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 Compagnia Settimo Cielo - di Francesco Magali con Maurizio Repetto scene e costumi Andrea Stanisci consulenza musicale Guido Ferreccio regia Francesco Magali
megali

Gaetano Scuderi è architetto, ma fa il designer. Già da piccolo nella natia campagna messinese costruiva grattacieli fatti di cartone, almeno fino a quando, un brutto giorno, le sue ardite costruzioni in miniatura furono spazzate via in un attimo dall’acqua per irrigare, improvvisamente liberata nel canale dove aveva eretto i suoi visionari palazzi. Fu un grave trauma, anche se nessuno potrà mai stabilire quanto il nefasto evento influì sulla scelta , una volta ottenuta la laurea, di dedicarsi al design. Un suo compagno d’armi, certo Paride
Zanon, rampollo di una famiglia di piccoli industriali del Nord, era andato a trovarlo nell’atavica casa di famiglia, popolata di nonne, mamme, zie, bambini e fra le tante cugine in età da marito,
se ne era scelta e sposata una, quella che sulla carta aveva meno possibilità delle altre: Rosaria, detta “la pazza”. Di lì a poco Paride si trovò in mano le redini dell’impresa familiare e, volendo innovare tutto, scelse Gaetano come demiurgo della nuova stagione della ditta, proponendogli una sistemazione tanto allettante da convincere il nostro eroe a trasferirsi a Milano e a rinunciare ai suoi sogni di architetto. È qui che comincia la nostra storia che racconta come e perché Gaetano Scuderi, terrorizzato solo all’idea di volare, per la prima volta volò. Chissà se è vero, come comunemente si dice, che la colpa sia sempre della mamma: certo nel nostro caso i dubbi sono pochi. Per percorrere i mille e duecento chilometri che separavano il figlio dalla madre in punto di morte e farlo arrivare in tempo utile, non si poteva che ricorrere ad uno di quei terrificanti mostri volanti che chiamano aerei. Gaetano ce l’ha con quasi tutto: coi dottori, con chi si salva l’anima promuovendo campagne a base di vegetali per raccogliere fondi per la ricerca, con gli sperimentatori che giocano cinicamente sulla pelle dei topolini da laboratorio, con la hostess e il comandante femmina del deprecato velivolo, con la vicina di posto, (almeno fino a quando non scopre che ha con sé del rasserenante Valium), con la madre che lo abbandona sempre nei momenti peggiori e lo costringe a volare, con la cugina Rosaria che aveva promesso di tenergli la mano durante il viaggio e invece, all’ultimo momento, sparisce. Gaetano nel suo delirio esistenziale sta dalla parte dei topolini, sogna di essere alla testa di un’insurrezione che li renderà liberi; è fieramente schierato fra le scomode file dei pochi che hanno buon gusto e devono rinnegarlo in nome del mercato; si sente parte della infinita schiera degli artisti incompresi. Questo per Gaetano sarà davvero un volo particolare e non solo perché è il primo. Il nostro eroe – e noi con lui – fluttuerà, volente onolente, negli abissi delle sue paure, subirà i vuoti d’aria di paradossali contraddizioni, si impennerà drammaticamente ribelle contro il dolore e la perdita, planerà sulle soffici nuvole di sogni consolatori. All’atterraggio si troverà alle prese con un nuovo se stesso che inveisce nella
cappella dell’ospedale con il “Titolare” del sito, per poi prendere ancora una volta la palla al balzo, lanciata dalla fatale cugina Rosaria, e imbarcarsi sul volo transoceanico che lo porterà ad affrontare i rischi  della sua nuova coscienza. Il testo trae spunto da un episodio realmente accaduto ed è interessante non solo per il linguaggio anticonvenzionale, spigoloso e pluristratificato, ma anche per l’abilità di accostare situazioni di grande comicità e battute folgoranti a momenti di intensa commozione, per la capacità di far convivere deliri dell’immaginario architettonico e ancestrali evocazioni delle radici siciliane, per il gusto di alternare furiose invettive contro la morte a candide metafore sulla paura. Questo è il secondo allestimento del lavoro e fa seguito alla fortunata edizione di sei anni fa. replicata per due stagioni, che vedeva in scena l’autore della piéce (oggi in veste di regista) e che meritò lusinghieri apprezzamenti di critica e di pubblico. Lo spettacolo è molto diverso, ma anche oggi gli elementi scenici – oggetti di design e supporti di una immaginaria mostra d’arte – non sono altro che allusioni suggestive e metaforiche; i costumi rivelano tutte le contraddizioni e le velleità del nostro eroe; le musiche scorrazzano per tutta la gamma dei generi a commentare ironicamente il racconto; la recitazione accosta toni, registri, espressioni diversissimi e tutti questi elementi concorrono a sottolineare l’attualissima emblematicità di questa storia. 

Francesco Magali

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