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Seppure tra conflitti e contraddizioni, il portale si è rivelato un luogo dentro il quale si è realizzata una ricomposizione sociale della comunità
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Due anni fa, a Todi era appena cominciata la campagna elettorale per le elezioni amministrative, un amico che parla poco ma spesso vede più lontano degli altri mi dice all’orecchio: “Collegati a iltamtam.it: Il destino delle elezioni passerà di lì.”
Quando mi sono connesso, ho avuto subito la sensazione di essere di fronte a qualcosa di molto importante. C’era uno spazio di confronto, di scontro, di dialogo, di informazione, di verifica immediata che, nella nostra città, non si era mai visto prima.
I candidati chiamati a esporsi, incalzati dalle domande. Gli annunci prontamente ribattuti. I programmi setacciati dal vaglio critico degli elettori. C’era molta confusione, certo. C’erano toni troppo accesi, c’era il rischio di cadere nella scaramuccia, c’era il problema dell’anonimato che creava una scollatura tra la comunità reale e la comunità virtuale.
Ma la sensazione era che le parole e le promesse non sarebbero più rimaste impunite. Che quello spazio offrisse la possibilità di una partecipazione diretta senza precedenti
. I politici, abituati a fabbricare comunicati blindati nel buio delle loro sezioni, dovevano uscire allo scoperto, esporsi, rispondere in tempo reale, interagire, anziché meditare le reazioni, discuterle con le gerarchie, trincerarsi dietro ambigui silenzi.

Sarebbe senz’altro eccessivo dire che iltamtam.it abbia deciso il risultato delle elezioni. La vittoria del centrodestra si spiega con un complesso di cause, delle quali si è discusso a lungo e forse non ancora con abbastanza chiarezza. Sicuramente però chi è stato capace di usare con più dinamismo questo strumento ne ha tratto notevoli benefici.
L’imbarazzo del centrosinistra, le sue difficoltà comunicative, la sua crisi di rappresentatività, che ovviamente andava ben oltre il rapporto con la tecnologia, si è rispecchiato perfettamente nel suo modo ingessato, infastidito e un po’ goffo di rappresentarsi sulla rete.
Viceversa, la rete è stata un amplificatore perfetto del dinamismo aggressivo del centrodestra, e della sua ormai proverbiale (e come ogni proverbio vera solo a metà) capacità di comunicare con gli elettori. Paradosso: i progressisti arricciavano il naso, i conservatori si buttavano furiosamente nella mischia e aumentavano il proprio consenso a suon di post.

Passata la bufera delle elezioni, che il portale ha seguito e documentato con un’efficacia e una rapidità senza precedenti, iltamtam è rimasto. Ha consolidato la propria funzione e le proprie peculiarità. Sempre di più, seppure tra conflitti e contraddizioni, si è rivelato un luogo dentro il quale si realizzava una ricomposizione sociale della comunità, in un’epoca in cui la disgregazione sociale ha mandato in crisi i modi tradizionali di vivere la politica e la vita collettiva. L’agorà, l’assemblea cittadina riviveva in rete.
E qui, prepotente, tornava il problema dell’anonimato. Che sempre di più è sembrato, in uno spazio così configurato, una modalità d’espressione impropria. Innanzitutto perché contrastava con l’evoluzione del web. La prima generazione della rete, è vero, si fondava per lo più sull’anonimato. Il nickname ne era uno degli elementi essenziali. Ma il web 2.0 sta andando nella direzione opposta.
Nell’era di Youtube, e poi di Facebook, si fa sempre più forte la connessione tra ambiente virtuale e ambiente reale. L’utente diventa protagonista, prosumer (produttore e consumatore contemporaneamente), e ci mette il proprio corpo, la propria faccia, il proprio nome. La faccia soprattutto, e il nome, sono i cardini della rivoluzione di Facebook. Quindi, e su iltamtam lo si è visto chiaramente, comunità virtuale e comunità reale dovevano tornare a coincidere perché la rete potesse sviluppare tutta la sua potenzialità. Il nesso comunità/portale che si è creato su iltamtam in un certo senso ha prefigurato questa tendenza. Quando, durante le elezioni, si inveiva contro i commenti anonimi, inconsapevolmente si intuiva una delle necessità del web 2.0. E il fenomeno Facebook, da noi, era ancora agli albori.

Dopo le elezioni, quindi, iltamtam ha continuato a svolgere la sua funzione. Soprattutto costringeva tutti gli attori della scena pubblica, come la buona informazione sempre dovrebbe fare, alla trasparenza e alla verifica costante. La capacità di informare in tempo reale metteva a dura prova la tendenza all’opacità caratteristica di un certo modo di fare politica. E questa stessa velocità rivelava, in un ambito tradizionalmente meno “coperto” dal sistema dei media come quello delle comunità locali, il potere rivoluzionario delle nuove tecnologie. L’agilità e il dinamismo de iltamtam hanno più volte dimostrato la lentezza e l’obsolescenza degli altri media. La carta stampata, soprattutto, mostrava un legame vischioso con i vecchi metodi sui quali si fondava l’opacità della politica: offrendo una mediazione che si configurava quasi come un ostacolo posto tra l’utente e il fatto. Una delle parole chiave del giornalismo online è appunto disintermediazione: vale a dire caduta del complicato sistema di barriere che separano l’utente dal nucelo dell’informazione.

Grazie a questa potente opera di disentermediazione è sempre più facile accorgersi quando il re è nudo. La libertà e l’accesso immediato alle informazioni disturbano sempre il potere. E così, sui tempi lunghi, chi aveva abilmente (e per propri esclusivi meriti, non certo per compiacenze) beneficiato del nuovo strumento, è diventato diffidente, ha preso le distanze, ha gridato alla politicizzazione della testata (sempre, quando esiste un contropotere che funziona, si tenta di delegittimarlo insinuando che è in mano agli avversari. Esempio: la magistratura). Il che, da un certo punto di vista, può essere interpretato come un ottimo segnale, nonché come la prova schiacciante dell’indipendenza e dell’imparzialità de iltamtam: l’informazione libera, imparziale, disintermediata dà sempre fastidio a chi comanda.
E’ strutturalmente, fisiologicamente d’opposizione: non perché si schieri con l’opposizione politica (accusa paradossale e ridicola), ma perché si schiera naturalmente contro la naturale tendenza del potere a nascondere il proprio funzionamento. La parabola de iltamtam lo dimostra chiaramente: sia prima che dopo la rivoluzione, ha messo a nudo le difficoltà e le contraddizioni di chi deteneva il potere.
Di questo, da cittadini, non si può che essere grati a chi, con enorme sacrificio di energie e di tempo, ha pensato, voluto, concretizzato e messo a disposizione di tutti questo esperimento.

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