Sono le rievocazioni musicali del duo pisano Voc&Piano, formato da Aurora Pacchi e Antonella Gualandri, ad aprire nella cornice del Chiostro delle Lucrezie la seconda giornata del Todi Arte Festival. Un viaggio musicale che rielabora con originalità e un po’ di follia brani celebri del repertorio italiano dagli anni ’30 agli anni ’60.
La serata prosegue poi nella corte del Palazzo del Vignola, dove un aperitivo musicale accoglie i primi visitatori della mostra di Roberto Banfi Rossi, Evocazioni. Il pittore umbro-sabino frequenta una pittura di atmosfere trans-temporali, che coniuga le suggestioni figurative delle civiltà precolombiane ed extra-occidentali alla tradizione della pittura quattrocentesca tra Umbria e Toscana (e a tutta la tradizione pittorica classica), in una sospensione arcaica che parla con la sintassi del sogno e con le figurazioni misteriose di un inconscio collettivo. Il passato storico si incontra con un passato mitico grazie alla riemersione dei reperti di un’archeologia immaginaria, inserita in territori mentali dominati da una geologia fantastica.
Sempre al Palazzo del Vignola si è aperta la rassegna “Teatro dei miracoli – Momenti di drammaturgia contemporanea”, che ha visto in scena Gabriele Linari con una trasposizione della Lettera al padre di Franz Kafka della quale, oltre all’interpretazione, Linari ha curato anche adattamento e regia. La più dolorosa analisi del conflitto tipicamente novecentesco tra padre e figlio è immaginata dal giovane Linari su una scena scarna, dominata da luci crude che descrivono nette zone di ombra e di luce. La lettura della lettera, combinata con alcuni significativi inserti tratti dai racconti di Kafka, si muove seguendo i ritmi di una recitazione incalzante, minacciata a volte dalla monotonia, ma sempre tesa e intensa.
I gesti di Linari disegnano la geometria dell’assurdo che è il grafico dell’annichilimento del figlio al cospetto della dismisura rappresentata dall’autorità paterna. L’esile e nervoso corpo nudo di Linari rende possibile percepire fisicamente la fragilità del figlio, la sua flessibilità e arrendevolezza nei confronti dell’arbitrio assoluto di un potere cieco. Il corpo del figlio sente su di sé una colpa inestinguibile, che si misura sulla supposta sconfinata innocenza del padre e ne è il rovescio. Una colpa eterna, pre-storica, che somiglia alla colpa atavica che perseguita il popolo al quale Kafka appartiene: gli ebrei. E il corpo nudo di Linari suggerisce anche la nudità dell’esistenza che trova il suo culmine nei campi di sterminio, frutto estremo dell’esercizio di un potere che somiglia da vicino a quello esercitato dal padre di Kafka. L’assurdità ostinata della persecuzione del padre nei confronti del figlio somiglia all’assurdità scientifica delle persecuzioni naziste, che la vittima subisce con un senso di impotenza vicino all’annullamento e alla disumanizzazione. E la trasformazione dell’uomo in insetto immondo che apre la Metamorfosi è già prefigurata dalle parole del padre nella Lettera, che degradano a sub-umano tutto quanto appartiene alla sfera vitale del figlio.
L’arbitrio del padre si traduce anche nella castrazione verbale e intellettuale del figlio: sui discorsi e sui pensieri grava un’interdizione permanente, al figlio è impedito un uso della parola che non sia disperatamente intimo (e allora diventa la scrittura creativa). Linari traduce questa afasia con un singulto che interrompe il discorso, lo frammenta, lo rende sincopato, lo costringe a penose continue ripartenze.
Al figlio che non può possedersi, al quale è preclusa ogni autodeterminazione, a cominciare dal matrimonio e da un rapporto maturo con la sessualità, non resta che rifugiarsi nella parola più intima, che è quella della scrittura. I fogli strappati che riempiono il palcoscenico sono le carte dilaniate dall’indifferenza sdegnosa del padre, che genera nel figlio/scrittore un senso di colpa che lo porta a rifiutare la propria opera, a considerare i propri libri con lo stesso disprezzo col quale il padre considera il figlio.
Dal conflitto con la scrittura nasce nel figlio la disperazione di vivere la propria passività come una colpa, e di accordare al suo aguzzino il diritto alla persecuzione del debole e dell’inadatto alla vita. Oltre quest’ultima degradazione, c’è solo la morte ad attendere il figlio, e quasi a liberarlo, se non fosse che il terrore dell’autorità viene a visitarlo anche lì, anche dopo l’ultimo respiro. Le luci si spengono su una musica leggermente venata di patetismo: e i colori forse troppo tenui sono una caratteristica che minaccia l’intero accompagnamento musicale.
Per la prima serata il festival si sposta al Teatro Comunale, dove va in scena la pièce Il poeta Straniero ovvero Straniero Ugo, poeta,scritta da Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime per l’interpretazione di Roberto Herlitzka e Nancy Brilli, con la partecipazione della Rimbamband e la regia di Marco Mattolini (vedi altro servizio).
La serata si è conclusa come di consueto nel segno dei comici del cabaret di “S’è fatta notte 09”.
Il programma della terza giornata, martedì 8 settembre, prevede di nuovo alle 18 l’esibizione del duo Voc&Piano, al Chiostro delle Lucrezie. Alle 19 e 30 il “Teatro dei miracoli” propone Prove di volo per piccoli roditori, uno spettacolo scritto e diretto da Francesco Màgali per l’interpretazione di Mauro Repetto. Alle 22 al Teatro Comunale va in scena la replica di Il poeta Straniero, ovvero Straniero Ugo, poeta.
Per finire alle 23 e 30 al Teatro del Nido dell’Aquila si rinnova l’appuntamento con il cabaret di “S’è fatta notte 09”.