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Il prestigioso locale della Capitale, simbolo della "Dolce Vita", è stato nel recente passato proprietà del Gruppo della famiglia Todini

Nell’inchiesta condotta dal Gico della Guardia di Finanza e dalla Procura di Reggio Calabria sugli investimenti della ‘ndrangheta per l’acquisto di locali commerciali di prestigio in tutta Italia, e in particolare nella Capitale, è finito anche il Cafè de Paris di Via Veneto, simbolo della “Dolce Vita” e di proprietà nel recente passato di una delle società dell’imprenditore Stefano Todini, la cui famiglia è originaria di Todi e legatissima alla città e all’Umbria.
Secondo informazioni trapelate dall’ambiente investigativo, il locale sarebbe stato acquistato, per oltre sei milioni di euro in contanti, dalle cosche che fanno capo alle storiche “famiglie” calabresi dei Piromalli, dei Vottari-Pelle, degli Alvaro e dei Giorgi che negli ultimi due anni hanno investito nel centro storico di Roma milioni e milioni di euro provenienti dal traffico di stupefacenti e di armi che la ‘ndrangheta gestisce ormai in maniera esclusiva.
Decine e decine di ristoranti, pizzerie, trattorie e aziende della grande distribuzione alimentare di Roma e del Lazio sarebbero dunque finite in mani calabresi.
Uno dei pezzi più pregiati sarebbe proprio il “Cafè de Paris” il cui proprietario è il calabrese doc Damiano Villari, originario di Sant’Eufemia d’Aspromonte (Reggio Calabria), ufficialmente direttore del locale, il quale lo ha acquistato in parte da una società di Todini, con un’operazione finanziaria ed una serie di giri di cessioni e compravendite, scrivono le Fiamme Gialle, “poste in essere per conto della cosca Alvaro-Palamara di Sinipoli”.

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