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Intervista al responsabile del settore immigrazione della Cgil Rossano Rubicondi

E’ di moda, almeno da quando è iniziata la deriva securitaria, attribuire tutte le cause dei nostri mali agli immigrati, commettendo due gravi errori: ci dimentichiamo che i primi ad emigrare siamo stati noi italiani, portando tante belle cose all’estero ed alcune negative, e soprattutto, generalizzando, si fa di tutta un’erba un fascio, accomunando gli immigrati che stanno 12 ore al giorno sotto al sole a raccogliere i pomodori che poi noi mangeremo, a quelli che delinquono, e che più facilmente finiscono sui giornali.

Il fenomeno della migrazione può trovare origine in motivazioni economiche (per sfuggire alla povertà, per cercare migliori condizioni di vita), motivi di lavoro (per trovare un impiego, per migliorare il proprio posto di lavoro), motivazioni politiche (dittature, persecuzioni, oppressioni, guerre, genocidi, pulizia etnica), per cause di tipo religioso (impossibilità di praticare il loro culto religioso), per disastri naturali (siccità, alluvioni, terremoti) o motivazioni personali.
Abbandonare il proprio paese, la propria famiglia, la propria cultura per andare verso il nulla, in un luogo dove sei malvisto, maltrattato e sfruttato, non è una scelta facile, senza contare il rischio di passare intere settimane sulle carrette del mare: se i flussi migratori non si arrestano, evidentemente le cause che li spingono ad emigrare sono molto forti.

Rossano Rubicondi è il responsabile provinciale CGIL per il settore immigrazione, e con lui tentiamo di capire quali sono le problematiche che incontrano i migranti nel lavoro e nella vita quotidiana.
“Dobbiamo subito partire dal contratto di soggiorno per capire le difficoltà dei tanti immigrati che vivono le nostre zone” – dice Rubicondi – “con questa formula si lega a doppio filo il lavoratore immigrato con il datore di lavoro; senza contratto di lavoro niente permesso di soggiorno, con le lungaggini per il rilascio o il rinnovo del permesso viene meno il contratto, e così si crea un circolo vizioso che mette in forte difficoltà gli immigrati”.

“Bisogna spiegare ogni volta ai datori di lavoro che c’è una circolare che equipara la ricevuta della richiesta di rinnovo del permesso, al permesso stesso, quindi in attesa delle lungaggini burocratiche, si può rinnovare il contratto, ma molti non lo sanno, ed il primo a pagarne le conseguenze è l’immigrato che perde il posto di lavoro e, spesso, la possibilità di rimanere nel nostro paese.”
Singolare il problema che si crea nel periodo delle vacanze: gli immigrati, una volta stabilitisi nel nostro paese, hanno anche piacere a tornare in patria a ritrovare i parenti, piuttosto che a trascorrere le ferie, ma, ci dice Rubicondi, “questo governo non ha rinnovato le convenzioni con i paesi esteri per il riconoscimento delle ricevute di richiesta del permesso, rendendo gli immigrati, paradossalmente, prigionieri del nostro paese: tanto per intenderci un sudamericano per tornare in patria, quasi sicuramente deve passare per un paese diverso dal proprio, ma senza il rinnovo delle convenzioni si vedrà arrestato e respinto come indesiderato”.

Dai dati emersi dalla ricerca demografica su Marsciano, risulta che nel nostro territorio, le ricongiunzioni familiari sono già da tempo una realtà, gli immigrati maschi e femmine, di quasi tutte le nazionalità, sono pressochè equivalenti, e le iniziative per l’integrazione sono efficienti e numerose, basti pensare alla cena con gli immigrati organizzata tutti gli anni dall’Amministrazione Comunale, o alla serata organizzata dalla Pro Loco di Marsciano durante la festa di San Giovanni,con piazze dedicate alla cultura, musica e gastronomia dei paesi di provenienza degli immigrati.
“Sicuramente i bambini sono il primo passo per creare un contatto con le famiglie di immigrati, se non si parte dalla scuola e dallo sport” – prosegue il responsabile immigrazione della CGIL – “è difficile creare dei contatti duraturi ed equilibrati: c’è il rischio dell’autoesclusione o della ghettizzazione, anche se la realtà marscianese, con le piccole frazioni, e con i rapporti di vicinato, riesce per il momento a scongiurare questa nefasta eventualità”.

A Marsciano gli stranieri sono il 10% della popolazione residente, ed “i settori lavorativi dove è più facile trovarli sono quello agricolo ed edilizio, oltre ai servizi alle persone (badanti) e, di recente, si contano diversi ingressi nelle fabbriche locali, soprattutto di piccole dimensioni; nel settore edilizio non mancano i casi in cui gli immigrati, una volta ambientati bene, da dipendenti diventano proprietari di aziende, con buoni risultati”.
Conclude Rubicondi dicendo che “il contatto con i sindacati avviene, nella grande parte dei casi, per il rinnovo dei permessi di soggiorno, servizio offerto dai patronati; nel settore agricolo e nelle piccole aziende edilizie è difficile penetrare, e spesso il lavoratore immigrato, legato dal doppio rapporto con il datore di lavoro, che gli permette di avere il permesso di soggiorno, è restio a tirare fuori le problematiche che incontra sul posto di lavoro: un po’ le dinamiche che avevamo 50 anni fa in Italia, quando c’era l’emigrazione dal sud al nord, stesso tipo di problemi e stessi comportamenti razzisti e discriminatori”.

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