In tema di ritardi culturali dell’Italia ed in primis del mondo imprenditoriale una nuova notizia si aggiunge allo “scippo” greco delle, piccole, apparecchiature per la produzione di energia tramite una processo, scoperto a Bologna, di “fusione fredda” di cui è prevista la commercializzazione ai primi dell’anno prossimo da parte della greca DefKalion.
Ora anche l’ americana Ampenergo si è assicurata il mercato americano: Nord America, Centro America, Sud America e Caraibi.
Ma anche in un campo più tradizionale, quello nucleare, si sta realizzando fuori dall’Italia quello che era stato proposto alcuni anni fa dall’italiano Carlo Rubbia: in India entro un anno apriranno una nuova centrale nucleare alimentata a torio, di cui lo scienziato italiano aveva parlato anche in Umbria a Massa Martana lo scorso anno.
Niente più uranio o plutonio per alimentare le reazioni nucleari, ma il torio. Un elemento questo presente in quantità maggiori sulla Terra e in grado di produrre energia a temperature decisamente più basse.
Un sistema che avrebbe vantaggi:
• le reazioni che generano l’energia sono indotte, vanno continuamente stimolate rendendo così sostanzialmente impossibili le esplosioni;
• il precedente punto porta direttamente al secondo, ovvero che la relativa sicurezza garantirebbe tempi e costi minori di realizzazione;
• il torio è presente in molti paesi, Italia compresa, e anche nei paesi meno sviluppati.
• dal torio non è possibile estrarre plutonio ed è di conseguenza impossibile produrre ordigni nucleari;
• a parità di peso, la produzione energetica rispetto ad un impianto alimentato ad uranio sarebbe fino a 250 volte maggiore;
• la radioattività delle scorie di torio avrebbe un’emivita (una durata nel tempo) di gran lunga minore rispetto ai 24mila anni circa rispetto all’uranio.
Vantaggi che avrebbero delle limitazioni:
• non esiste, a meno dell’auspicata fusione fredda, un nucleare totalmente pulito e sicuro. I rischi per l’ambiente, seppur attenuati, rimangono;
• la questione salute pubblica: minori pericoli di radiazioni e quindi di complicazioni, ma rischi comunque non azzerati;
• necessità inevitabile di stoccare le scorie generate, che per quanto conservino la radioattività per un lasso di tempo minore (di cui non si hanno in effetti dati troppo precisi, si va dai 30 ai 500 anni a seconda della fonte informativa) e si quantitativamente molto minori richiedono comunque un’attenta gestione;
• anche il torio prima o poi finirà.
Purtroppo c’è da concludere che in Italia si ama guadagnare tanto e "facile facile".
Fortunatamente, se l’Italia fa partire occasioni di sviluppo, esporta anche speranze.
Con 129 sacche di sangue cordonale esportate, provenienti dalla rete delle banche pubbliche italiane, l’Italia nel 2010 è entrata nella ‘top five’ dei paesi maggiori esportatori ed è al quinto posto secondo i dati del Registro italiano donatori midollo osseo IBMD
Il sangue prelevato dal cordone ombelicale alla nascita dei bimbi, può offrire una speranza di trapianto, e dunque di vita, a persone che hanno urgente bisogno di staminali ematopoietiche, e tra questo molti bambini e adulti affetti da malattie rare.