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Le perplessità sono tante e la confusione notevole... perchè non tentare di fare chiarezza, una volta per tutte?

Perché non tentare di fare chiarezza, una volta per tutte, sul problema della caccia in deroga prevista dall’art. 9 della direttiva CEE n.409/79? Le perplessità sono tante ed il disorientamento dei cacciatori è notevole.
Negli ultimi tre anni gran parte dei provvedimenti adottati dalle Regioni Italiane sono stati contestati giuridicamente presso i TAR. La cosa più sorprendente è stata però compiuta durante il 2007, allorché il Presidente del Consiglio in carica, Romano Prodi, sollevò presso la Corte Costituzionale una “eccezione” nei confronti di un provvedimento per l’attuazione delle deroghe, predisposto dalla regione Lombardia.

E’ notizia di questi giorni che il TAR del Lazio si è pronunciato in merito al ricorso della LAC e del WWF, contro la Presidenza Del Consiglio dei Ministri-Conferenza Stato Regioni, relativamente alle disposizioni normative emanate dalle Regioni Lombardia ,Veneto e Marche.
Come risulta dagli atti, il TAR ha sollevato presso la Corte Costituzionale un giudizio di rispondenza delle norme regionali rispetto alla normativa nazionale di cui alla legge 3 ottobre 2002, n. 221. E’ di tutta evidenza che il TAR stesso non ha provveduto a sospendere gli atti emanati. Non sottovalutiamo in ogni caso, la circostanza, che una sentenza del Tar del Lazio produce un giurisdizione sull’intero territorio nazionale.
Va dato atto, comunque, alle tre regioni di avere avuto la forza e la determinazione di porre in essere gli strumenti legislativi ed amministrativi necessari, rispetto “all’assordante silenzio” delle altre regioni italiane.

A questo punto, dopo una doverosa precisazione delle cose avvenute, non ci si può esimere dall’esternare un giudizio altamente negativo sul comportamento delle Associazioni Ambientaliste.
All’indomani dell’emanazione della Guida Interpretativa della direttiva CEE N.409/79 le stesse hanno firmato a livello europeo attraverso BIRD LIFE International un accordo con la FACE che prevede il riconoscimento pieno della direttiva, salvo poi contraddire, di fatto tale impegno in Italia, con comportamenti che tutti possono giudicare per la loro faziosità.
E questo aspetto può essere emblematico sul percorso del “Tavolo Nazionale” per la riforma della legge 157/92, con la quale si intenterebbe coinvolgere chi ha comportamenti palesemente ambigui.

Torniamo però alla sostanza del problema dell’applicazione delle deroghe, senza fare sconti per nessuno.
Evitiamo la prassi tutta italiana dello scambio delle responsabilità fra Associazioni Venatorie o tra Istituzioni di differente livello. Analizziamo i fatti nudi e crudi.
In nessun paese dell’Europa a 27 Stati esiste una fattispecie così ragguardevole di contestazione delle deroghe, assimilabile al nostro paese.
Il Governo ha provveduto a disciplinare l’esercizio delle deroghe con legge 3 ottobre 2002, n.221. In realtà lo Stato Italiano non si è assunta nessuna responsabilità, demandando il compito dell’attuazione alle Regioni, che a loro volta, in alcuni casi, hanno girato le competenze alle Province. Una sorta di “scaricabarile” che ha prodotto il più delle volte, inerzia e confusione.

Il Segretariato Generale della Commissione U.E. con nota n. 20173° del 10.4.2006 ha costituito in mora lo Stato Italiano attraverso la procedura d’infrazione n. 2006/2131, coinvolgendo gran parte delle Regioni italiane.
Con tale atto sono state specificate con estrema puntualità e rigore le procedure da adottare da parte di ogni Stato Membro per l’adozione delle deroghe.
Siamo sicuri che lo abbiamo fatto? L’Italia ha gli strumenti tecnici e scientifici per i rilevamenti delle specie migratrici?
Ci siamo dimenticati della crisi dell’INFS? Della sua liquidazione mediante l’istituzione dell’ISPRA a seguito dell’art. 28 della legge 6 agosto 2008, n.133? Quali documentazioni probanti hanno acquisito le Regioni italiane rispetto alla necessità di documentare i danni alle colture agricole? E quali dati abbiamo sulla quantità delle popolazioni delle specie oggetto delle deroghe, atteso che l’Italia è il paese più “povero” a livello europeo di Osservatori ornitologici o bioacustici?

Siamo ancora più precisi ed entriamo nel dettaglio. Leggiamo alcuni punti del documento d’infrazione.  L’art. 9 della direttiva merita un approfondimento specifico. Con tale articolo la direttiva attribuisce alle autorità degli Stati membri la facoltà di adottare le deroghe agli obblighi stabiliti dalla Direttiva. Gli Stati membri devono però assicurare che le deroghe rispettino le condizioni e i requisiti di cui all’art.9. A tale proposito vale la pena di ricordare che i riferimenti normativi, giurisprudenziali e tecnici per una corretta individuazione, su base nazionale, della piccola quantità si sensi della lettera c dell’art.9, della direttiva CEE 79/409.
Devono far riferimento “ …alle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europea 27.4.1988… ed alla Guida della disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409… La eventuale violazione delle regole stabilite dal suddetto protocollo d’intesa nell’ambito della Conferenza Stato Regioni per il rispetto su scala nazionale del requisito della “piccola quantità” deve considerarsi violazione dello stesso art. 9 della direttiva…. in quanto legge quadro, la legge 221/2002 recepisce correttamente i principi dell’art. 9. Al contrario, le normative regionali che disciplinano l’adozione delle deroghe nonché i singoli atti di deroga adottati dalle Regioni risultano spesso non in linea con l’art.9 della direttiva…
Segue l’elenco analitico, Regione per Regione, delle inadempienze, che si possono così riassumere:
Prevenzione astratta dei danni alle colture; insufficiente motivazione relativa al prelievo del contingente massimo regionale; elencazione preventiva delle specie, non correlate a provvedimenti che debbono prevedere, alle volte, prelievi non in forma continuativa; la mancata individuazione dell’autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono realizzate.

Le conclusioni. Si spera, per carità, che la Corte Costituzionale accerti la linearità giuridica degli atti delle Regioni in rapporto alla normativa nazionale (non è dato di capire quale rispondenza si cerca, dal momento che la normativa nazionale devolve interamente i compiti alle regioni), ma nel frattempo non sarebbe utile che il Presidente della Conferenza Stato Regioni Errani promuova la costituzione di una commissione di studio composta da assessori regionali e funzionari di alto livello, che come primo compito si rechi presso la U.E., al fine acquisire le conoscenze necessarie, utili soprattutto per quelle regioni che sono “inerti” sul problema delle deroghe?
Perché non prevedere nella riforma della legge 157/92 un calendario unico nazionale per la selvaggina migratoria, raccordando il potere decisionale frà il Ministro delle Politiche Agricole ed Alimentari e la Conferenza Stato Regioni? Oltre a conseguire una uniformità necessaria sui tempi e specie cacciabili nell’intero territorio italiano, il calendario nazionale conseguirebbe lo scopo di una chiarezza e semplificazione per l’applicazione delle deroghe.
Con un unico provvedimento si stabilirebbero le specie prelevabili,le forme del prelievo, il quantitativo nazionale, gli adempimenti tecnici ed amministrativi e le forme di controllo e rendicontazione.
Nulla vieta che i compiti organizzativi sopraindicati possano continuare ad essere esercitati dalle Regioni.

Perché le Regioni non danno vita ad piano di rilevazione delle correnti migratrici utilizzando gli Osservatori Regionali e delegando i compiti alle Province, che possono utilizzare gli addetti alla vigilanza venatoria? (I dati raccolti sulle migrazioni costituiranno il corredo necessario per il prelievo in deroga nella successiva stagione venatoria).
Perché non inserire una norma nelle previsioni di riforma della legge 157/92 che dia corso al potenziamento in Italia degli Osservatori Ornitologici e Bioacustici?
E da ultimo perché non chiedere a che punto siamo con la questione della possibilità di reintrodurre fra le specie cacciabili lo storno, che arreca ingenti danni alle colture agricole?
E pensare che sul tema la U.E all’inizio dell’anno ci ha ufficialmente chiesto cosa volevamo fare!

Il Ministro delle Politiche Agricole ed Alimentari ha dato di recente rassicurazioni al riguardo.
Sarebbe utile per i cacciatori, ma soprattutto per gli agricoltori, avere un aggiornamento della situazione.
Sappiamo bene che la richiesta è stata inoltrata, in modo da inserire lo storno fra le specie menzionate come normalmente cacciabili in Italia nell’allegato II/II della direttiva CEE.409/79, ma conosciamo pure la circostanza che la Commissione Europea deve accettare la richiesta del Governo Italiano, avviare la procedura di modifica del sopra citato allegato, ottenere la condivisione del Parlamento Europeo e del Consiglio D’Europa. Fra quanti anni? C’è da essere sgomenti!
Le Associazioni Nazionali dei cacciatori e degli agricoltori facciano sentire la propria voce!

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