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Domenico Vitali e Ida Francesca Petullà festeggiano oggi i cinquant'anni di matrimonio: una storia solo apparentemente normale
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30 luglio 1958 Roma, 30 luglio 2008 Marsciano: sono le coordinate dell’amore di Domenico Vitali e Ida Francesca Petullà, coppia che ha percorso un lungo viaggio insieme facendo diventare il loro matrimonio d’oro.
Con uno scambio di sguardi che nasconde immutata complicità, i due “novelli” sposi festeggiano con le persone che oggi fanno da contorno alle loro giornate, ovvero gli ospiti della Casa di Accoglienza Maria Immacolata di Marsciano.
Da un paio di anni infatti Ida e Domenico, trasferitisi da Roma per raggiungere le due figlie e i tre nipotini che vivono in Umbria, hanno deciso di popolare una camera matrimoniale nella Casa marscianese per anziani.
Così il 30 luglio, per  rinnovare le promesse davanti a quel Dio di mezzo secolo fa, hanno scelto la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, al posto della cappella privata sulla Prenestina che li aveva visti diventare marito e moglie.

Nati entrambi il 14 settembre, classe 1926 lui e 1933 lei, Domenico e Ida si incontrano a Roma nel 1953 sebbene lei sia nata a Tripoli, in Libia, perché il padre lavorava nella colonia di Mussolini e lui provenga dalla provincia di Catanzaro.
“Abitavamo quasi dirimpetto – racconta Ida – io facevo la sarta e mi mettevo vicino la finestra per godere della luce del giorno mentre mio marito, quasi come in un film, mi spiava da dietro la persiana socchiusa. Per conoscermi cercò di conquistare mio padre, veniva da noi per un caffè, poi si dichiarò”.
Il fidanzamento avvenne due anni più tardi, con la visita di Ida, accompagnata dal padre, a S. Andrea Ionio dove abitava la famiglia di Domenico.

“Le regalai un anello con un brillante da un carato e mezzo – aggiunge con un pizzico di orgoglio lo sposo – che pagai centodieci mila lire ("rinfacciato non sia", si direbbe dalle nostre parti, ndr). Ricordo ancora che all’epoca avevo appena iniziato a lavorare come contabile di una grossa azienda edile e lo pagai a rate”.
Il giorno del sì arriva tre anni dopo. Un piccolo album di pelle marrone racchiude tutti i momenti più belli di quel giorno.
Gli sposi lo custodiscono ancora gelosamente e nonostante la plastica dei contenitori si sia ingiallita con il passare degli anni, in fondo sono state aggiunte altre tre pagine di gioia con le immagini dei piccoli nipoti.

“Avevo un vestito bianco di seta e pizzo – afferma Ida – e Domenico, grazie agli ingegneri per i quali lavorava che fecero anche da testimoni, ebbe in prestito per quel giorno un’Alfa Romeo Primavera. L’unica di tutta Roma”.
L’intera cerimonia è di quelle non comuni per l’epoca: ristorante a Monte sacro con 85 invitati ed un costo di 180 mila lire, orchestrina che accompagnava i pasti e torta nuziale a tre piani.

Domenico parla poco, ma quando la mente vola a quel giorno caldo del 30 di luglio riporta le note di uno stornello che ha fatto da sottofondo a questi 50 anni: “T’è piaciuta, t’è piaciuta, tinetilla cara cara”.
Forse in questo ritornello sta la ricetta della longevità dei sentimenti. O forse, come dice Ida, ricette da dare non ce ne sono: basta rispettarsi e volersi bene custodendo caramente ogni piccolo briciolo di vita condivisa.

Lo dimostra la lucidità con cui Domenico descrive le notti passate a cullare le due figlie con una ninna nanna sempre uguale presa dalle musiche del mago di Oz. E lo dimostrano i ricordi nitidi di Ida che vede ancora suo marito mentre, seppur stanco dopo il lavoro,  aiuta le bambine con i compiti.
“Una storia normale” la definiscono, senza rendersi conto che non rientra nell’ordinario veder conservata nel portafoglio per 50 anni una foto con una frase d’amore scritta sul retro. Scritta con un raro inchiostro indelebile.

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