Condividi su facebook
Condividi su twitter
Ampia materia di riflessione dopo l'intervista a "la voce" di Mario Tosti, ordinario di Storia moderna, docente di Storia della Chiesa presso l’Istituto teologico di Assisi e presidente dell’Istituto per la Storia dell’Umbria contemporanea
mappa_foibe

Anche se spesso le più grandi tragedie umane non hanno un perché apparente, qualche volta chi soffre dovrebbe chiedersi se non vi sia qualche responsabilità precedente dei propri rappresentanti, se non loro stessa.
Questo è un pò anche il messaggio del noto detto "le colpe dei padri ricadono sui figli" oppure di quello "chi semina vento raccoglie tempesta".

E’ questo, in parte, il senso di un intervento su “La voce”, settimanale cattolico dell’Umbria, di Mario Tosti, ordinario di Storia moderna, docente di Storia della Chiesa presso l’Istituto teologico di Assisi e presidente dell’Istituto per la Storia dell’Umbria contemporanea (Isuc) che ha pubblicato il volume Istria, Fiume. Dalmazia, laboratorio d’Europa.

Il discorso del docente muove le mosse dal fatto che la presenza di slavi in Umbria data e non per loro scelta all’inizio degli anni ’40 del secolo scorso “Tra il 1941 e il 1943, in Umbria vennero ubicati dei campi di concentramento destinati agli “ex jugoslavi”, ovvero i civili abitanti nei territori occupati dall’esercito italiano e annessi al’Italia. Colfiorito, Pietrafitta e Ruscio furono teatro della deportazione”.
Quando Tosti spiega il perché c’è ampio materiale per riflettere prima di tutto su un principio che viene dalla fisica ma che si applica molto bene alle vicende umane ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”, in cui ben pochi sono disposti a seguire l’insegnamento di Gesù: porgi l’altra guancia.

Perché dunque tanta ferocia contro gli italiani in Istria?
Forse non è la sola risposta, ma quella del docente è chiara:” L’lstria è stata per secoli una terra di incontro, e purtroppo anche di scontro, tra slavi e italiani.
Il Regno d’Italia, nato 150 anni fa, si trovò a governare una regione in cui vivevano circa 500.000 slavi. Forse poteva essere l’occasione per costruire una convivenza pacifica fra le due popolazioni.
Invece i Governi italiani cercarono di ‘italianizzare’ con la forza gli slavi.
Le violenze divennero sistematiche durante il fascismo
: i giornali slavi vennero chiusi; le lingue slave (sloveno e croato) vennero escluse dall’insegnamento nelle scuole di Stato; fu imposta l’italianizzazione dei cognomi slavi; addirittura le Squadre d’azione fasciste minacciarono chiunque parlasse in sloveno o in croato per strada o nei locali pubblici.

Si giunse alla deportazione degli slavi..” un qualche cosa accaduto che rischia di essere "rimosso" dalle coscienze, al pari della lunga rimozione delle "foibe", con ciò creando i presupposti perchè tutto, magari sotto altro nome o luogo, ricominci.

condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter