Da luglio 2009 il Comune di Castiglione della Pescaia, in accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, la collaborazione dell’Impresa Archeologica Intrageo di Todi e la Sez. Archeologica “Isidoro Falchi” di Vetulonia”, hanno dato vita ad un progetto di nuove indagini che hanno previsto una serie di campagne di scavo nel vocabolo Poggiarello Renzetti di Vetulonia, ripetute nei mesi di settembre, dicembre 2009 e per ultima nel mese di maggio 2010.
Vetulonia è un piccolo borgo di poche anime nel comune di Castiglione della Pescaia, su una collina dirimpetto al mare toscano. Affacciandosi dalla rupe, lungo il lato in cui sorgono le imponenti mura poligonali con fondamenti a blocchi irregolari che circondavano l’arce, si crede persino di vedere l’ormai estinto lago Prile, che occupava la pianura e si collegava al mare, ma che già in epoca romana andava chiudendosi, per impaludarsi completamente nei secoli successivi, almeno fino alle bonifiche di tempi recenti.
Gli scavi condotti tra la fine del XIX secolo e gli ultimi decenni del XX hanno dimostrato che Vetulonia fu distrutta da un incendio nella prima metà del I sec. a.C. , per riprendere vita nel corso della prima età imperiale, come testimonierebbero anche le domus augustee nel quartiere di Costa Murata.
La ricerca partiva dal versante meno noto della collina, quello verso est, riallacciandosi allo scavo di una domus indagata anni addietro da Mario Cygielman della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana.
Le prime scoperte rimandavano a un tratto di strada basolata che percorre in direzione NE-SW volgendo al colle e che si ipotizzava servire le due strutture che la affiancano. Seguendo questo tratto si rileva una costruzione muraria composta da blocchi di grandi dimensioni, con lo stesso orientamento del basolato e una serie di strati di galestro vivo lasciati a vista che al momento della scoperta lasciavano pensare a una sorta di rampa o strutture a gradoni che salivano verso la cima del colle.
Successivamente si è proceduta con l’indagine in profondità dell’edificio localizzato lungo il lato ovest della strada. Nel corso delle campagne è stato possibile definire la sua funzionalità rustica grazie alla presenza di almeno 4 grandi contenitori (dolia per la conservazione delle derrate alimentari, conservati nella loro interezza e posti in situ), alcune anfore e ultimamente grazie anche alla scoperta di una pavimentazione in pietra a blocchi squadrati all’interno di un piccolo ambiente servito da canalette per il deflusso delle acque. Sulla cresta di un muro-tramezzo rasato (probabilmente per ampliare il vano di lavoro) è stata recuperata una colonnina in pietra modanata con accanto un’arula parallelepipeda (del tipo già noto a Vetulonia) con una una serie di 5 monete in bronzo, una sorta di tesoretto.
Non è ancora possibile stabilire con certezza le dimensioni di questa struttura, difatti, sebbene l’ estensione della parte già in luce sia di oltre 100 mq, le mura continuano oltre la sezione scavata.
L’impianto si sviluppa con orientamento E-W e sembra di poter affermare con certezza la presenza di almeno due fasi costruttive fino all’incendio che nel 79 a.C. mette fine alla vita di questi ambienti. La conservazione delle strutture in alzato è notevole e raggiunge in quota di fondazione una misura di circa 160 cm, per una larghezza di cm 70 per i muri portanti perimetrali.
Vetulonia è un piccolo borgo di poche anime nel comune di Castiglione della Pescaia, su una collina dirimpetto al mare toscano. Affacciandosi dalla rupe, lungo il lato in cui sorgono le imponenti mura poligonali con fondamenti a blocchi irregolari che circondavano l’arce, si crede persino di vedere l’ormai estinto lago Prile, che occupava la pianura e si collegava al mare, ma che già in epoca romana andava chiudendosi, per impaludarsi completamente nei secoli successivi, almeno fino alle bonifiche di tempi recenti.
Gli scavi condotti tra la fine del XIX secolo e gli ultimi decenni del XX hanno dimostrato che Vetulonia fu distrutta da un incendio nella prima metà del I sec. a.C. , per riprendere vita nel corso della prima età imperiale, come testimonierebbero anche le domus augustee nel quartiere di Costa Murata.
La ricerca partiva dal versante meno noto della collina, quello verso est, riallacciandosi allo scavo di una domus indagata anni addietro da Mario Cygielman della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana.
Le prime scoperte rimandavano a un tratto di strada basolata che percorre in direzione NE-SW volgendo al colle e che si ipotizzava servire le due strutture che la affiancano. Seguendo questo tratto si rileva una costruzione muraria composta da blocchi di grandi dimensioni, con lo stesso orientamento del basolato e una serie di strati di galestro vivo lasciati a vista che al momento della scoperta lasciavano pensare a una sorta di rampa o strutture a gradoni che salivano verso la cima del colle.
Successivamente si è proceduta con l’indagine in profondità dell’edificio localizzato lungo il lato ovest della strada. Nel corso delle campagne è stato possibile definire la sua funzionalità rustica grazie alla presenza di almeno 4 grandi contenitori (dolia per la conservazione delle derrate alimentari, conservati nella loro interezza e posti in situ), alcune anfore e ultimamente grazie anche alla scoperta di una pavimentazione in pietra a blocchi squadrati all’interno di un piccolo ambiente servito da canalette per il deflusso delle acque. Sulla cresta di un muro-tramezzo rasato (probabilmente per ampliare il vano di lavoro) è stata recuperata una colonnina in pietra modanata con accanto un’arula parallelepipeda (del tipo già noto a Vetulonia) con una una serie di 5 monete in bronzo, una sorta di tesoretto.
Non è ancora possibile stabilire con certezza le dimensioni di questa struttura, difatti, sebbene l’ estensione della parte già in luce sia di oltre 100 mq, le mura continuano oltre la sezione scavata.
L’impianto si sviluppa con orientamento E-W e sembra di poter affermare con certezza la presenza di almeno due fasi costruttive fino all’incendio che nel 79 a.C. mette fine alla vita di questi ambienti. La conservazione delle strutture in alzato è notevole e raggiunge in quota di fondazione una misura di circa 160 cm, per una larghezza di cm 70 per i muri portanti perimetrali.
L’importanza di quest’ultima campagna di scavo è nell’aver individuato quasi intatti i mattoni in argilla, insieme a una serie di dati archeologici importanti mai emersi finora.
“Si tratta dei resti migliori che siano mai stati trovati in Italia, che ci permetteranno finalmente di venire a conoscenza con nuove tecniche legate all’edilizia etrusca che fino ad oggi non conoscevamo”, ha affermato la direttrice del Museo Civico Archeologico di Vetulonia, Simona Rafanelli in occasione della conferenza stampa d, alla presenza del team di scavo, del vicesindaco Sandra Mainetti, dello sponsor Monte dei Paschi di Siena e dei giornalisti.
E in effetti, la presenza cospicua di tracce di travi in legno carbonizzato, rinvenute all’interno del vano miste a chiodi di notevoli misure, fa ipotizzare l’esistenza di un secondo piano, con pavimento in legno e un tetto coperto da coppi e tegole.
Ma non solo. Il recupero eccezionale dei mattoni in argilla cruda,di varie dimensioni, ancora legati l’uno all’altro e crollati sullo strato pavimentale, permette quantomeno di ipotizzare che l’alzato dei tramezzi interni fosse realizzato in mattoni (forse gettati su una fondazione in pietra), e fornisce informazioni su come questi venissero tra loro legati. Va aggiunto poi il ritrovamento di grandi blocchi di intonaco realizzati in argilla cruda con incannicciata e rivestito da un intonaco spatolato più sottile e raffinato di colore bianco.
Questi materiali non erano mai stati trovati finora, qui, invece, si sono conservati per un caso del tutto fortuito, difatti il forte calore sprigionato dall’intavolato e dalle travi in fiamme, ha cotto l’argilla cruda che, altrimenti si sarebbe completamente dissolta con il passare dei secoli.
“Si tratta dei resti migliori che siano mai stati trovati in Italia, che ci permetteranno finalmente di venire a conoscenza con nuove tecniche legate all’edilizia etrusca che fino ad oggi non conoscevamo”, ha affermato la direttrice del Museo Civico Archeologico di Vetulonia, Simona Rafanelli in occasione della conferenza stampa d, alla presenza del team di scavo, del vicesindaco Sandra Mainetti, dello sponsor Monte dei Paschi di Siena e dei giornalisti.
E in effetti, la presenza cospicua di tracce di travi in legno carbonizzato, rinvenute all’interno del vano miste a chiodi di notevoli misure, fa ipotizzare l’esistenza di un secondo piano, con pavimento in legno e un tetto coperto da coppi e tegole.
Ma non solo. Il recupero eccezionale dei mattoni in argilla cruda,di varie dimensioni, ancora legati l’uno all’altro e crollati sullo strato pavimentale, permette quantomeno di ipotizzare che l’alzato dei tramezzi interni fosse realizzato in mattoni (forse gettati su una fondazione in pietra), e fornisce informazioni su come questi venissero tra loro legati. Va aggiunto poi il ritrovamento di grandi blocchi di intonaco realizzati in argilla cruda con incannicciata e rivestito da un intonaco spatolato più sottile e raffinato di colore bianco.
Questi materiali non erano mai stati trovati finora, qui, invece, si sono conservati per un caso del tutto fortuito, difatti il forte calore sprigionato dall’intavolato e dalle travi in fiamme, ha cotto l’argilla cruda che, altrimenti si sarebbe completamente dissolta con il passare dei secoli.
“Oggi qui si riscrive la storia” è la conclusione del discorso della Dott.sa Rafanelli , aggiungendo che si tratta “di un caso unico in Italia anche perché con quello che abbiamo trovato fino ad oggi, saremmo in grado di ricostruire per intero tutta la casa”.
Oltre il cospicuo materiale in ceramica, abbiamo recuperato pregevoli maniglie in ferro forse pertinenti ad una una porta, un raffinato elemento in bronzo probabile rivestimento per una gamba di un mobile di legno, un grande cardine da stipite, ganci, spiedi, coltelli, pesi in pietra e in terracotta, macinelli, affilatoi, tutti oggetti che permettono di aggiungere interessanti informazioni agli arredi, all’uso e alla struttura interna di quella parte dell’abitazione.
Persino il rinvenimento dei dolia ancora in situ (e in piedi) fornisce dati sul posizionamento dei grandi contenitori all’interno dei magazzini, in questo particolare caso, racchiusi tra il muro perimetrale un transetto costruito ad hoc.
Secondo una prima ipotesi, la casa doveva appartenere ad un proprietario importante, inoltre sono evidenti tracce di modifiche ed ampliamenti dell’edificio nel corso del tempo. Non resta che attendere la prossima campagna di scavo fiduciosi in altrettante esaltanti notizie.
Oltre il cospicuo materiale in ceramica, abbiamo recuperato pregevoli maniglie in ferro forse pertinenti ad una una porta, un raffinato elemento in bronzo probabile rivestimento per una gamba di un mobile di legno, un grande cardine da stipite, ganci, spiedi, coltelli, pesi in pietra e in terracotta, macinelli, affilatoi, tutti oggetti che permettono di aggiungere interessanti informazioni agli arredi, all’uso e alla struttura interna di quella parte dell’abitazione.
Persino il rinvenimento dei dolia ancora in situ (e in piedi) fornisce dati sul posizionamento dei grandi contenitori all’interno dei magazzini, in questo particolare caso, racchiusi tra il muro perimetrale un transetto costruito ad hoc.
Secondo una prima ipotesi, la casa doveva appartenere ad un proprietario importante, inoltre sono evidenti tracce di modifiche ed ampliamenti dell’edificio nel corso del tempo. Non resta che attendere la prossima campagna di scavo fiduciosi in altrettante esaltanti notizie.