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La caccia al cinghiale in battuta è diventata “il campionato di calcio venatorio” dove la squadra che raggiunge il numero più alto di cinghiali abbattuti  vince” lo scudetto"
cinghiale

Quando 20-25 anni fa il numero dei cinghiali aumentò a tal punto da procurare seri danni alla agricoltura e indurre cospicui costi per i conseguenti rimborsi, si escogitò di punto in bianco il sistema della caccia in squadra per poterlo limitare. All’epoca nessuno si accorse che erano stati fatti due grandi errori: il primo fu quello di aver consegnato il sistema caccia alle esigenze del mondo agricolo (e non, come razionale, a quelle più complessive della tutela ambientale); il secondo, il più dirompente, gli analisti di scuola anglosassone lo definirebbero “omissione della valutazione di risultato e del calcolo preliminare degli effetti indotti”. In parole povere non si è calendarizzato alcun serio censimento annuale del numero dei cinghiali presenti a fine e inizio di ciascun anno venatorio (da cui si sarebbe potuto tranquillamente evincere che il numero nella migliore delle ipotesi è stato sempre lo stesso) né si è mai realizzata alcuna valutazione degli effetti più o meno sgradevoli che l’applicazione di quel modello (come in tutti i progetti avrebbe portato con sé.
Ripercorriamoli (quelli sgradevoli): subcultura venatoria sempre più aggressiva (la caccia al cinghiale in battuta è diventata “il campionato di calcio venatorio” dove la squadra che raggiunge il numero più alto di cinghiali abbattuti  vince” lo scudetto”, con il suo  “capocannoniere”- colui che uccide il più alto numero di cinghiali- e il ”fuoriclasse”- chi uccide il cinghiale con il tiro più bello e più distante);  conseguente sempre più precario livello di sicurezza e aumento dei casi di ausiliari danneggiati, nonché esportazione dello stesso modello venatorio anche per altre specie; padronanza assoluta da parte delle Squadre dell e“zone assegnate” e di quanto in esse contenuto (ragionamento tipo: la zona è mia, il cinghiale dentro è il mio, ci spendo i soldi per mantenerli e quindi…); aumento abnorme della pressione venatoria, consentita da appositi trabocchetti procedurali contenuti nel calendario venatorio ed emarginazione dei tipi di caccia tradizionali; limitazione delle libertà individuali del semplice cittadino che vuole fare una passeggiata, coltivare i campi, etc; infine induzione di un business atipico fatto di commercio di carni e cereali e maialone, riscossione di  premi assicurativi per danni ad ausiliari, maggiori introiti per Riserve.
Vabbene, si dirà, cosa ci vuole a cambiarli? Si parla con i politici, le Associazioni, d’altronde sono cose così evidenti! Una parola! E’ francamente impossibile oggi rivedere il modello perché gli interessi di cui sopra, degli squadracinghialari che si divertono a poco prezzo in zone di fatto di loro proprietà e non a caso ci hanno costruito sopra una solida associazione regionale che funziona come un partitino, dei politici che ci lucrano sopra l’appoggio elettorale, delle associazioni, meglio dei loro vertici, che si autoprocastinano con meccanismi bulgari di elezioni, dei Riservisti che etc etc… (inutile proseguire tanto tutti hanno capito: si tratta della Casta Venatoria Umbra, che, beninteso, fa il proprio interesse secondo le regole, che, con accortezza, si è premurata di scrivere. Quindi nulla extralegem), sono così intrecciati e consolidati che occorrerebbe una rivoluzione e mezzo Robespierre a tempo pieno.
Allora partita persa? Certamente per quanto riguarda la revisione totale del modello venatorio. Almeno fino alle prossime elezioni. Non del tutto se vogliamo salvare il salvabile.
Salviamo l’ambiente: ogni anno migliaia di carcasse vengono abbandonate nei boschi, talvolta in grossi teli di plastica, con la spiegazione che tanto ci pensano le volpi( sic!), con un conseguente grave danno ambientale. Proposta: vediamoci con i Servizi di prevenzione e le Associazioni Ambientaliste per studiare procedure più snelle e meno onerose di smaltimento.
Salviamo l’uomo dai troppi incidenti. Nella battuta classica, sia per la conformazione del nostro territorio che non è solo boschivo sia per il numero dei partecipanti, anche al miglior capo battuta riesce difficile garantire lo sparo frontale. Poi l’utilizzo della carabina con puntatori, laser, cannocchiali, un caricatore fino a dodici proiettili, ha mutato  lo sparo utile da 20 a 400 metri e la media di quei cacciatori tende a sparare a raffica, in anticipo, altre volte a strappo; in molte abitazioni rurali si dice che vengano ritrovati i segni di queste pallottole vaganti. Se tanto mi da tanto….  Proposta: concentriamoci sull’aumentare il numero dei cacciatori di selezione (per definizione  molto più professionali, infatti non si ricordano incidenti in questo sistema di caccia) e studiamo intanto la possibilità di altre forme più sicure. 
Salviamo i cani (e non dai cinghiali!). Proposta: verifichiamo con l’Ordine dei Veterinari e con le Assicurazioni se veramente il numero di segnalati incidenti è aumentato, dopodiché…
Salviamo la caccia alla migratoria. Quà, ad onestà del vero, il discorso va allargato: gli eccidi praticati all’estero dagli Italiani, uniti al fatto che in alcuni Stati non esistono limitazioni (si caccia ogni giorno della settimana, senza limitazione di carniere, con un commercio vastissimo di animali morti: pensiamo soltanto che tutte le polente con gli osèi del Nord sono condite con migliaia di allodole che provengono dai paesi slavi) stanno portando di fatto ad una forte riduzione della migratoria sul nostro territorio.
Proposta: convochiamo i parlamentari  anche europei e impegnamoli in una battaglia perché in ogni stato europeo (soprattutto in quelli che vogliono entrare in Europa) si adotti un unico codice etico di comportamento venatorio, la cui inosservanza comporti una serie di penalizzazioni.
Salviamo la beccaccia: questo stupendo animale non solo deve subire la pressione venatoria di cui sopra (pensate che nel Nord Europa viene cacciata anche quando è in branco ed è quasi neonata) ma anche la violenza brutale di squallidi figuri che, nelle nostre zone, la aspettano sera e mattino presto e la uccidono nel momento in cui va a mangiare o a dormire e pratica un volo dolce da farfalla, non concedendo ad essa il diritto a salvarsi dallo sparo. Beninteso questo metodo è vietato ma se il figuro viene colto sul fatto se la cava con 100 euro di multa. Se consideriamo che al mercato nero una beccaccia può anche essere venduta a 200 euro, si capisce il perché di questo eccidio indiscriminato che elimina l’80% degli esemplari che arrivano. Proposta: chi viene beccato deve rinunciare alla licenza per almeno tre anni e  pagare un minimo di 2000 Euro di multa.
Fatte queste cose (se ci riusciremo) saremo già sul ciglio delle elezioni, dove, vista la noncuranza dei partiti tradizionali verso le nostre rivendicazioni, non ci rimarrà che presentare nostre liste con nostri candidati in ogni collegio.

Carlo Vannini – Progetto Cacciagiusta

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