Di nucleare si parla molto. Questo perché, nel 2009, l’Italia si è dotata di una legge che dovrebbe portare alla costruzione di nuove centrali nel giro di un decennio. Con questa premessa continuare a parlare del nucleare in termini “accademici” è sbagliato.
Cos’è l’energia nucleare? Il vapore acqueo, imprigionato da Watt oltre duecento anni fa, è il conduttore ideale, fino ad oggi insuperato, per trasformare il calore in energia motrice che fa girare una o più turbine. Nella centrale nucleare l’ acqua viene fatta bollire grazie al calore sprigionato attraverso la fissione di atomi d’ uranio, vale a dire attraverso lo stesso meccanismo della bomba nucleare. Attualmente si parla di impianti di quarta generazione anche se sono ancora nella fase di progettazione o di sperimentazione. Questi puntano a risolvere i quattro problemi maggiori posti dalle generazioni precedenti: si punta a creare meccanismi di fissione più stabili, meno costosi, che rilasciano quantità di scorie minori e specialmente scorie non utilizzabili per creare armi.
Ma molti di questi obiettivi sono in totale contrasto tra loro e per questo non è ancora chiaro quali tecnologie si imporranno veramente; tanto che l’accusa ricorrente al nucleare è di essere un “cavallo di Troia” attraverso il quale le multinazionali dell’energia riusciranno ad evitare la trasformazione a tappe forzate dell’economia industriale verso un modello sostenibile e meno aggressivo nei confronti dell’ambiente del nostro pianeta.
Infatti mentre gli impianti che sfruttano vento e sole vedono diminuire i costi di istallazione le centrali nucleari sono costosissime. Per costruire una centrale i costruttori anticipano l’80% della cifra complessiva , per iniziare a rientrare dell’ investimento solo molti anni dopo. Inoltre la quota minoritaria dell’ atomo nella produzione di elettrico fa si che il prezzo di riferimento di mercato sia proprio quello delle fonti fossili e tentare di indovinarlo con anni di anticipo è pressoché impossibile.
Detto questo sorge un’altra problematica, il sito. I requisiti minimi per la scelta del sito sono fissati sulla base di tre parametri: sismicità, stabilità idrogeologica e densità abitativa. Inoltre le centrali sono impianti di notevoli dimensioni e hanno bisogno di un grande quantitativo d’ acqua. Quindi è abbastanza chiaro che la scelta del sito risulta essere un problema in più date le caratteristiche geo-morfologiche dell’ ambiente italiano.
Altro punto da non trascurare è l’impatto ambientale: le centrali impiegano quasi un ventennio per essere costruite e occupano mediante più territorio e più materiali da costruzione di una centrale a gas o carbone. Centinaia di tonnellate di cemento e metallo hanno un ‘ impatto ambientale notevole anche dal punto di vista delle emissioni.
Da ultimo, così come non si può ovviamente negare la buona produzione di energia elettrica, d’altra parte sono evidenti i problemi che suscita la questione dello smaltimento delle scorie. Le scelte nazionali per la gestione di questa pesante eredità sono molto diverse: gli Stati Uniti mantengono le scorie in enormi cisterne non avendo ancora trovato una via sicura di smaltimento, la Russia è la più grande e pericolosa pattumiera nucleare del mondo(in alcuni casi a cielo aperto), l’Inghilterra ha proposto la costruzione di un laboratorio sotterraneo e cosi via. Quindi si comprende bene quanto sia ancora lontano un progetto di smaltimento scorie unilaterale e soprattutto caratterizzato da requisiti di sicurezza.
In realtà lo scontro rinnovabili/nucleare in Italia potrebbe non porsi mai, perché il traguardo dato dalla Direttiva Europea di arrivare al 20% con energie rinnovabili nel 2020 sarà facilmente raggiungibile. Inoltre, nel caso che si decidesse oggi di sopperire alle carenze con la costruzione di centrali, per quella data esse, ammesso anche che fossero regolarmente in funzione, sarebbero dotate di una tecnologia già superata. Senza contare che per acquisire le enormi risorse necessarie per quel fine si dovrebbe andare a pescare nel campo delle incentivazioni per le rinnovabili.
- Intervento di Andrea Vannini - Ecodem Umbria
- 22 Aprile 2010
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