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Contrastanti valutazioni tra il Presidente della Riserva nazionale marittima nel Mediterraneo occidentale e l'Unione mondiale della conservazione della natura
balene

Il Mediterraneo è più pulito e sta ritrovando la biodiversità anzi no, quasi un quinto delle specie animali è a rischio estinzione.
Gli scienziati si dividono sullo stato di salute del mare nostrum e delle terre circostanti. Secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto dell’Unione mondiale della conservazione della natura (Iucn) “Wildlife in a changing world”, che nell’area ha considerato nove gruppi di animali, la situazione sarebbe preoccupante.
Almeno il 56% delle specie endemiche di pesci di acqua dolce, cioè specie uniche nella regione, rischia di scomparire.
Stessa stima per delfini e balene, seguiti dal 42% di squali e razze, il 36% di granchi e gamberi, il 29% degli anfibi, il 19% delle libellule, il 14% dei mammiferi, il 13% dei rettili e il 5% degli uccelli, che corre lo stesso pericolo.
Distruzione degli habitat, inquinamento non solo chimico ma anche acustico, eccessivo sfruttamento delle risorse e altre minacce, come l’invasione di specie aliene o la cattura accidentale di animali in mare, stanno provocando pesanti perdite alla biodiversità della regione.
Ma del contrario è convinto Mike Ridell, presidente e fondatore della Riserva nazionale marittima nel Mediterraneo occidentale, che coordina il progetto Delphis 2009, dopo l’operazione della scorsa settimana che ha permesso di contare i cetacei e lo stato del mare comune lungo le coste italiane e francesi fino a Malta e al Marocco trovando numerose colonie di tartarughe marine, gruppi di delfini al largo, moltissimi banchi di pesci-luna.
Si sarebbe constatato  che queste specie si moltiplicano e questo sarebbe il segno di una biodiversità ritrovata.

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