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In manette tre funzionari delle Soprintendenza ai beni culturali ed un imprenditore romano che ha operato in provincia di Terni

Nuovo terremoto giudiziario in Umbria, nel campo dei restauri e della collusione tra pubblica amministrazione corrotta ed imprenditoria senza scrupoli, con l’arresto di tre dipendenti della Soprintendenza per i beni culturali di Perugia (uno dei quali attualmente trasferito alla sede di Roma) e un imprenditore romano.
I tre sono stati arrestati, al termine di un’indagine coordinata dal procuratore Fausto Cardella e dal sostituto Barbara Mazzullo, dalla Compagnia della Guardia di finanza di Terni per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.
A loro carico sono state eseguite ordinanze di custodia cautelare del gip di Terni Maurizio Santoloci .

I funzionari della Soprintendenza per i beni culturali sono accusati di aver compiuto atti contrari ai propri doveri di ufficio ricevendo in cambio ciascuno somme tra 18 e 27 mila euro.
Si tratterebbe di funzionari pubblici, tutti con ruoli esecutivi e non di vertice, preposti ai controlli sui lavori per la ristrutturazione della Porta Ternana di Narni, del monastero delle Orsoline di Calvi dell’Umbria, del museo delle Armi di Terni e della chiesa di San Francesco di Calvi dell’Umbria. 
Il denaro sarebbe stato consegnato in cambio di mancati controlli su interventi eseguiti non in conformità del capitolato d’appalto.

E’ stata inoltre proposta inoltre una misura cautelare di sospensione dall’esercizio di pubblico ufficio nei confronti di un altro dipendente della Soprintendenza e notificato il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione nei confronti della impresa edile romana specializzata nei restauri.
L’indagine aveva avuto un forte impulso quando il 23 luglio scorso la Guardia di finanza di Terni aveva perquisito le abitazioni dei dipendenti pubblici e i loro uffici nonchè le case dei soci e la sede romana della società edile che aveva intrattenuto rapporti con la Soprintendenza.
Nella cassaforte dell’amministratore dell’azienda erano stati rinvenuti circa 250 mila euro in contanti nonchè molta documentazione custodita.
Il pagamento delle somme sarebbe stato ammesso anche dai soci dell’impresa di costruzioni e ha trovato riscontro
nei molti documenti sequestrati durante le perquisizioni: appunti ed anche piccole mazzette di denaro già fascettate con un pezzo di carta su cui era apposto il nome del beneficiario.

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