Il fatto che, anche dove è possibile la coltivazione, gli agricoltori riducano le semine è la più concreta dimostrazione che per gli ogm attualmente in commercio non c’è quella miracolosa convenienza economica che le multinazionali e i loro “tifosi” propagandano. La superficie totale coltivata ad Ogm in Europa è diminuita del 12% in un anno, e sono solo sei i paesi che coltivano Ogm
Con il recente via libera europeo alla patata Amflora ed a tre nuove varietà di mais ogm diventano 35 gli organismi geneticamente modificati autorizzati in Europa: 19 di mais, 6 di cotone, 3 di colza, 3 di soia, uno di barbabietola, uno di patata, un microrganismo. Dopo il divieto posto anche in Germania nell’aprile 2009, si sono ridotti a 6, su 27, i Paesi europei dove è possibile coltivare il mais Bt geneticamente modificato, l’unico presente nel Vecchio continente. Nessun cibo ogm è presente sugli scaffali dei supermercati europei.
La dichiarazione della Coldiretti viene dopo l’emissione da parte del Ministro dell’Agricoltura del decreto legge con cui si nega l’autorizzazione alla coltivazione di un mais biotech
Il ministro ha anche affermato che attiverà la clausola di salvaguardia comunitaria contro la patata Ogm Amflora della Basf.
Nel mondo tuttavia le coltivazioni di ogm continuano anche se “in Cina è la coltivazione intensiva di un cotone Ogm, il cotone Bt, che – dice Greeepace – contraddice tutti gli apostoli del miracolo Ogm. Il cotone Bt (che produce una tossina insetticida sintetizzata da un gene di un batterio, il Bacillus Thuringiensis, utilizzato come pesticida) è coltivato n massicciamente. E si è potuto constatare dopo diversi anni la recrudescenza di malattie secondarie come un virus delle foglie su queste coltivazioni, che obbligano i coltivatori ad utilizzare altri pesticidi. Questo comporta un sovra-costo di produzione (essendo le sementi già più onerose) per i coltivatori del cotone Bt in rapporto ai coltivatori convenzionali”.
In Italia, sottolinea la Coldiretti, “ per la conformazione morfologica dei nostri terreni e le dimensioni delle nostre aziende, non sarebbe possibile evitare le contaminazioni e sarebbe violata la sacrosanta libertà della stragrande maggioranza degli agricoltori e cittadini di avere i propri territori liberi da ogm. Serve, invece, un’etichettatura chiara che permetta di sapere se il cibo che mangiamo contiene, direttamente o indirettamente, organismi geneticamente modificati.”
E questo è un altro problema perché i mais transgenici coltivati altrove finiscono nei magimi e da qui nella catena alimentare umana