Condividi su facebook
Condividi su twitter
Le rilevazioni dell'Agenzia delineano un quadro positivo, ma i dati sono in ritardo rispetto alle rapide trasformazioni del territorio regionale

L’Agenzia regionale per la protezione ambientale, dopo la prima edizione del 2007, ha presentato l’Annuario dei dati ambientali dell’Umbria 2008, che consente uno sguardo d’insieme globale e dettagliato sulla situazione della regione, con particolare attenzione alla pressione che l’attività umana esercita sul territorio.
Occorre notare che sul versante dell’aggiornamento il rapporto dell’Arpa presenta il suo lato debole, visto che molti dati non hanno conosciuto una riformulazione recente e che talune rilevazioni risalgono al 2004, con evidente carenza informativa per quanto riguarda il periodo più recente.
Soprattutto su situazioni in rapida evoluzione, come ad esempio quella relativa ai rifiuti, sarebbe senz’altro interessante disporre di dati più aggiornati.
Il quadro complessivo che si ricava dalla descrizione ambientale dell’Umbria è tutto sommato positivo: non si segnalano infatti particolari emergenze ambientali. Data questa situazione generale, che raccoglie i frutti di una storica attenzione dell’Umbria per il proprio territorio, da sempre vissuto come una delle principali ricchezze della regione, non sarà inutile concentrare l’attenzione su alcuni elementi di criticità e su alcuni nodi che possono riservare motivo di interesse.

RIFIUTI. La produzione di rifiuti urbani è cresciuta incessantemente negli ultimi cinque anni, “a volte”, si legge nel rapporto, “in modo superiore alla contemporanea crescita della popolazione”. Nel 2006 la produzione di rifiuti urbani ha raggiunto i 601 kg pro capite con un aumento del 14,4% rispetto al 2002.
In particolare l’ATO 2, vale a dire la circoscrizione territoriale che comprende il perugino e la media valle del Tevere, ha prodotto 655 kg di rifiuti pro capite superando sia la media regionale sia, di gran lunga, quella nazionale (543 kg per abitante).
Il processo di trattamento e smaltimento dei rifiuti si ripercuote sulla situazione ambientale soprattutto a causa delle emissioni di metano, che sono aumentate, rispetto al 1999, anno dell’ultimo rilevamento, del 35,8%. La raccolta differenziata è in aumento nonostante sia ancora lontana dalle soglie previste: nel 2006 si viaggia ad una media del 10% in meno di rifiuti differenziati rispetto agli obiettivi fissati (che per il 2008 prevedevano di raggiungere il 45% di rifiuti differenziati).
Se per quanto riguarda le emissioni di sostanze inquinanti in aria e in acqua (i cui dati però si fermano purtroppo al 2005) si registrano, fatte salve alcune eccezioni come l’abnorme rilascio di stagno in acqua, ribassi significativi ed alcuni importanti rientri entro le soglie di emissione previste, un’attenzione particolare desta il settore dei rifiuti speciali prodotti dalle industrie.
Dal 2004 la produzione di questo tipo di rifiuti è in costante aumento e nel 2005 ne sono state accumulate 1.332.835 tonnellate, con un incremento superiore all’11%. Solo 48.385 tonnellate di rifiuti speciali, tuttavia, sono state classificate come pericolose.

TRASPORTI. L’Annuario segnala una continua crescita della diffusione dei veicoli, in accordo con una tendenza generale di aumento della mobilità. Una mobilità che però passa sempre di più attraverso mezzi privati, con conseguenze anche gravi per l’ambiente.
Aumentano i veicoli totali (che hanno raggiunto le 760.362 unità nel 2006), nonostante la diminuzione dei veicoli da lavoro e dei veicoli per il trasporto collettivo. Aumenta quindi, naturalmente, il numero dei veicoli per abitante. A fronte della crescente richiesta di mobilità, l’offerta infrastrutturale regionale appare però carente e deficitaria.
L’impatto ambientale dei trasporti è reso più preoccupante proprio dal fatto che la maggior parte degli spostamenti avviene su strada, dove viaggiano soprattutto le merci (il 96,8%).
Il settore dei trasporti, così strutturato, è uno dei maggiori responsabili del rilascio in atmosfera di sostanze inquinanti con emissione di benzene (cancerogeno), di monossido di carbonio, di ossidi di azoto e in modo particolare dalla produzione di particolato atmosferico, “le cui elevate concentrazioni producono effetti dannosi sulla salute umana”.

ENERGIA. In accordo con la tendenza nazionale, l’Umbria dipende principalmente dal gas e dal petrolio: proprio le due fonti che generano maggiori problemi di costi, approvvigionamento, reperibilità e di conseguenze sull’ambiente.
Il continuo aumento dei consumi (soprattutto industriali, anche se l’incremento riguarda anche i consumi privati) costringe l’Umbria a ricorrere ad apporti provenienti da regioni limitrofe. Dopo il pareggio tra produzione e consumo garantito dall’attivazione della centrale di Pietrafitta, il bilancio si sta nuovamente spostando verso il deficit produttivo.
Tuttavia, il 29% dell’energia umbra è prodotto da fonti rinnovabili: un dato elevato rispetto alla media nazionale, che si appoggia soprattutto sulla disponibilità di centrali idroelettriche. Nonostante ciò, il capitolo del rapporto dedicato all’atmosfera rivela che le emissioni di gas serra sono complessivamente aumentate, e questo soprattutto a causa dell’impiego di fonti energetiche inquinanti coma appunto il petrolio e il gas naturale. A controbilanciare questa situazione gioca un ruolo importante la buona salute e la notevole estensione della superficie forestale umbra.

IDROSFERA. Interessante in questa sezione è il capitolo sullo Stato ambientale delle acque sotterranee. L’Umbria infatti è stata recentemente investita da violente polemiche relative allo sfruttamento delle risorse idriche regionali da parte di importanti industrie che volevano procedere alla privatizzazione di interi bacini per l’imbottigliamento di acque potabili.
Il rapporto Arpa fornisce un passaggio illuminante sul conflitto tra esigenze industriali e situazione ambientale: “Criticità quantitative significative si osservano nelle porzioni di acquiferi interessate da importanti prelievi per uso idropotabile che, uniti ai diffusi prelievi per altri usi, determinano in molti casi uno sfruttamento superiore alla potenzialità della risorsa”.

URBANIZZAZIONE. Seppure la situazione non appare al momento caratterizzata da una pressione antropica allarmante, la Rete Ecologica dell’Umbria, sulle cui rilevazioni si basa il rapporto, rileva rischi di frammentazione del territorio e dei sistemi ecologici, più marcati nelle aree pianeggianti e soprattutto lungo i principali assi viari regionali.
Alcuni comuni, come Corciano, Perugia, Foligno, Assisi, registrano un rilevante indice di frammentazione, ovvero una forte tendenza all’urbanizzazione.
Anche qui, l’Annuario paga il non recentissimo aggiornamento dei dati, perché l’impressione è che l’urbanizzazione, soprattutto lungo gli assi indicati, stia procedendo ad una velocità che sfugge nell’immediato a qualunque tipo di rilevazione scientifica.

condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter