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"Il poeta Straniero ovvero Straniero Ugo, poeta" al Todi Arte Festival
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La vita del poeta Ugo Straniero è una pagina misteriosa della storia letteraria italiana. Esiste un libro di poesie, Poesie dell’anima
, che porta il suo nome. Maurizio Costanzo è diventato il medium che materializza i suoi versi. Si è parlato dell’esistenza di un figlio, Nicolò, che periodicamente recapita al direttore artistico del Todi Arte Festival le poesie del padre ripescate dal fondo di qualche cassetto.
Qualcuno insinua che il poeta Ugo Straniero non sia mai esistito: di certo ha vissuto sul palco del Teatro Comunale di Todi per la seconda giornata del Todi Arte Festival 2009. Ha vissuto grazie all’interpretazione di Roberto Herlitzka, che gli ha dato corpo e voce, grazie alla presenza di Nancy Brilli, che ha incarnato tutte le sue donne, e grazie al testo di Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime, che hanno scritto e affidato alla regia di Marco Mattolini lo spettacolo Il poeta Straniero ovvero Straniero Ugo, poeta.

L’esistenza di Ugo Straniero è evidentemente uno sberleffo in stile futurista. La sua evocazione, la sua ricomparsa sulla scena della letteratura italiana coincide proprio con il centenario del futurismo, al quale è dedicato lo spettacolo di Costanzo e Vaime. E al futurismo si allude subito con la messa in scena del conflitto tra il vecchio teatro borghese e il nuovo teatro dinamico futurista: scompiglio tra il pubblico, lancio di ortaggi agli attori inamidati e pioggia di volantini futuristi sulla platea.

Ugo Straniero in realtà incarna un futurismo minore e quasi crepuscolare, è un poeta mediocre e al caffè Aragno, dove si radunano i futuristi, è costretto in disparte, tenuto in scarsa considerazione, forse sbeffeggiato. Le sue poesie somigliano alle più malinconiche di Palazzeschi, che si definiva “il più infelice di tutti i futuristi”.
Straniero ha una vita domestica ordinaria, gravata dai debiti e dalla mediocrità di Esterina, una moglie che gli ricorda il manifesto futurista perché è capace, involontariamente, di distruggere la sintassi meglio di qualunque poeta. Oltre a Esterina, la donna privata e domestica, latrice del buon senso e di una ragionevolezza meschina, c’è Giuditta, la perfetta donna futurista, che invita Straniero a superare le rime, a disprezzare ogni romanticismo e a distruggere il chiaro di luna. Straniero diverte la monotonia della sua quotidianità con alcune avventure reali o solo immaginate: si intrattiene in trattoria con la generosa Aldina, popolana ignorante che vuole imparare a far finta di capire la poesia, e sogna una fuga d’amore verso nord (Ladispoli o Stoccolma) in compagnia di una donna fatale, la russa Irina. Ma ogni proposito “superomistico” è destinato a fallire per questo poeta incerto del proprio talento e della propria vocazione. Il futurismo per lui è un anelito sempre frustrato, e la sua perplessità, i suoi dubbi, la sua inettitudine rendono Straniero forse una figura più umana, e più compiutamente novecentesca rispetto ai suoi colleghi futuristi. Quando Straniero legge le parti più violente e aggressive del manifesto marinettiano, quando dietro all’elogio della guerra si scorge l’ombra del fascismo, Straniero singhiozza di sgomento, e marca la sua distanza ironica da quanto di più tragico lo strappo futurista ha prodotto sul piano storico e politico.

Il futurismo di Ugo Straniero (e quindi quello di Costanzo e Vaime) è più leggero, più scanzonato di quello dell’ortodossia marinettiana: somiglia all’avanspettacolo, si risolve in una commedia brillante dal ritmo godibile. Sono soprattutto i visuals elettronici di Francesco Scandale a riprodurre, con effetto suggestivo, l’idea futurista di decostruzione della pagina, di distruzione dell’ordine tipografico e prospettico della visione.  
Lo spettacolo alterna alla recitazione inserti musicali che lo portano verso il musical: l’effetto è confortante e confidenziale, la formula attutisce l’impeto destabilizzante della provocazione futurista e riporta tutto nell’ambito noto dello spettacolo. Anche gli skatch della Rimbamband, che probabilmente affondano le loro radici in alcune intuizioni del futurismo, e che nei loro giochi musicali suscitano qualche analogia con la musica degli intonarumori di Russolo, traducono tuttavia lo spunto eversivo del futurismo in una rassicurante estetica da cabaret.   
Lo spettacolo scivola via piacevole, senza approfondire troppo la caratterizzazione dei personaggi, rimanendo in equilibrio su una trama esile che spesso diventa pretesto per mettere in scena le trovate spettacolari della Rimbamband. E l’angoscia e lo sconforto del poeta Straniero, tormentato dai fantasmi delle sue donne e dei suoi fallimenti, sono destinati a dissolversi nell’esplosione finale di musica e colori.

Il teatro non è gremito: gli ultimi due ordini di palchi sono vuoti. Il pubblico è travolto dalla sindrome della diva: applaude spesso in modo inconsulto al solo manifestarsi di Nancy Brilli. Nel complesso è divertito, e perfino troppo reattivo, sensibile soprattutto alle gag musicali della Rimbamband.

Il poeta Straniero ovvero Straniero Ugo, poeta andrà in replica questa sera, sempre al Teatro Comunale, alle ore 22.

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