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Il seminario si è tenuto a San Valentino, si tratta di due progetti, il primo di abbattimento dell'azoto presso l'impianto, l'altro dell'utilizzo dei batteri presso le stalle per abbattere il carico odorigeno (le puzze)
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Si è tenuto a San Valentino di Marsciano, un seminario organizzato dalla Ceam, la cooperativa degli allevatori marscianesi che conferiscono presso l’impianto gestito dalla Sia.
La sala della Pro Loco era gremita di allevatori, residenti, forze politiche e rappresentanti della Sia; incontro moderato dal presidente della Ceam, Oriando Trequattrini, che ha visto partecipare il Sindaco Chiacchieroni, Bisanzio che ha presentato il progetto di ammodernamento del biodigestore, Provvidenza, avvocato della Ceam, che ha illustrato il quadro normativo, Stefanori ha parlato della MTD per la riduzione degli impatti odorigeni negli impianti, Tobia, agronomo Sia, ha spiegato come vengono oggi trattati gli effluenti, Casagrande di Coldiretti ha parlato delle problematiche della suinicoltura oggi, e con l’intervento finale dell’assessore regionale Liviantoni.
Tema dell’incontro è stata la presentazione del “progetto per la riqualificazione dell’impianto consortile di depurazione e per il miglioramento ambientale del territorio comunale”; uno studio realizzato su commissione della Ceam stessa e diviso in due parti: nel progetto si interverrebbe sia presso il biodigestore che presso i singoli allevamenti.
Oriando Trequattrini ha fatto gli onori di casa ha introdotto il seminario, partendo dai numeri: gli allevamenti rappresentano una fonte di lavoro per 80 famiglie, per 160 dipendenti: ricordando che la genesi della struttura di Olmeto ha visto la forte partecipazione degli allevatori stessi, ha evidenziato come “dopo 20 anni di attività, non per colpa di noi allevatori, il biodigestore ha creato una situazione critica e non risponde più alle sue funzioni”.
Chiacchieroni ha salutato con interesse questo contributo portato dagli allevatori : “Ci vuole la partecipazione di tutte le forze sociali per risolvere problematiche come questa: è una cosa importante essere tutti qui insieme a parlarne, senza confronto vengono fuori solo esagerazioni”.
Si è incentrato anche sull’importanza degli allevamenti nel nostro territorio: “E’ un settore che da posti di lavoro importanti, non possiamo rinunciarci, soprattutto in questo momento di crisi”.
Ha più volte ripetuto che bisogna tutelare, nella risoluzione di questo problema, i diritti di tutti.
Si è entrati nel vivo con l’intervento di Bisanzio, della cooperativa CePaS, che ha realizzato lo studio: il tutto parte da un impianto già realizzato a Todi, sebbene sia molto più piccolo di quello di Olmeto: a Todi si trattano 50 metri cubi al giorno, contro i 600 potenziali di Olmeto.
Nella struttura di Todi si riesce ad abbattere la presenza di azoto del 100%, così da versare il prodotto finale, che esce dal trattamento, direttamente nel Tevere, nel rispetto delle tabelle.
A Olmeto il principale punto di criticità, secondo Bisanzio, è il riempimento delle lagune, che è causa dell’emergenza e dei problemi sottolineati in questi anni: bisogna intervenire subito li, magari con un progetto di abbattimento delle puzze con un processo di depurazione biologica.
E’ entrato nello specifico della direttiva nitrati, emanata nel 2002, e che stabilisce la normativa per quanto riguarda i liquami dei maiali: i 240 kg/h all’anno consnentiti corrisponderebbero, in caso di spandimento delle acque azotate nei propri terreni, a circa 70 ettari di terra, necessari ad un allevamento di 200 capi: dati impossibili da rispettare nel marscianese.
La soluzione può essere l’abbattimento dell’azoto, che può essere totale o del 95%.
Per questo è stato ipotizzato l’ampliamento dell’impianto, non come apporti di liquame, ma come strutture, prevedendo una nuova strutture per l’abbattimento dell’azoto, riprendendo fra l’altro quella che era un’ipotesi di sviluppo del lontano 1995.
Nel primo caso aumenta la spesa, ma il prodotto finale potrebbe essere scaricato nel Genna, nel secondo caso si ridurrebbe in modo notevole la terra necessaria per smaltire, con fertirrigazione, i liquami del biodigestore: si passerebbe dai 1600 h necessari oggi ai 150 h necessari in futuro.
Rimarrebbe aperta la questione delle lagune stracolme di liquame, ma intanto saper gestire correttamente i reflui in ingresso sarebbe già una soluzione importante.
E’ stata poi la volta dell’avvocato della Ceam, Provvidenza, che ha messo in evidenza come sin dall’inizio, il biodigestore è stato partecipato anche economicamente dagli allevatori stessi; “bisogna tenere conto delle necessità economiche e sociali della zona, con l’obiettivo di mantenere intatta la qualità ambientale della zona, aumentando il livello qualitativo degli allevamenti stessi”.
Stefanori ha illustrato invece un progetto, realizzato come pilota nell’allevamento di Trequattrini, che mira all’abbattimento dei carichi odorigeni presso le stalle: si basa sull’utlizzo di batteri naturali che abbattono le puzze, rendendo le stalle anche più facili da pulire per la maggior fluidità del liquame stesso, e allo stesso tempo limitano il proliferare di insetti.
Un ulteriore intervento volto a migliorare la qualità della vita della vallata, ma che ancora è solo un’ipotesi.

Fiocchetti ha illustrato l’utilizzo dell’azoto in agricoltura, evidenziando come da un lato sia fondamentale, insieme al fosforo ed al potassio, per mantenere un terreno fertile, ma dall’altro lato sia estremamente pericoloso nell’istante stesso in cui entri in contatto con le falde, diventando estremamente tossico.
“L’azoto chimico non ha odori né limiti quantitativi, ma porta alla lenta desertificazione di un terreno rispetto all’utilizzo in fertirrigazione della stessa sostanza” afferma l’agronomo della Sia “in linea generale abbattere l’azoto sarebbe una bestemmia, si spreca energia per abbattere una sostanza nutriente ed importante, ma nel caso nostro un sistema di abbattimento sarebbe invece necessario, vista la grande quantità di acque azotate che bisogna smaltire”.
Insomma un seminario che rimette in gioco il futuro del biodigestore che ad oggi, secondo le intenzioni dell’amministrazione comunale, chiuderà il 14 Agosto; motivazione ufficiale è il costo eccessivo della strutture, che perde 100.000 euro al mese.
Anche se nessuno la conferma ufficialmente, ci potrebbe essere l’ipotesi che qualche ente superiore intervenga economicamente e mantenga altri mesi in vita l’impianto, anche perchè chiuderlo velocemente il 14 Agosto significherebbe creare una vera emergenza, con laghetti di rilancio pieni nel punto cruciale della stagione estiva.

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