei reflui zootecnici di Bettona” (Dottorini-Brutti).

L’assessore all’Ambiente, Silvano Rometti, prima che gli interroganti illustrassero i loro atti, ha chiesto la parola per ricordare che “ci sono due delibere all’ordine del giorno della Giunta non ancora discusse” e per questo ha chiesto ai proponenti la possibiltà  di un approfondimento della questione in Commissione “da fare al più presto, ma con la possibilità di avere anche molti altri elementi per una risposta più organica”.
 
Stufara si è detto  disponibile al percorso proposto da Rometti, a patto – ha rimarcato – che questo “non rappresenti una manovra che mira semplicemente a prendere tempo. La questione deve trovare un compimento in tempi brevi”.
 
Sostanzialmente d’accordo con Stufara, rispetto alla ulteriore discussione dell’argomento in Commissione, Brutti ha aggiunto tuttavia che “la discussione dovrà riguardare anche il protocollo d’intesa che è stato sottoscritto tra la Giunta regionale e il Comune di Bettona, perché questo – ha detto Brutti – è il padre di tutta la vicenda
Proprio in quel protocollo  viene stabilito, in modo più o meno esplicito,  il fatto che si riavvia il rifacimento del biodigestore.
É questo  il punto fondamentale, perché l’opinione che noi abbiamo maturato, insieme ad altri colleghi del Consiglio, ad altre forze politiche e insieme ai comitati e ai cittadini di Bettona, è che in quel territorio non si debba parlare né ora né mai del riavvio di un’attività di biodigestione del tipo di quella che a Bettona c’è stata fino all’intervento della magistratura”. Apparentemente quella di Brutti potrebbe essere anche un’apertura a sistemi innovativi che potrebbero essere maggiormente rispettosi dell’ambiente e dell’olfatto dei cittadini.

Infatti c’è da registrare che nel 2009 tal Peter Kindt, direttore di Alfagy Ltd la società che doveva realizzare un impianto, ammetteva che comunque a causa dell’odore, qualche abitante nei pressi dell’impianto  di Lünen, nonostante sarà ben mimetizzato, ne conoscerà l’esistenza.
A Berlino, invece,  Edeltraud Schauffel del Dipartimento per lo Sviluppo Urbano dichiarò “Vi è una certa preoccupazione per il fatto che il biogas emetterà dai gas di scarico dei nuovi autobus un odore sgradevole”
Peraltro nel sito di una società che produce impianti a biogas è scritto “L’impianto a biogas è praticamente una trappola per le emissioni gassose di processi putrefativi e di conseguenza è uno strumento di controllo degli odori ( prodotti dalle putrefazioni in atto nell’impianto n.d.r).
Infatti il digestato, povero in sostanza organica perde gran parte di il cattivo odore. Ciononostante la gestione di un impianto a biogas deve prevedere il controllo degli odori si possono sviluppare da diversi composti tra cui molecole inorganiche come l’ammoniaca e l’acido solfidrico, od organiche come gli acidi organici volatili, i composti aromatici e i mercaptani . Le emissioni odorose vengono prodotte praticamente in tutte le sezioni della filiera”

Ma intanto a difendere a spada tratta i biodigestori ci ha pensato il presidente di Confagricoltura  Umbria  per il quale “ Come Associazione di categoria abbiamo il dovere di spiegare che non possiamo permetterci di ostacolare la libera iniziativa economica, soprattutto in settori, come quello agricolo (che ha scontato negli ultimi anni una preoccupante diminuzione dei ricavi ed un diffuso aumento dei costi di produzione), chiave per l’economia locale.

Non solo, le agroenergie viaggiano in controtendenza rispetto a molta parte dell’economia nazionale. Il biogas, per esempio, negli ultimi due anni è cresciuto del 285% e nel 2010 ha dato lavoro a 3.500 addetti, rendendo il mercato italiano uno dei più dinamici al mondo.

Qualunque siano le ragioni di una diffusa diffidenza e repulsione alla diffusione del biogas in Umbria, siamo fortemente convinti  che non giovi all’economia del territorio, già priva di grandi slanci innovatori in questo travagliato periodo, un simile atteggiamento ostruzionistico nei confronti di impianti in grado di produrre energia senza  impatto ambientale negativo.”
Tuttavia proprio in Umbria, e più che altrove, normative spesso male interpretate, aiuti insufficienti, uniti alla scarsa conoscenza delle tematiche e un’avversione spesso irragionevole da parte di comitati ed amministrazioni pubbliche, portano a limitare fortemente la diffusione di questi impianti che, invece, potrebbero contribuire in modo sensibile a soddisfare la domanda energetica regionale.
Per Marco Caprai “ Leggendo la cronaca che ci racconta di come si evolvono le vicende giudiziarie in capo a due dei quattro digestori di nuova generazione attivi in Umbria, viene da pensare che ci possano essere incompetenza, comportamenti omissivi o “pazzia” negli organi di controllo e nelle amministrazioni del nord Italia che hanno autorizzato e lasciano lavorare, pur vigilando, qualche centinaio di biodigestori oppure nella “verde” Germania dove sono ben oltre tremila i biodigestori.
In fondo chiunque conosce questi processi sa benissimo che viene immessa massa vegetale triturata, avviene un processo simile a ciò che avviene dentro l’organo digerente di un animale, si ricava del gas, carbonio ed idrogeno diversamente combinati in Metano che è energia verde.

Anche tutto il resto, digerito dai batteri è sostanza organica, una ricchezza per la terra, la stessa sostanza organica
che i cultori della civiltà sostenibile e dell’agricoltura biologica vorrebbero venisse distribuita dagli agricoltori per fertilizzare la terra e nutrire le coltivazioni.
 Se poi come la norma chiarisce è bene che nel biodigestore finiscano effluenti zootecnica, sanse di frantoio, vinacce da cantina ed altri sottoprodotti agroalimentari ancora meglio per l’ambiente e per la terra, tanta chimica in meno nelle nostre campagne.
La nostra organizzazione assiste attonita a distorsioni nella interpretazione delle norme. Ed è naturale chiedersi:  chi ha interesse a bloccare una economia sostenibile, pulita, redditizia che per una volta porta benessere agli agricoltori e ricchezza vera alla nostra regione?”
 

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