Nuovo episodio della felice collaborazione fra un mostro sacro del nostro teatro e un particolare efficacissimo interprete della drammaturgia contemporanea, il testo, che ha raccolto negli Stati Uniti il favore unanime di pubblico e critica, racconta la storia di una madre possessiva e di suo figlio, un cinquantenne nevrotico e perennemente in viaggio, e del loro morboso rapporto raccontato attraverso uno scambio di lettere cariche di “amorevoli” accuse e invettive.
In questa relazione di amore-odio, il figlio accusa la madre di essere stata la causa della fine del suo matrimonio e di aver rovinato anche la sua vita. Dal canto suo la bizzarra e anziana signora non riesce a comprendere il motivo per cui il suo comportamento infastidisca tanto il suo amatissimo e ingrato figlio.
Nel tentativo di sfuggire al feroce controllo materno, l’uomo si sposta da un paese all’altro, cambiando continuamente indirizzo, ma, ovunque vada, viene immancabilmente raggiunto dalla corrispondenza di lei. Sempre così distanti, eppure sempre così vicini, madre e figlio, attraverso un raffinato e a tratti esilarante, gioco di fughe e inseguimenti epistolari, cercano disperatamente un possibile equilibrio nel loro profondo e avventuroso rapporto. Cosa mi ha convinto? Le risate che mi sono fatto leggendo le lettere di questo improbabile carteggio fra madre e figlio, taglienti come lame che si conficcavano ovunque. Gli strali incrociati che ho dovuto schivare mano a mano che mi addentravo in questo bizzarro “Oddio Mamma!” Tutto questo mi ha catapultato da subito su un palcoscenico ideale dove, in un batter d’occhio, l’intuizione ha preso forma, suono, movimento, colore. La materia c’era tutta, caustica, ironica, sarcastica, irriverente, con quel retrogusto di sentimento e di azzardo che rendono un testo vivo e pulsante. Per entrarci in sintonia è stato sufficiente lasciarsi travolgere. I personaggi, essenziali nella loro iperrealtà, mi hanno intrigato da subito. Con questi due voglio averci a che fare, ho pensato. Abbiamo cose da dirci. Voglio assolutamente scambiarci due chiacchiere. Anzi, quasi quasi entro nel loro gioco e gli scrivo due righe. E così è stato. Ovviamente scrivere una lettera alla sardonica Doris Levini o a suo figlio Saverio sarebbe stato troppo. Ho quindi optato per digitare un sms ai due impareggiabili compagni di viaggio. Due parole secche e stringate: “Ci sto!” Ci sto nel senso che accetto la regia. Ci sto nel senso che non vedo l’ora di nuotare in questo universo sfavillante fatto di un sole (Doris- Valeri) e del suo tormentato satellite (Saverio- Barberini). Ci sto nel senso che sono disposto a crescere tornando bambino.
FRANCA VALERI
È approdata in teatro quasi per caso, dopo aver rivelato le sue doti satiriche nei salotti mondani e intellettuali milanesi, dove dava vita a personaggi causticamente ispirati al costume contemporaneo, fatto di frivolezze e ipocrisie, fedeli specchi di un ambiente borghese. Il nome Valeri fu scelto negli anni ‘50, dopo aver letto un libro dello scrittore francese Paul Valery. Romana d’adozione, vanta una carriera eccezionale: attrice, sceneggiatrice, regista e autrice. È cresciuta nella trasmissione radiofonica “Il rosso e il nero”, dalla quale tra l’altro nasce una generazione di attori della cosidetta “commedia all’italiana”. È qui che Franca Valeri fa conoscere per la prima volta al grande pubblico il personaggio della Signorina Cesira, che passando successivamente dalla radio alla televisione, diventa la Signorina Snob, nevrotica signora milanese, ritratto delle ipocrisie della borghesia contemporanea. Il suo esordio teatrale risale al 1951, quando il Teatro dei Gobbi (che ha fondato con Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli, diventato poi suo marito), recita negli spettacoli “Carnet de notes n. 1” e “Carnet de notes n. 2”, che proponevano senza ausilio di scene e costumi, una serie di sketch satirici. Lo stesso anno recita nel suo primo film “Luci del varietà”, di Alberto Lattuada e Federico Fellini. A questo ne sono seguiti molti altri, tra i quali“Totò a colori” di Steno, “Il segno di Venere” e “Il vedovo” di Dino Risi, “Il bigamo” (L. Emmer), “Parigi o cara” (V. Caprioli), “Arrangiatevi”di Mauro Bolognini, “Rocco e i suoi fratelli” di Visconti “Io, io, io… e gli altri” e “La ragazza del Bersagliere” di Blasetti. Sempre con il Teatro dei Gobbi, nel 1954 esordisce in televisione, dove si consacrò il personaggio della Signorina Snob e più tardi della Signora Cecioni. Ha partecipato a numerose serate di Studio Uno (1966) e a molti programmi di varietà. Legata alla Scala, dove ha maturato la sua passione per l’opera lirica, si è anche cimentata come regista di melodrammi. Nel 1993, dopo una lunga assenza dal piccolo schermo, ha ripreso a lavorare in tv: “Magazine Tre” su Raitre , la sit com “Norma e Felice”, con Gino Bramieri e le serie “Caro maestro” e “Linda e il Brigadiere” con Nino Manfredi. È autrice di commedie di grande successo, come: “Lina e il cavaliere”, “Meno storie”, “Tosca e altre due”, “Le Catacombe” e “Non c’è da ridere se una donna cade”. È autrice di diversi libri come “Di tanti palpiti… divertimenti musicali”, “Animali e altri attori”, dedicato ai suoi adorati amici a quattro zampe, “Toh, quante donne!” e il recente “Tragedie da ridere – dalla signorina Snob alla Vedova Socrate”. Ma la sua passione rimane il teatro dove porta avanti con tenacia e passione il rapporto con il pubblico, vecchio e giovane. Citiamo fra gli altri gli spettacoli “Mal di ma(d)re” di Pierre Olivier Scotto, “Possesso” del Premio Nobel Abram B. Yehoshua, “Le serve” di Jenet, “La vedova Socrate” per il quale ha vinto il Premio Olimpici del Teatro 2003 quale migliore one man show. Quello che caratterizza in modo inequivocabile il suo stile, è un uso intelligente e raffinato dell’ironia: i suoi personaggi fanno riflettere su quelli che sono i vizi e le virtù della società. (Da “Sipario” 2009)
URBANO BARBERINI
divide la sua attività fra teatro cinema e televisione, dove ha lavorato anche in parecchie produzioni internazionali, come “La bibbia” (regia di R. Young), “Gor” e “Outlaw of Gor”, tratti dai
bestsellers di J. Norman, per la regia di F. Kirsch, “007 Casinò Royal” diretto da Martin Campbell. E stato protagonista de “Il diavolo sulle colline”di Vittorio Cottafavi, che partecipò al Festival di cannes 1985 e di “Demoni” di Lamberto Bava. Nel cinema ha poi recitato, fra gli altri, con registi prestigioi come Franco Zeffirelli (“Otello” – Cannes 1986), Dario Argento (“Opera”), Jerzy Skolimowsky (“Acque di primavera”, con T. Hutton, N. Kinsky, V. Golino), Lino Capolicchio (“Diario di Matilde Manzoni”), Giuseppe Tornatore (“Milonga”), Francesco Laudadio (“Signora”), Marco Filiberti (“Poco più di un anno fa” – Festival Berlino 2003), Susanna Tamaro (“Nel mio amore”) G. Scarchilli (“Mi fai un favore”), C. Amoroso (“Come mi vuoi”), A. Frezza (“L’ultimo bersaglio” accanto a Giancarlo Giannini). Nel 1990 si trasferisce in Gran Bretagna per tre anni dove interpreta il protagonista di tre serie televisive: “Tecx” (Channel Four), “Strathblair 1 e 2” (BBC 1). Per la televisione ha preso parte a numerosi film TV e miniserie tra le quali “Le montagnes bleus” (France 2 – Mediaset), “La vira cambia” (Rai 1), “Il bello delle donne” (regia Maurizio Ponzi – Canale 5), “Una sola debole voce 2” (con Licia Maglietta, Rai 1), “Maria Josè” (regia Carlo Lizzani – Rai 1), “Zodiaco” (Rai 2), “Zodiaco” (Rai 2) “Ho sposato uno sbirro” (Rai 1), “Don Zeno” (Rai 1) . In teatro ha lavorato prevalentemente in spettacoli della drammaturgia contemporanea italiana e internazionale, fra i quali citiamo: “39 Steps” (2007/08), “Processo a Giulio Cesare” (2006), “Sulle spine” di Daniele Falleri (2006), “Possesso” di Abraham B. Yehoshua (2006) con Franca Valeri, “Il giocatore” di Carlo Goldoni (2005) – con Franca Valeri, “Blue Orange” di Joe Penhall (2002), “Mal di Ma(d) re” di Pierre Olivier Scotto (1998) con Franca Valeri (1998-2007), “Via dei Serpenti” di Pino Misiti (1997).