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Presentato in alternativa un progetto a freddo alla Commissione bicamerale che indaga sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti
cementificio
La Direttiva 98/2008 del ParlamentoEuropeo ed il Dlgs. 3 dicembre 2010 n. 250 (art. 4 comma 2 e 6) che stabiliscono un «ordine di priorità» nella quale il riciclo dovrebbe essere preferito alla valorizzazione energetica dei rifiuti, in quanto rappresenta la migliore opzione ambientale.
Con questa logica è stata presentato dalla  dott.sa Margherita Bologna, un progetto alla Commissione bicamerale che indaga sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti.
La proposta progettuale comprende quattro impianti (+1) che selezionano i rifiuti a freddo (trattamento meccanico-biologico) e riducono dell’ 80- 90% i rifiuti da incenerire. Gli impianti descritti sono già tutti operativi in Italia.
Per il 10-20% dei materiali postconsumo  la soluzione impiantistica, possibile, che manda completamente in soffitta gli inceneritori, è il mulino Thor.
Di un dibattito concreto intorno a questa possibilità in Umbria non c’è traccia. Però l’Umbria è sulla bocca dei pugliesi del Salento per un’iniziativa che colà vorrebbe realizzare un cementificio che nella regione umbra ha la sua sede.
Un’iniziativa che è stata presentata anche in Umbria e che potrebbe divenire attuale, come già adombrato nel consiglio provinciale di Perugia.

Nel Salento scrivono “Un cementificio di una ditta non locale,… con sede.. in Umbria, che oltre a bruciare combustibili fossili e avvelenare l’aria, oggi vuole anche bruciare nelle sue fornaci, l’iperincentivato CDR, (Combustibile da  Rifiuti), persino proveniente da rifiuti neppure locali!!! Il tutto per aumentare gli introiti e rimanere competitiva a spese dei salentini, dove gli studi epidemiologici rivelano crescenti picchi nell’incidenza di malattie tumorali e non solo, anche con comparsa di patologie prima sconosciute localmente, come denunciato dalla LILT, Lega Italiana per la Lotta ai Tumori e dal suo direttore locale, l’oncologo dell’ Ospedale di Casarano, Giuseppe Serravezza, eroe nella lotta agli inquinanti e agli scempi della Green Economy Industriale, appoggiato nella sua azione di denuncia ambientalista a 360°, anche dai locali frati francescani della comunità di Galatina, primo fra tutti il giovane Fra’ Ettore, e da numerosissimi comitati civici ambientalisti! “

Tornando alla proposta della prof.ssa Bologna essa si concreta in:
•impianto di produzione di biogas dalla frazione organica (ed elettricità mediante
cogenerazione) insieme a compost di qualità mediante trasformazione aerobica del
"digestato" risultante dal processo di trasformazione anaerobica.
•impianto selezione meccanica rifiuto secco con tecnologia NIR (vicina all’infrarosso).
•impianto di estrusione delle plastiche comunemente considerate non riciclabili.
•impianto di separazione dei rifiuti che provengono dallo spazzamento delle strade.

Significativo quanto scrive l’esperta: “Gli impianti TMB consentono la produzione di biogas ed elettricità per cogenerazione senza immettere nell’atmosfera grandi quantitativi di CO2. Per produrre un kWh un inceneritore ne produce 940 grammi, più di un impianto tradizionale a carbone.
Se gli impianti di incenerimento dovessero acquistare sul mercato i permessi di emissione
dovrebbero pagare 10-15 euro per tonnellata.”
Ed inoltre “gli inceneritori trasformano una quantità di rifiuti visibili in una quantità maggiore di rifiuti invisibili ma molto più dannosi per la salute. L’eterogeneità dei materiali bruciati è causa di reazioni chimico-fisiche mutevoli e imprevedibili.
Oltre alle emissioni inquinanti conosciute il 90% delle sostanze emesse è a tutt’oggi ignoto. Inoltre vengono prodotte tonnellate di particolato ultrafine e un quantitativo di ceneri di fondo equivalente al 30% in peso del materiale bruciato, più le ceneri volanti, anch’esse altamente tossiche. “

Parrebbe quindi chiaro che usare il cdr negli inceneritori produrrebbe un inquinamento di grandi dimensioni mentre aderendo alla proposta della dott.ssa la sola parte di rifiuti che alla fine finirebbe a dover essere bruciata non supererebbe il 20% del totale e questa quantità avrebbe caratteristiche tali da essere paragonabile al carbone di miglior qualità.
Parrebbe altrettanto chiaro che chi è interessato a bruciare il Cdr ( combustibile da rifiuti) lo farebbe perché guadagnerebbe due volte: prima per eliminare ( si fa per dire) i rifiuti poi vendendo l’energia elettrica.
Bruciando, invece, solo il prodotto finale di Thor lo si dovrebbe pagare come un qualsiasi altro combustibile
.

Thor è un mulino che raffina i materiali residui di qualsiasi tipo con un processo meccanico
basato su sfere di acciaio
. La pressione esercitata sui materiali attraverso ripetute azioni
d’urto, e l’attrito a cui questi sono sottoposti, destruttura la materia rompendo i legami
molecolari e riducendola a dimensioni micrometriche.
In questo modo dai rifiuti residui vengono recuperate particelle di materie prime come i metalli a loro volta riutilizzabili, e un CDR purificato da scorie tossiche come lo zolfo e gli idrocarburi policiclici, che può essere usato in qualsiasi tipo di sistema termico.
Questa tecnologia per il trattamento delle quantità residuali di rifiuto è molto più in linea
con gli obiettivi di sostenibilità nella gestione dei materiali postutilizzo degli inceneritori.

La conclusione della proposta dell’esperta lascia aperta una sola domanda: in Umbria la conoscono?
"La costruzione dei moderni impianti di TMB proposti richiede tempi di realizzazione molto
più brevi rispetto agli inceneritori (al massimo 18 mesi) e costi inferiori
. In alcuni casi, per
intervenire in situazioni di emergenza e risolvere con tempestività i problemi da affrontare, il
fattore "tempo" è rilevante. Tra l’altro il D.Lgs. 36/03, Attuazione della direttiva 1999/31/CE
relativa alle discariche dei rifiuti, sancisce l’obbligo di pretrattamento ed esige tempi di
applicazione rapidi.
"Paragonate all’incenerimento, le alternative sono in effetti economicamente vantaggiose.
Come indicano la maggior parte degli studi sui costi, in tutti i casi, il costo per l’investimento
ed il funzionamento dei metodi alternativi è inferiore del 30% secondo la stima realizzata in
Corsica, risparmio che potrebbe arrivare al 50% secondo la stima realizzata dalla comunità
di Clermont
" Inoltre gli impianti possono essere collocati in una delle tante aree produttive dismesse riducendo ulteriormente i costi degli investimenti.

 

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