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L'omonimo cardinale di Monaco di Baviera rilancia la filosofia marxista come soluzione ai problemi del crollo del capitalismo arraffone

Quanti ancora sventolano lo “spauracchio” di un comunismo crollato col muro di Berlino, per non dover ammettere che con quel muro ha iniziato a sgretolarsi anche il sistema capitalistico che gli si contrapponeva hanno molto da riflettere.
Uno dei vertici della Chiesa tedesca ha lanciato quello che appare il segnale per una nuova crociata, stavolta contro chi si arricchisce impoverendo gli altri.
In un’intervista al settimanale ‘Der Spiegel’, l’arcivescovo di Monaco di Baviera e Freising, Reinhard Marx, 55 anni, elevato alla porpora lo scorso anno da Benedetto XVI ha affermato che nella sua analisi del capitalismo Karl Marx aveva visto giusto.

Il porporato omonimo del filosofo marxista manda a giorni in libreria un suo libro dal titolo “Il capitale – Una difesa dell’uomo”, che contiene all’inizio una lettera indirizzata al fondatore del comunismo.
Nell’intervista l’arcivescovo di Monaco dichiara che “poggiamo tutti sulle spalle di Marx, perchè aveva ragione. Nella sua analisi della situazione del XIX secolo ci sono punti inconfutabili“: “è un errore considerarlo morto, come pensano in molti. Il movimento marxista ha cause reali e pone questioni giustificate”.”Non si può attribuire a Marx ciò che hanno fatto i suoi epigoni. Lui ha bene analizzato il carattere di merce del lavoro e previsto la mercificazione di tutti i settori della vita”.

Una cosa è chiara, per il porporato, “con il tipo di capitalismo ereditato dalla Seconda Guerra Mondiale non andiamo lontano”. Ed i fatti gli stanno dando ampiamente ragione, specialmente in Italia.
Secondo il rapporto dell’Ocse Growing Unequal, che analizza la distribuzione del reddito e la povertà all’interno dei 30 Paesi che compongono l’organizzazione, l’Italia è infatti tra i paesi dell’Ocse dove la differenza di reddito tra ricchi e poveri è più ampia, al sesto posto per il gap tra le classi sociali dopo Messico, Turchia, Portogallo, Stati Uniti e Polonia.
Nel nostro Paese dagli anni Ottanta a oggi il gap tra le classi sociali è cresciuto del 33% contro la media del 12%.

Tra i paesi del G7 l’Italia è seconda solo agli Stati Uniti. All’opposto Danimarca, Svezia e Lussemburgo, dove le distanze sono meno profonde. Il rapporto Growing Unequal sottolinea come la disparità di reddito sia aumentata più o meno in tutti i paesi anche se con ritmi molto diversificati.
La disuguaglianza di reddito – si legge nel rapporto – è cresciuta significativamente dal 2000 in Canada, Germania, Norvegia, Stati Uniti, Italia e Finlandia, mentre è diminuita in Gran Bretagna, Messico, Grecia ed Australia”.

La disparità è aumentata in due terzi dei paesi che fanno parte dell’organizzazione, spiega l’Ocse, e questo è avvenuto “perché le famiglie ricche hanno raggiunto risultati particolarmente positivi rispetto alla classe media e alle famiglie che si trovano ai livelli più bassi della scala sociale”. L’Ocse definisce l’Italia come un paese in cui le differenze di reddito sono particolarmente ampie: i salari di livello basso sono estremamente ridotti mentre i ricchi hanno standard di vita più elevati rispetto a paesi, come la Germania, dove invece le differenze di reddito sono più limitate e dove i salari minimi sono più alti.

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